Durante l'invasione tedesca della Francia nel 1940, Lévinas, ebreo, è prigioniero di guerra; viene trasferito in un campo in terra tedesca vicino ad Hannover e lì, segregato in speciali baracche per prigionieri ebrei ai quali era proibita qualunque forma di culto, rimane fino alla fine della guerra. "I Quaderni della prigionia" mettono l'accento soprattutto sulla sofferenza dei prigionieri degli stalag, mentre la rimanente parte di inediti (redatta durante gli anni '50) riporta le ricerche e le direzioni del pensiero che, come noto, metteranno capo alle grandi opere apparse a partire dagli anni '60. Scritti a mano su quaderni, biglietti, schede e successivamente raccolti e classificati dall'autore stesso, questi scritti restituiscono un clima culturale, ma più ancora testimoniano una passione del pensiero che ha trovato pochi eguali e che, proprio in virtù della sua forza, esige una lettura sempre nuova e altrettanto appassionata.
Il volume, non previsto come pubblicazione dall'autore stesso, si presenta nella forma di raccolta di saggi più o meno brevi, in gran parte già pubblicati autonomamente in anni precedenti, riuniti quindi dalle figlie di Sestov; fu pubblicato per la prima volta in Francia nel 1964. Qui presentato in prima traduzione italiana, il volume costituisce per un verso un'espressione importante del pensiero sestoviano dell'ultimo decennio di vita dell'autore, contrassegnato dalla radicalizzazione del dualismo tra pensiero "speculativo", fondato sulle acquisizioni della ragione, e pensiero "esistenziale", fondato sull'esigenza di forzare le evidenze della ragione e per questo aperto alla "rivelazione". Per altro verso, esso è anche una rappresentazione importante del procedimento della riflessione filosofica di Lev Sestov, basata su uno stringente confronto, interiore e dialogante piuttosto che oggettivo e analitico, con le più diverse personalità in campo filosofico, letterario e religioso. L'opera è anche per queste ragioni una delle tappe centrali per la comprensione della ricezione, da parte della filosofia esistenziale di orientamento religioso, di alcuni momenti fondamentali dell'esperienza spirituale tra l'Oriente e l'Occidente dell'Europa.
La 'logica dimostrativa' è un manuale scritto in occasione del primo incarico didattico importante di Gerolamo Saccheri, nel Collegio dell'Ordine a Torino.
Con quest'opera si presentano per la prima volta in Italia le traduzioni corredate dei testi a fronte e commentate del 'Quod Nihil sciture' e delle 'Opere filosofiche' di Francisco Sanchez (1551-1623).
Questo volume raccoglie i tre tomi usciti originariamente separati, contenenti rispettivamente tutto quanto pervenuto della Scuola di Elea, quel circolo filosofico sviluppatosi in Italia nel V secolo a.C.
Nel 1870 a soli ventisei anni Nietzsche scrive La visione del mondo dionisiaca. In queste pagine non destinate alla pubblicazione appronta la quinta scenica che sotterraneamente lo accompagnerà per tutta la vita: il rapporto conflittuale tra gli impulsi “generatori” della cultura umana, o almeno greca e poi europea, ossia la lotta tra l’apollineo e il dionisiaco. Il pensiero tragico di Nietzsche si forma intorno a questa lotta e il capolavoro giovanile pubblicato di lì a poco, La nascita della tragedia dallo spirito della musica, ha come nucleo proprio La visione del mondo dionisiaca. Qui è compresa con chiarezza l’irruzione epocale di quello strapotere proveniente dall’Oriente e della contromossa che l’Occidente ha adottato per non soccombere e per germogliare. Nel paesaggio bucolico della valle alpina di Maderanertal, vicino al Lago di Lucerna, Nietzsche può comporre il suo scritto, spinto dall’ingenuo proposito di un “rinascimento” tedesco ma anche dall’impellente necessità di una “rivoluzione” dionisiaca.
Il volume è curato, introdotto e tradotto da Tommaso Scappini, dottorando in filosofia all’Università di Vercelli con una tesi sul tema della violenza in Nietzsche. Studioso di ermeneutica e di estetica, insegna storia e filosofia nei licei.
Vengo dai puri pura, o Regina degli inferi, Eucle ed Eubuleo e voi altri dèi immortali; infatti, anch’io mi vanto di appartenere alla vostra stirpe beata, ma la Moira mi sopraffece e gli altri dèi immortali e il fulmine scagliato dalle stelle.
Volai via dal cerchio che affligge duramente, penoso, e salii sulla desiderata corona con piedi veloci; quindi mi immersi nel grembo della Signora, Regina ctonia; poi discesi dalla desiderata corona con piedi veloci.
“Felice e beatissimo, sarai dio invece che mortale”.
Agnello caddi nel latte.
[...]
Chi sei? Da dove sei?
Sono figlio della Terra e del Cielo stellato.
[Orfici, fr. 32 Kern]
L’Orfismo si diffuse in Grecia nel VI secolo a.C., derivando il nome dal mitico cantore Orfeo, probabilmente a partire da una rielaborazione della precedente religione cretese e forse anche egizia, e si affiancò come religione iniziatica apollineo-dionisiaca accanto alla religione pubblica olimpica; i riti orfici stanno certamente all’origine dei misteri eleusini e degli oracoli delfici. Il punto centrale della sua proposta dottrinale – contro la visione omerico-esiodea degli uomini intesi come mortali – è la credenza nell’immortalità e nella reincarnazione dell’anima (o démone, un frammento del dio Dioniso fatto a pezzi e intrappolato nell’involucro del corpo), con tutte le pratiche di purificazione che verranno poi riprese e ripensate dalla filosofia pitagorica e platonica. L’edizione classica di Kern del 1922, qui proposta integralmente con la prima traduzione italiana, raccoglie sia le testimonianze sia i frammenti della tradizione scritta, ma anche materiale archeologico, tratto soprattutto dalle laminelle auree che gli orfici ponevano sulla fronte dei defunti prima della sepoltura. Il volume è introdotto da un saggio di Giovanni Reale, che mette in luce l’importanza dell’Orfismo per la nascita del concetto di psyche nella successiva filosofia presocratica.
I luoghi decisivi del pensiero filosofico – ha rilevato María Zambrano – si incontrano nelle rivelazioni poetiche. Di qui la ricerca della filosofia che si trova nella poesia, non come pensiero poetico, bensì come filosofia in senso stretto, come una modalità dell’esercizio filosofico finora emarginato dalla storia del pensiero e che nella crisi della modernità è invece capace di configurare un orizzonte di superamento. Ecco perché tutto il pensiero di María Zambrano è volto a indagare lo sfondo comune di filosofia e poesia nonostante la scissione ed il conflitto – segno della storia occidentale – e l’orizzonte dal quale è possibile intravvedere una possibile riconciliazione: la ragione poetica. A tal fine, Filosofia e poesia (1939) rappresenta l’opera fondamentale, insieme al presente libro, a cui stava lavorando prima della morte, e che comprende testi sulla parola poetica in rapporto alla filosofia, e saggi sui poeti più amati dalla Zambrano.
Armando Savignano, ordinario di Filosofia Morale all’Università di Trieste, ha dedicato numerosi saggi all’ispanismo filosofico. Tra i libri più recenti: Introduzione a Ortega Y Gasset, Laterza, Bari 1996. Introduzione a Unamuno, Laterza, Bari 2001. Maria Zambrano. La ragione poetica, Marietti, Genova-Milano 2004.
Panorama della filosofia spagnola del Novecento, Marietti, Genova-Milano 2005. Don Chisciotte.
Illusione e realtà. Rubbettino 2006. Il vincolo degli anniversari. Saggi di filosofia spagnola contemporanea, Saletta dell’Uva, Caserta 2009.
L’Ideologia tedesca è l’opera più misteriosa di Marx ed Engels. Composta tra il 1845 e il 1846 ai fini di una «autochiarificazione» e subito abbandonata alla «critica roditrice dei topi» delle cantine in cui rimase sepolta fino all’anno della pubblicazione (1932), essa rappresenta il luogo della «rottura epistemologica» (Althusser) tra il «primo Marx», umanista e filosofo hegeliano, e il «secondo Marx», scienziato dei modi di produzione. Nell’Ideologia tedesca si colloca, nelle intenzioni dei suoi autori, la «resa dei conti» con la filosofia tradizionale, liquidata impietosamente come santificazione contemplativa dell’esistente, e l’abbozzo di una nuova scienza rivoluzionaria, la «concezione materialistica della storia». In un perenne oscillare tra l’al di qua e l’al di là della filosofia, viene prendendo forma una scienza che, contro ogni tentazione ideologica, non muove dalle illusioni che gli uomini elaborano intorno alla propria esistenza. Al contrario, essa prende le mosse dagli uomini empirici realmente operanti all’interno della produzione materiale e delle costellazioni di potere e di dominio economico e, per questa via, rende anche conto degli echi ideologici del processo di esistenza e di produzione. Di qui, appunto, la necessità di sostituire la critica del «cielo» delle idee filosofiche con la critica della «terra» delle condizioni materiali di esistenza e di produzione. Ne scaturisce una forma di sapere ambigua, enigmaticamente sospesa tra il trascendimento della filosofia e, in maniera del tutto contraddittoria, il permanere saldamente nel quadro di una scienza filosofica in senso hegeliano. Sul piano politico, un simile rovesciamento materialistico di prospettiva implica l’abbandono di ogni conservatorismo conciliante e l’approdo a una visione rivoluzionaria, sporgente sull’avvenire e in perenne contrasto con l’ordine esistente.
Questa raccolta è l'incompiuta, ma pure compiutissima sinfonia della morale di Pietro Piovani.
Il pitagorismo antico si può considerare la prima forma di scienza del pensiero occidentale. Questa edizione raccoglie i tre volumi dedicati ai Pitagorici e costituisce la raccolta più completa dei frammenti e delle testimonianze di Pitagora e della sua scuola. Testi greci a fronte
Il De Ente et Uno, qui presentato in nuova edizione critica e traduzione, costituisce uno dei vertici della filosofia dell’Umanesimo italiano. In quest’opera, frutto del più “maturo” pensiero di Giovanni Pico della Mirandola, l’enfant prodige del Rinascimento in brevi capitoli di approfondita riflessione teoretica, cesellati con passaggi degni della prosa dei più ispirati mistici, tenta di gettare le basi della conciliazione tra la filosofia di Platone e quella di Aristotele, momento aurorale del suo vagheggiato progetto di riunificazione del sapere universale. Il testo è accompagnato dalla prima traduzione italiana delle obiezioni del filosofo faentino Antonio Cittadini al De Ente et Uno e dalle risposte di Giovanni Pico. Il volume è curato da Raphael Ebgi (dottorando in “Metafisica” presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano) e, per la parte filologica, da Franco Bacchelli. Completano l’opera una prefazione di Marco Bertozzi e una postfazione di Massimo Cacciari.