«Forse da bambini qualcuno ci ha detto: "Se non fai il bravo, non ti voglio bene". E noi ci siamo sentiti in trappola, magari sforzandoci di essere buoni, bravi secondo le aspettative di chi ci doveva amare: ci siamo messi il "grembiulino bianco", per essere riconosciuti. Poi magari un giorno qualcuno ci ha detto: "Anche se non sei bravo, ti amo lo stesso" e ci siamo sentiti liberi. Abbiamo fatto esperienza che le macchie del nostro grembiulino non hanno ucciso l'amore, abbiamo toccato con mano la misericordia, che non è un cancellino che ci toglie le macchie, ma le abbraccia con tenerezza. Facciamo proprio così quando a nostro modo (e sicuramente in buona fede) applichiamo la bellezza della misericordia alle vite che incontriamo. Qualche volta, però, al di là delle nostre buone intenzioni, ne esce un'applicazione distorta, una maschera, appunto, che applichiamo ai fatti che incontriamo, talora assai vicini. Aiutarci reciprocamente a togliere queste maschere può essere rigenerante. E perfino divertente».
Tutti noi abbiamo sperimentato nella vita il desiderio di consolare o di essere consolati in momenti particolarmente difficili. Un'arte che richiede inventiva, creatività, capacità di oltrepassare schemi consolidati, antiche competenze, regole stantie, che sanno di muffa. Si rende necessaria, dunque, una sorta di "scuola di consolazione", in cui auto-educarsi a consolare in modo sapiente, senza scivolare in atteggiamenti che, piuttosto che consolare, mascherano una volontà di potere. Alla paziente esplorazione delle proprie esperienze di consolazione ricevuta e da offrire in modo corretto e sano è dedicato il contributo di Mariateresa Zattoni Gillini, mentre un'indagine sul messaggio biblico circa il dono della consolazione è offerta dalla riflessione di Patrizio Rota Scalabrini.
"Non abbiamo paura di genitori che fanno - e si fanno - domande. Quelli che non se le fanno, sono pericolosi. O perché credono di sapere già tutto, o perché credono che non ci sia niente da sapere: si fa così e basta. I genitori che sfoglieranno questo libro sanno di non sapere tutto, sanno che può esserci qualcuno a cui porre domande. Noi abbiamo avuto la fortuna di trovare simili genitori nella nostra vita di coppia e di famiglia e nella nostra vita professionale di consulenti. E siamo loro grati. Con le loro domande, ci hanno posto davanti "la vita" e ci sono sembrati un po'... acrobati. Bellissimi e spericolati acrobati che si sono buttati alle spalle la paura. Anche in condizioni difficilissime. Le storie che ci regalano attraverso le loro domande e che abbiamo raccolto in queste pagine, ci aiutano a scoprire che c'è sempre una via d'uscita, un punto fermo di speranza. È infatti sempre possibile trovare risposte alle situazioni reali, vissute, talvolta cariche di dolore, che la vita ci presenta ogni giorno "(dalla Premessa degli Autori)
Gli sposi si sentono spesso "lontani" tra loro e percepiscono tutta la distanza, la paura e l'isolamento all'interno di un cammino a due. Il moderno contesto culturale non li aiuta a vivere il momento di crisi come un percorso di crescita e come un'occasione propizia per giungere alla pienezza d'amore. Come superare le lontananze, le incomprensioni e le difficoltà? Come gestire i conflitti? Come trasformare le delusioni in risorse? In queste pagine, Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini si propongono di offrire risposte concrete, per risvegliare la fiducia in tutte le coppie che, quotidianamente, vivono la fatica del loro cammino. Attraverso un'analisi della vita quotidiana e un'ampia serie di situazioni reali, l'esperienza del matrimonio viene riletta nell'ottica della Speranza. Per riscoprire con gioia che è possibile sentirsi di nuovo "vicini".