In questo suo nuovo saggio, Marco Vannini – tra i più eminenti studiosi della tradizione spirituale cristiana – torna a sondare i vasti territori della mistica, non solo occidentale ma anche orientale. Da Meister Eckhart al brahmanesimo e al buddhismo, per giungere a quello straordinario monaco cristiano-hindu che fu Henri Le Saux-Abhishiktananda, si compone così il quadro concettuale di un ardito viaggio nel profondo dell’anima. L’“uomo distaccato” del misticismo radicale di Eckhart, che ama veramente perché diviene l’amore stesso, si incontra con l’assenza di fine del Buddha, inverando il messaggio cristiano della rinuncia all’ego e alle sue menzogne, al di là di ogni fideismo, di ogni religiosità o dottrina del Libro. La guarigione dall’ansia, dal dolore del vivere, suggerisce Vannini, è frutto dell’apertura all’unico mistero dell’Essere, alla sola realtà: quella dello Spirito, che, nella sua eternità, governa la corretta visione del presente. La fedeltà al messaggio cristiano significa quindi andare oltre lo stesso cristianesimo nei suoi condizionamenti storico-ideologici, superando l’ego e la sua tirannia e riscoprendo in se stessi, come indicava San Paolo, lo spirito di Cristo e la sua beatitudine.
“L’esperienza dello spirito è proprio
quella di una luce che tutto pervade,
in libero e gioioso movimento
in mezzo agli opposti, ovvero
al di sopra di essi,
signora dell’ identico e del diverso,
del bene e del male,
del particolare e dell’universale.”
Il dibattito tra credenti e non credenti, atei e cristiani, laici e laicisti infiamma tutti i settori della società. Eppure essi si svolgono per lo più a un livello di superficie, tanto che si ha l’impressione che i ruoli si confondano: che i veri credenti siano gli atei, che i laici portino avanti ragioni che i chierici dimenticano e che le motivazioni dei laicisti combacino, per una strana alchimia, con quelle dei cattolici più ortodossi. Questi paradossi – come mostra Marco Vannini in questa magistrale riflessione – hanno radici profonde e non sono per nulla casuali: consistono nella dimenticanza di una serie di categorie che hanno attraversato la tradizione più alta dell’Occidente, a partire dalla filosofia greca, attraverso i mistici e i filosofi della modernità, sino a personalità come Simone Weil. Che Dio sia Spirito; che la religione sia essenzialmente un rapporto nello Spirito in cui Dio e uomo si muovono l’uno verso l’altro, l’uno nell’altro; che la vera religione sia uno spogliarsi della propria volontà, liberarsi dalla costrizione delle cose del mondo per entrare in una dimensione di libertà, di grazia. Questi concetti si sono via via eclissati a favore di rappresentazioni più comode di Dio e della religione, spesso ridotta a una dottrina morale, a una serie di precetti fisici, addirittura sessuali. Insomma a mito.E di questo oblio colpevoli non sono tanto i laici o gli atei ma, piuttosto, chi di questa tradizione doveva farsi depositario e custode: la Chiesa. E per questo, a volte, i veri atei, facendo piazza pulita dei falsi concetti della religione, sono più vicini allo Spirito di quanto non lo siano i falsi credenti.
In questo viaggio controcorrente, Marco Vannini riallaccia i nodi profondi di una millenaria tradizione e riaccende fuochi che sembravano sopiti nella banalità delle discussioni odierne, formulando una proposta per credenti e non credenti di certo inattuale ma proprio per questo essenziale.