Al centro di questo romanzo misterioso e potente, che scorre in una lingua tersa dove sembrano risuonare insieme gli echi delle vite dei mistici e la poesia di Emily Dickinson, c'è la figura di Ildegarda. Una donna che viene lasciata dal marito amatissimo ma devastato nello spirito. La sua solitudine è illuminata solo dall'amore per il figlio che adora. Quando l'ombra della morte sembra sfiorare il bambino, Ildegarda si interroga sul male del mondo, sulla paura di vivere, di perdere l'amore, di perdere il figlio. Lo strazio per l'abbandono e soprattutto l'angoscia per non saper proteggere il figlio portano Ildegarda a cercare nella sua fede irrequieta una strada di salvezza. Un patto con quel Dio che appare impotente di fronte al dolore dell'uomo. È la lotta che ciascuno di noi, credente o no, un giorno si trova a combattere. Un nuovo inatteso incontro, nell'incanto di un paesaggio di neve dalla bellezza struggente, porta Ildegarda a vivere una passione del corpo e dello spirito che ha in sé un'attesa di eternità. Di un'altra vita e giorni nuovi. Perché il sogno di ogni amore è che il miracolo non abbia fine. Forse è solo una promessa, ma una promessa è molto più potente di un sogno.
In un mondo dove le parole sono "faide che mettono in croce", Mariapia Veladiano crede in quelle che fanno la differenza: le sceglie per noi, e ce le affida. Sentimenti, Opere, Parole: Mariapia Veladiano affronta il tema del dolore, dell'impossibilità di accettarlo e del timore di non sapersene difendere. E quello della paura che ci assedia, ci spinge a rinunciare, a smettere di sperare. Ci parla dell'invidia, che umilia tutti per non vedere la propria umiliazione, del giudicare gli altri che è "la nostra morte anticipata", del lavoro, perché nessuna libertà è autentica se non si è liberi anche dal bisogno materiale, del desiderio, furia di esistere, e del suo opposto, la resa. Non tace mai sul male, che fa parte dell'esistenza, eppure si può ogni giorno non farlo passare, fermarlo, chiamandolo per nome. Ma soprattutto non tace sull'amore. Per amore delle parole. Degli uomini e delle donne. Della vita.
Al centro di questo romanzo misterioso e potente, che scorre in una lingua tersa dove sembrano risuonare insieme gli echi delle vite dei mistici e la poesia di Emily Dickinson, c'è la figura di Ildegarda. Una donna che viene lasciata dal marito amatissimo ma devastato nello spirito. La sua solitudine è illuminata solo dall'amore per il figlio che adora. Quando l'ombra della morte sembra sfiorare il bambino, Ildegarda si interroga sul male del mondo, sulla paura di vivere, di perdere l'amore, di perdere il figlio. Lo strazio per l'abbandono e soprattutto l'angoscia per non saper proteggere il figlio portano Ildegarda a cercare nella sua fede irrequieta una strada di salvezza. Un patto con quel Dio che appare impotente di fronte al dolore dell'uomo. È la lotta che ciascuno di noi, credente o no, un giorno si trova a combattere. Un nuovo inatteso incontro, nell'incanto di un paesaggio di neve dalla bellezza struggente, porta Ildegarda a vivere una passione del corpo e dello spirito che ha in sé un'attesa di eternità. Di un'altra vita e giorni nuovi. Perché il sogno di ogni amore è che il miracolo non abbia fine. Forse è solo una promessa, ma una promessa è molto più potente di un sogno.
«Una bambina brutta è grata a tutti per il bene che le vogliono, sta al suo posto, ringrazia per i regali che sono proprio quelli giusti per lei, è sempre felice di una proposta che le viene rivolta, non chiede attenzioni o coccole, si tiene in buona salute, almeno non dà preoccupazioni dal momento che non può dare soddisfazioni.
Una bambina brutta vede, osserva, indaga, ascolta, percepisce, intuisce; in ogni inflessione di voce, espressione del viso, gesto sfuggito al controllo, in ogni silenzio breve o lungo, cerca un indizio che la riguardi, nel bene e nel male. Teme di ascoltare qualcosa che confermi quello che sa già, e cioè che la sua esistenza è una vera disgrazia.
Spera di sentire una parola che la assolva, fosse pure di pietà.
Una bambina brutta è figlia del caso, della fatalità, del destino, di uno scherzo della natura. Di certo non è figlia di Dio».
Rebecca è nata irreparabilmente brutta. Sua madre dopo il parto non l'ha mai presa in braccio e si è sigillata in se stessa. Suo padre ha lasciato che accadesse.
A prendersi cura di lei, la bella e impetuosa zia Erminia, il cui affetto nasconde però qualcosa di tremendo. E la tata Maddalena, saggia e piangente, che la ama con la forza di un bisogno.
Ma Rebecca ha mani perfette e talento per il pianoforte. L'incontro con la «vecchia signora» De Lellis, celebre musicista da anni isolata in casa, offre a Rebecca uno sguardo nuovo sulla storia di dolore che segna la sua famiglia, ma anche la grazia di una vita possibile.
La vita accanto racconta la nostra inettitudine alla vita, da cui solo le passioni possono riscattarci.
Con una scrittura limpida e colta. Con personaggi buffi e veri, memorabili. Con la sapiente levità di una favola.