"Appassionato lettore di romanzi d'avventura, avevo sviluppato un romanticismo epico coloniale che mi aveva indotto a unirmi alle formazioni giovanili fasciste di scherma e di equitazione. Questi sport mi aiutarono in seguito, almeno in parte, ad assorbire lo shock delle leggi razziali che posero fine alla mia vita spensierata". Potrebbe essere l'inizio di un romanzo di Joseph Conrad. O di un bel romanzo di formazione. E il libro di Vittorio Dan Segre questo è, tra le altre cose. Ci sono biografie che assomigliano a romanzi. Leggendole si ha l'impressione di ascoltare la voce di un narratore che racconta fatti forse mai avvenuti. Non è il caso di questo racconto di una vita vissuta sotto il segno dell'azione e dell'inquietudine. Nelle sue pagine scorre una moltitudine di personaggi reali, affiorano frammenti di vita pubblica e privata narrati con l'inventiva del consumato romanziere: gli anni dell'adolescenza in Piemonte, la Palestina prima e dopo la nascita dello Stato di Israele, gli affetti e le passioni, la fede, gli intrecci di bene e di male, i successi e i fallimenti. La qualità della scrittura di Segre, la sua lucidità nel ripercorrere un'esistenza che a tratti può apparire disperatamente romantica, la sua capacità di dare consistenza romanzesca agli eventi privati, si spiega forse con la vocazione narrativa della vita stessa dell'autore.
Nel IX secolo il califfo abbaside di Baghdad, Abù Ja'far Abdullah al-Ma'mun, creò uno dei centri di studio più imponenti che la storia umana abbia mai conosciuto, noto col nome di Bayt al-Hikma, La casa della saggezza. Jim Al-Khalili ci svela i nomi dei protagonisti di questa avventura meravigliosa: Abu Rayhan al-Biruni, Ibn al-Shatir, al-Khwàrizmi, Ibn al-Haytham, al-Ràzi ed altri ancora. Dietro a questi nomi, per noi quasi sconosciuti, si nascondono le vite e le opere di scienziati che hanno di fatto posto le basi del mondo moderno. L'autore ricostruisce con straordinaria perizia la storia di un'epoca nella quale menti geniali spinsero le frontiere della conoscenza così in là da plasmare le civiltà che seguirono, fino ai giorni nostri. Il suo libro è anche un tentativo di reintrodurre in Occidente un pezzo fondamentale di una cultura a lungo ignorata e in buona parte ancora da esplorare. Il pensiero scientifico e culturale occidentale è in debito, ben più di quanto comunemente si pensi, con ciò che realizzarono mille anni fa gli scienziati e i pensatori del mondo islamico, in un periodo che fu elusivamente descritto come una lunga Età Oscura, una penosa parentesi posta tra la grande civiltà classica greco-latina e il Rinascimento europeo. Si omette così, troppo spesso, di dire che per 700 anni la lingua internazionale della scienza fu l'arabo.