È noto che la cultura barocca sconvolse i termini tradizionali del fare letterario, chiamando in causa o, se si preferisce, sulla scena, le arti figurative, la musica e ovviamente il teatro. L'oggetto simbolo di questa civiltà era sicuramente lo specchio. Seguendo quest'itinerario, l'autrice esplora la cultura del doppio a Napoli tra l'età barocca e l'Arcadia.
Il Vicino Oriente, Egitto, Siria, Libano, Iraq, Giordania e Israele, è un luogo centrale nello scacchiere mondiale, in cui si affrontano visioni del mondo molteplici e contrastanti. Le poste in gioco strategiche, confessate o dissimulate, le percezioni e le convinzioni identitarie, culturali e religiose sono qui forti e antagonistiche. Il volume illustra, così come sono nate, sviluppatesi e tuttora esistenti, le "immagini" che della regione hanno elaborato gli attori locali e gli altri, Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Cina.
"Roma era diventata grande molto in fretta, con una rapidità che i Romani non si stancarono mai d'ammirare, e non senza motivo. Certo, riconoscevano che all'inizio Romolo non si era fatto troppi scrupoli, ma è giusto mettere in discussione un politico quando prepara qualcosa di così grande come Roma?" Pierre Grimal avvia così il racconto dell'incredibile fortuna della Città: dalla sua mitica fondazione alla decadenza dell'Impero, passando attraverso la vita del regno e le grandi ore della Repubblica.
Dopo il crollo di quello che siamo abituati a chiamare l'impero romano d'Occidente, la civiltà romana ha continuato a vivere per circa un millennio nelle regioni orientali attorno alla splendida capitale rifondata da Costantino sulle rive del Bosforo. La fusione della cultura greca e della religione cristiana sul terreno della struttura statale romana fu la peculiarità dell'impero di Bizantino, cui va riconosciuto almeno il merito di avere ricevuto dalle mani vacillanti di Roma l'eredità del mondo antico proprio quando questo rischiava di scomparire nel flutto delle invasioni barbariche: un'eredità preziosa che per fortuna non è andata dispersa neppure dopo la caduta di Costantinopoli, sotto i colpi dei turchi di Maometto II.
"Come posso amare questo trono.", sussurra Umberto mentre passa accanto alla sala ammantata di cupo rosso con in fondo il piccolo trono dorato dei Savoia. Parole bisbigliate sperando di non essere ascoltato. È il 10 maggio del 1946, quando Umberto diventa Re Umberto II di Savoia. In questo racconto, narrato in prima persona, le illusorie promesse, gli affetti e i rimpianti del "re di maggio" attraverso preziose testimonianze e documenti storici inediti.