La drammatica vicenda dei due immigrati e anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti - assassinati sulla sedia elettrica nell'agosto del 1927 a Charlestown - ricostruita da Lorenzo Tibaldo con l'ausilio di fonti inedite che, anche alla luce delle ricerche recenti, contribuiscono a delineare il quadro storico dell'America di quegli anni, il processo-farsa, la personalità dei due amici e il significato della loro tragedia nella memoria collettiva. La presente è la seconda edizione ampliata. Lorenzo Tibaldo affronta la tragica storia dei due anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti ripercorrendone gli aspetti chiave: la vita in Italia, l'approdo negli Stati Uniti, la formazione politica, l'adesione al movimento anarchico, l'impatto con l'America violenta dei primi de-cenni del Novecento, la macchinazione giudiziaria, la carcerazione, la mobilitazione internazionale, la posizione di Mussolini, il drammatico epilogo e il significato della loro vicenda nella memoria collettiva. Una ricostruzione - basata essenzialmente sulle lettere e gli scritti di Nick e Bart nonché su fonti di archivio - per un affresco storico, politico, giudiziario ed emotivo del dramma di due uomini determinati a difendere fino in fondo la propria innocenza e le proprie idee.
Sotto la ferocia del tallone nazista, un gruppo di studenti dell'Università di Monaco di Baviera distribuisce, tra l'estate del 1942 e il febbraio del 1943, alcune serie di volantini firmati "Weise Rose", "Rosa Bianca", incitando il popolo tedesco a ribellarsi al nazionalsocialismo in nome della libertà, della giustizia e della fratellanza tra i popoli. Il nucleo di giovani resistenti cristiani è costituito dai fratelli Scholl, Sophie e Hans, da Alexander Schmorell, Willi Graff, Christoph Probst e dal professor Kurt Huber, legati tra loro da profonda amicizia. I principali esponenti del gruppo furono ghigliottinati nel 1943, ma la loro vicenda resta un fulgido esempio di altruismo e abnegazione, preziosa testimonianza di un impegno civile al servizio della dignità umana.
Cresciuto nella fede evangelica su cui fondava un'idea laica di libertà, Willy Jervis - ingegnere all'Olivetti di Ivrea, all'epoca definita "covo" di antifascisti - è figura di rilievo nella storia partigiana, in particolare delle valli del Piemonte. Dopo l'8 settembre 1943 costituì a Ivrea i primi gruppi partigiani. Ricercato, entrò in clandestinità, aderì al Partito d'Azione e aiutò a espatriare in Svizzera, grazie alle doti di alpinista, gruppi di ebrei e prigionieri anglo-americani. Catturato, imprigionato e torturato nel 1944 fu trucidato dai nazifascisti.