...Partiamo dalla nostalgia, quella che proviamo quando realizziamo che l'estate è ormai trascorsa, e di essa restano solo alcune bellissime immagini che ci fanno pensare di aver lasciato alle nostre spalle i giorni migliori dell'anno o talvolta persino della nostra vita... Una luce immobile e accecante, le onde del mare increspate di spuma, il canto delle cicale oltre la spiaggia, i bambini sulla sabbia tra castelli e conchiglie, le sagome di chi abbiamo amato per una stagione sola. L'estate vive anche in fotogrammi fissati nella memoria, perché non è solo un momento particolare dell'anno, è anche un'idea di felicità, di rifugio, di luogo ideale della nostra giovinezza. In questo viaggio dell'uomo attraverso le stagioni, riscopriamo l'estate come il tempo dei desideri e dei sogni. E tra arte, musica, letteratura, la inseguiamo lungo il cammino della storia: nelle apparizioni delle divinità greche e nell'arido regno egizio; nelle risaie assolate degli imperi cinesi e nelle feste dei santi medievali; negli ombrosi giardini del mondo islamico e nei «grand tour» di ricchi viaggiatori europei. Infine, nel caldo sempre più afoso delle città contemporanee, e nei luoghi esotici o affollati delle nostre vacanze. Questo è il racconto della stagione più attesa, lunga e al tempo stesso fugace come una giornata di sole.
Non vi sono solo i pensieri e le azioni umane di cui tener conto per far rivivere la storia, ma anche le forme, i colori, persino gli odori e ovviamente i suoni. Evanescente, destinata a perdersi nell'istante stesso in cui la cogliamo, la musica è aria che vibra. Difficile dunque usarne le tracce come si fa con una pergamena o un affresco. Eppure la storia è piena di suoni pervasivi e determinanti, legati a ogni agire umano: la guerra, la festa, la meditazione, il rito religioso. E allora proviamo a raccontare il passato sulle tracce degli strumenti utilizzati per produrre il suono: dai tamburi di antichi sciamani al flauto di Pan, dall'incanto degli ud dei giardini arabi alle voci nei monasteri e nelle cattedrali medievali, dalle tastiere della civiltà delle buone maniere alle fisarmoniche che seguirono il viaggio degli emigranti, dalla chitarra che espresse la voce del popolo fino agli strumenti elettrici che crearono i giovani e il loro canto. Un viaggio europeo e mediterraneo alla ricerca di suoni perduti, perché spesso proprio in questi si è inscritto il senso del mondo e delle vite delle donne e degli uomini che lo hanno abitato.
Questa volta la storia comincia in un bosco, dove la luce dorata e bassa gioca tra i cespugli colorati, e l’aria ormai fresca porta con sé quell’odore inconfondibile di funghi e di terra. In queste pagine incontreremo gli autunni antichi dei pastori e degli dei; quelli medievali di mercanti e contadini, di cavalieri, monaci e pastori; quelli moderni di uomini e donne, ognuno con il suo carico di ricordi, desideri, avventure, conoscenza. Perché l’autunno è un po’ come il tornare a casa quando il viaggio si è compiuto, l’entusiasmo euforico della primavera è ormai lontano, e la serena pienezza dell’estate già alle spalle. Davanti a noi adesso solo lunghi giorni di pioggia e nebbia, animati dai riti della vendemmia, dal vino, e dai frutti tardivi che colorano le mense. Sere di feste e di paure, perché in autunno i morti e i «mostri» sono sempre lì per ritornare. Ma l’autunno più bello è quello intimo e segreto dei ricordi della nostra infanzia, trascorso in qualche bosco ormai lontano, incendiato di foglie rosse e gialle.
Alessandro Vanoli è esperto di storia mediterranea. Tra i suoi libri per il Mulino: «Andare per l’Italia araba» (2014), «Quando guidavano le stelle» (2015), «La Sicilia musulmana» (2016), «L’ignoto davanti a noi (2017)», «La via della seta» (con F. Cardini, 2017) e in questa stessa serie «Inverno» (2018) e «Primavera» (2020).
In bilico tra il gelo dell’inverno e il caldo dell’estate, periodo di profumi, di piogge e di vento, di sconforto e di speranza, la primavera è per sua natura inquieta. Raccontarla significa narrare di feste dedicate alla vita che rinasce e di luce che ritorna: dai greci agli ebrei, sino alla Pasqua dei cristiani. Ma anche di eserciti e di mercanti – che per secoli hanno atteso che i mari si facessero calmi per ripartire –, di rivoluzioni, di diritti e conquiste. La primavera è però prima di tutto ciclo terrestre, equinozio, risvegliarsi di sensi e di corpi, di fiori, erbe, insetti, uccelli, in un’ansia di desiderio dove tutto sembra rimandare in realtà a qualcosa di più antico e profondo: forse alle origini del mondo, a quella natura primordiale alla quale ci lega la nostra stessa biologia. La primavera racconta una sorta di struggente nostalgia, di quando, alle origini, noi e il mondo eravamo una cosa sola, legati dallo stesso ritmo e dallo stesso ordine delle cose.
Alessandro Vanoli è esperto di storia mediterranea. Tra i suoi libri per il Mulino: «Andare per l’Italia araba» (2014), «Quando guidavano le stelle» (2015), «La Sicilia musulmana» (2016), «L’ignoto davanti a noi (2017)», «La via della seta» (con F. Cardini, 2017) e in questa stessa serie «Inverno» (2018).
Sentimentale ma molto reale: in quattro navigazioni il viaggio si snoda dall'Egeo dei tempi di Ulisse alle coste romane di Ostia, da Costantinopoli all'Andalusia, da Ragusa a Cipro, e infine da Alessandria d'Egitto a Ravenna. Di porto in porto, di tappa in tappa, ci ritroviamo in epoche diverse, nella Atene del V secolo a.C., a Cartagine alla vigilia della terza guerra punica, nella Valencia del Cid Campeador, nella Genova medievale, a Istanbul, e a Napoli all'inizio del Novecento. Ogni approdo racconta un pezzo di storia del Mediterraneo, attraverso il ricordo di grandi eventi o la riscoperta di personaggi ormai dimenticati, ma sempre parlando anche di noi e di quel mare che non smette di suscitare speranze.
Raccontare l'inverno significa parlare di una parte profonda della storia umana: le grandi glaciazioni, la lotta per la sopravvivenza, ma anche l'idea di rinascita connessa ai miti e alle feste più antiche. Stagione della sospensione, tanto dei lavori agricoli quanto della guerra, è uno dei momenti forti dell'anno, scandito da riti religiosi e dalla speranza di rinnovamento che essi esprimono. Inseguirla nei secoli ci riporta a cacciatori, malattie, estenuanti ritirate militari, al gelo dei monasteri, e poi a esseri fatati nascosti nel cuore della terra, a lunghe veglie davanti al fuoco nel raccoglimento dell'intimità domestica. Un ovattato intervallo bianco, festivo e mortale nel contempo, che continua a sollecitare il nostro immaginario.
Tra i tanti tipi di sogno, per secoli ve n'è stato uno che tutti gli uomini hanno equamente condiviso: il senso della scoperta e del superamento dei limiti geografici, sfidati spingendo imbarcazioni in acque ignote, studiando venti e correnti, superando deserti e montagne. Uno spirito che oggi non possiamo più coltivare dato che quasi tutto è stato esplorato, cartografato, mappato. Permeato dalla sottile nostalgia e dalla fascinazione per quello stupore ormai perduto, il volume rivisita le grandi memorie di viaggio, da quelle celeberrime di Marco Polo a quelle, meno note ma avvincenti, del monaco buddista cinese che nel 600 d.C. intraprese un viaggio verso l'India, oppure del più grande viaggiatore musulmano che attorno al 1300 d.C. si avventurò in Africa, India e Cina - per poi dedicarsi agli esploratori più "occidentali". Tutti tasselli di un racconto unitario, dove la terra si fa poco a poco più piccola e dove la conoscenza pare progressivamente chiudersi in spazi sempre più stretti. Ma nessuna storia del libro finisce con una resa: se è vero che la scoperta ci è sempre più negata, è vero che le possibilità della fantasia sono ancora infinite.
Sentimentale ma molto reale: in quattro navigazioni il viaggio si snoda dall'Egeo dei tempi di Ulisse alle coste romane di Ostia, da Costantinopoli all'Andalusia, da Ragusa a Cipro e infine da Alessandria d'Egitto a Ravenna. Di porto in porto, di tappa in tappa, ci ritroviamo in epoche diverse, nella Atene del V secolo a.C, a Cartagine alla vigilia della terza guerra punica, nella Valencia del Cid Campeador, nella Genova medievale, a Istanbul, e a Napoli all'inizio del Novecento. Ogni approdo racconterà un pezzo di storia del Mediterraneo, talvolta evocando il ricordo di grandi eventi, talvolta riscoprendo personaggi ormai dimenticati, ma sempre parlando anche di noi e di quel mare che non smette di suscitare speranze.
La penisola reca, tracce profonde del suo rapporto col mondo musulmano (tanto arabo quanto turco), tracce perlopiù nascoste: la nostra ricerca comincerà da Palermo, per poi proseguire nelle terre di Campania, Puglia e Sicilia e arrivare sino a Venezia, la porta d'Oriente. Ci imbatteremo in una ricchissima "mescolanza mediterranea" - fatta di uomini, donne, viaggiatori, mercanti, ma anche di oggetti, spezie, cibi, gioielli, tessuti, libri, racconti, lingue, idee - che ha contribuito a forgiare eredità e tradizioni italiane. Un viaggio quasi millenario che non trascura la presenza odierna.
Considerandone i tratti peculiari, l'"unicità" soprattutto geografica, molto si può capire degli eventi che condussero all'occupazione islamica della Sicilia. Per due secoli, dal nono all'undicesimo, l'isola fu retta dai musulmani, che l'avevano strappata all'impero bizantino. Un lungo dominio che finirà con la conquista da parte dei normanni. Una presenza cruciale, che ha lasciato tracce incancellabili: questo libro ne offre una sintesi accurata, collocandosi nel solco della grande fioritura degli studi sul tema, che ha coinvolto non solo gli storici ma anche gli archeologi, i numismatici, oltre a ebraisti e arabisti
Tra l'VIII e il XV secolo si è consumalo nella Penisola iberica un lungo conflitto tra cristianità e islam. Di questo complesso fenomeno durato sette secoli molto si è scritto: battaglie, incursioni e assedi sono stati al centro di ricostruzioni accurate. Il volume offre una sintesi che va oltre la storia politica e militare, e tratta il tema dell'espansione musulmana e della lenta reconquista cristiana anche in termini di storia culturale. Col supporto di fonti sia latine sia arabe l'autore, accantonando contrapposizioni rigide, illustra tutta la fitta rete di relazioni quotidiane, scambi commerciali, rapporti culturali che caratterizzarono il periodo in questione, nel quale le identità religiose e politiche si confusero notevolmente.