È la notte delle elezioni. Bruna - che insegna Scienze Politiche all'università di New York - è stata in tv per commentare i risultati e rientrando a casa dal marito Tom e dai bambini ha una nausea terribile. Ma non a causa del nuovo presidente conservatore e razzista o della solitudine che prova tra le mille luci di Manhattan: ha la nausea perché è incinta del suo amante nero, un suo allievo, che da giorni non risponde al telefono. Comincia così, come un dramma borghese, un romanzo che pagina dopo pagina ci apre gli occhi sul mondo. Conosceremo Bruna, emigrata dall'Italia negli Usa dove ha trovato lavoro e marito ma perduto molte illusioni. Conosceremo Sal e Amanda, i suoceri italoamericani perbenisti e meschini. Minerva, la figlia adolescente di Bruna e Tom, secondo cui "se Dio esistesse non ci sarebbe la guerra in Siria", e Mario, il figlio bambino che abita con disagio il suo corpo maschile. E poi Yunus, lo studente che dedica a Bruna tutto l'amore dei vent'anni e un manoscritto in cui racconta la sua storia di ragazzo nero privato della possibilità di scegliere - e condotto così alla scelta più radicale.
Si narra che la Sibilla, adirata contro le fate che ballavano con i pastori, avrebbe scagliato loro le pietre che divennero poi il paese di Arquata: pietre destinate a rotolare drammaticamente di nuovo, durante il terremoto. Le sorelle Nadia e Olga si sentono a casa proprio qui, in questa terra che si muove, e che scendendo dai Sibillini verso il mare si fa campagna. Qui il loro papà ha trascorso la vita lavorando la terra, per questo ancora oggi la famiglia viene trattata con rispetto. Ma adesso tutto è cambiato. L'amore e il lavoro le hanno portate lontano, i figli sono cittadini del mondo. La gente vuole fragole e susine anche a gennaio. È una nuova stagione. E, per loro, è tempo di separarsi dalla terra. Inizia per le sorelle un viaggio a ritroso, nella memoria, e uno reale, attraverso gli incredibili colloqui con i possibili acquirenti del terreno, ex mezzadri arricchiti o emissari di multinazionali della frutta; tutti maschi, tutti ambigui, tutti apparentemente incapaci di capire quanto male facciano le radici, quando bisogna tagliarle.
Ultima settimana del novembre 1327. Il novizio Adso da Melk accompagna in un'abbazia dell'alta Italia frate Guglielmo da Baskerville, incaricato di una sottile e imprecisa missione diplomatica. Ex inquisitore, amico di Guglielmo di Occam e di Marsilio da Padova, frate Guglielmo si trova a dover dipanare una serie di misteriosi delitti (sette in sette giorni, perpetrati nel chiuso della cinta abbaziale) che insanguinano una biblioteca labirintica e inaccessibile. Per risolvere il caso, Guglielmo dovrà decifrare indizi di ogni genere, dal comportamento dei santi a quello degli eretici, dalle scritture negromantiche al linguaggio delle erbe, da manoscritti in lingue ignote alle mosse diplomatiche degli uomini di potere. La soluzione arriverà, forse troppo tardi, in termini di giorni, forse troppo presto, in termini di secoli.
L'autrice mette a nudo e indaga i momenti cruciali della sua esperienza di poeta e di donna in una sorta di diario che visita gli affetti familiari e gli amori, la follia e la reclusione maniacale, la propria vocazione poetica. Completano il volume quattro conversazioni con la poetessa, ulteriori confessioni-rivelazioni sul suo dettato poetico.
Il 12 settembre 1910, alla Neue Musik-Festhalle di Monaco, Gustav Mahler dirige la prima esecuzione della sua Ottava Sinfonia, interpretata da un organico di quasi mille elementi. In platea, un pubblico d'eccezione: da Henry Ford a Thomas Mann fino alla bellissima Alma, moglie del compositore. Meno di un anno dopo, in maggio, Mahler si spegne a Vienna. Ha solo cinquant'anni. Nelle stesse ore, mentre la primavera scioglie le nevi sui prati del Tirolo, una ragazza segue i suoi ultimi istanti attraverso la stampa, commossa eppure consapevole che per Gustav giunge finalmente la pace. Lei è Marie, nipote quindicenne dei proprietari del maso dove Mahler ha trascorso le ultime tre estati, incaricata di accudirlo quando il Maestro ha disdegnato le undici stanze della casa e scelto per sé la più bizzarra delle sistemazioni: una capanna in mezzo al bosco, lontano da tutto. Piano piano, nel silenzio, il candore della fanciulla e il tormento del musicista hanno dato vita a un dialogo capace di rivelarli a sé stessi. "Io credo nel bene, non nel male; però non riesco più a credere nella sua vittoria, e soprattutto non riesco a credere nell'ordine. Forse per questo non ho mai voluto scrivere una vera sinfonia, ma il rimpianto di quella forma, che sentivo così prossima al tramonto" dice il Maestro. E Marie, che di musica non sa nulla, può mostrargli però tutti i colori della foresta al crepuscolo. Una figura immensa e piena di ombre, quella di Mahler, che Paola Capriolo delinea per noi con mano lieve e luminosa, lungo pagine rivelatrici che sono un apologo sull'amicizia tra generazioni, sulla possibilità di incontrarsi e rinascere se ci si ascolta davvero.
Olga è nell'età in cui si fanno bilanci. Malata, sente il bisogno di raccontarsi, di ripercorrere la sua giovinezza, il suo matrimonio infelice e le vicende che hanno condotto sua figlia Ilaria a una morte precoce. Ha così inizio la sua lunga confessione alla nipote Marta. Nel gesto della scrittura, pacata ma intensa e commovente, Olga ritrova finalmente il senso della propria esistenza e della propria identità. Una storia forte e umanissima che ha emozionato lettrici e lettori di ogni età: un romanzo di sentimenti forti, dove la forma epistolare diventa quasi flusso di coscienza: racconto di sé e del segreto che ha segnato più vite. Un libro più attuale che mai, che ci mette di fronte ai nostri sentimenti e all'importanza delle relazioni.
Emma ha davanti a sé una giornata speciale: niente scuola oggi, niente ragazzi difficili a cui dare una possibilità di riscatto. Andrà invece all'incontro con Carlo, il grande amore della giovinezza. Sono vissuti insieme a lungo, finché lui, sempre meno idealista e sempre più ambizioso, ha scelto di andare all'estero per inseguire i suoi sogni di gloria; e lì la loro storia si è fermata. Emma è ostinatamente rimasta fedele ai suoi ideali. Ha da tempo un compagno, un sindacalista ardente, e un mestiere, quello dell'insegnante in una scuola di borgata, che la appaga. Eppure i diari della sua vita di prima sono sempre lì, a raccontare un tratto di strada che, nel bene e nel male, l'ha segnata profondamente: il primo tratto di strada, quello che non si scorda mai. Buffo, appassionato, irripetibile. Ora che Carlo torna per incassare anche in Italia il successo del suo film, ispirato proprio agli anni della giovinezza condivisa, sono tante le cose che Emma sente di dovergli dire. Una su tutte, un segreto lungo vent'anni che ha tenuto per sé e che è venuto il momento di svelare. Dopo lunghi e accurati preparativi, che danno conto della solennità del momento per lei, Emma sale sulla bici e corre all'appuntamento con Carlo. Lui la aspetta seduto al bar quando un incidente in presa diretta sospende tutto e lascia la vita di Emma appesa a un filo. Le cose non dette restano non dette. Ma il passato preme, e Carlo, disperato, si ritrova a confronto con quello che sa e quello che non sa. Soprattutto con un'esistenza possibile a cui ha voltato le spalle. Ci sarà il modo e il tempo di aggiustare ciò che si è rotto, di ricostruire, di riprendersi un po' di quel grande amore che ha attraversato tutta la loro vita senza mai placarsi?
La ciociara è la storia delle avventure e disavventure di due donne, madre e figlia, costrette a passare un anno vicino al fronte del Garigliano tra il 1943 e il 1944. Ma è anche e soprattutto la descrizione di due atti di violenza, l'uno collettivo e l'altro individuale: la guerra e lo stupro. Dopo la guerra e dopo lo stupro né un paese né una donna sono più quello che erano. È avvenuto un cambiamento profondo, che si manifesterà più tardi in modi imprevisti e incalcolabili; un passaggio si è verificato da uno stato di innocenza e di integrità a un altro di nuova e amara consapevolezza. D'altra parte, tutte le guerre che penetrano profondamente nel territorio di un paese e colpiscono le popolazioni civili sono stupri; più di tutte quella che, per la prima volta nei tempi moderni, rastrellò l'Italia intera, dal Sud al Nord, portando nelle località più isolate e ignare le armi e l'arbitrio delle popolazioni straniere. La ciociara non è un libro di guerra; è un romanzo in cui la guerra è vista con gli occhi di chi la soffrì senza combatterla: i civili, con le loro speranze, avventure e delusioni, che in un primo momento si illusero forse di restarne fuori e poi ebbero a soffrirne le peggiori conseguenze. È una storia che narra l'esperienza umana di quella violenza profanatoria che è la guerra.
L'isola di Sant'Elena sarà davanti a lui all'alba. Napoleone si ritira presto nella sua cabina la sera del 14 ottobre 1815. Un'ultima notte a bordo, dopo mesi di navigazione. A visitarlo, forse nel sonno forse no, è una bella clandestina: forse Eugénie, l'eroina del suo romanzo giovanile rimasto chiuso in un cassetto. Poi arriva la madre, e altri spettri che incarnano la memoria dei grandi eventi attraversati dall'imperatore in esilio. Un uomo che non si è ancora arreso e che ancora pretende di poter mutare il corso degli eventi, mentre la Northumberland si perde in un banco di nebbia. Un romanzo storico e visionario, che umanizza un grande offrendogli uno scorcio di altra vita possibile.
Uscito dopo quattro anni dal penitenziario siberiano di Omsk, Fedor Michailovich è un uomo profondamente malato ma assetato di vita e di gloria letteraria. Nel suo animo, diviso tra l’orrore e l’attrazione del male, si agitano sentimenti opposti: l’amore, di cui va alla disperata ricerca, il rifiuto di concedersi, chiuso in un esasperato egocentrismo, e l’insanabile passione per il gioco d’azzardo. Chi lo racconta è Razumichin, personaggio di Delitto e Castigo, e amico di Raskòlnikov. Razumichin vive di espedienti, è un giovane ambizioso, cinico, roso dall’invidia e pazzo di ammirazione verso chi è ciò che lui vorrebbe essere: un grande scrittore, un uomo capace, come Dostoevskij, di perdersi e mettersi a rischio fino in fondo. Seguirà ovunque Fedor Michailovich. palesemente o di nascosto, fin dal suo ritorno a Pietroburgo, nel suo fanatico innamoramento per Marija e nelle drammatiche vicende del loro matrimonio, nei più abbietti bassifondi, nei viaggi attraverso l’Europa, nella disperata avventura con Polina Suslova, nelle miserie di accanito giocatore. Guidato da un amore-odio, che rasenta l’omosessualità, per il suo idolo, Razumichin diventa l’ossessionato e ossessivo biografo di un Dostoevskij sconosciuto agli ammiratori di ogni tempo. In questo appassionato romanzo, antibiografia di un grande scrittore, Ferruccio Parazzoli è entrato in ogni particolare della vita di Dostoevskij, scoprendola e raccontandola nei risvolti più intimi, con l’amore e la spietatezza con cui un figlio guarda al proprio padre.
Anita se n’è andata ponendo fine a un amore che sembrava dovesse durare per sempre. Milan è impreparato, triste, preso da rimorsi e nostalgie che lo inducono a raccontarsi, quasi per consolazione, come sarebbe stato quell’amore se invece di incontrarsi a sessant’anni lui e Anita si fossero conosciuti da ragazzi. Il tempo trascorso insieme ha lasciato in Milan una traccia profonda. Negli alti e bassi della loro storia d’amore ci sono stati viaggi, incontri, passioni. La scomparsa di persone care e importanti ha offerto l’occasione di meditare su che cosa accadrà dopo la morte, di chiedersi se farsi cremare o farsi seppellire. Intorno a queste alternative si aprono discussioni, riflessioni, fatti imprevisti. Dal passato e dalle storie degli altri affiorano episodi curiosi, anche comici, e l’aldilà possibile viene trattato come se fosse la continuazione della vita, come se si trattasse semplicemente di scegliere un luogo dove fermarsi, di darsi un’altra tappa nell’esistenza. Un romanzo acceso da lampi di ironia, attraversato dalla tenerezza dei ricordi: la fine di un grande amore e la fine dell’esistenza terrena si intrecciano fluidi con una serenità che non è distacco olimpico ma assunzione piena, complicata e contraddittoria della fragilità della vita e dei sentimenti.
Alain Elkann è nato a New York nel 1950. Nei Tascabili Bompiani sono disponibili Montagne russe, Il tuffo, Piazza Carignano, Stella Oceanis, Boulevard de Sébastopol e altri racconti, Il padre francese, Rotocalco, John Star (Premio Cesare Pavese 2002), Delitto a Capri, Una lunga estate (Premio Internazionale Tarquinia - Cardarelli 2003), MoMo, Mitzvà, il cofanetto Essere ebreo, Cambiare il cuore, Essere Musulmano (Premio Capalbio 2005), Vita di Moravia, Emma, intervista a una bambina di undici anni, L’invidia (Premio Letterario Mondello – Città di Palermo 2006), L’intervista 1989 - 2009, L’equivoco (Premio Acqui Terme 2009), Diario verosimile, Nonna Carla, Hotel Locarno e Il fascista.
Lupo e Nicola nascono alle soglie del secolo nuovo, il Novecento, ultimi della progenie di Luigi Ceresa, fornaio nel borgo marchigiano di Serra de’ Conti. La vita dei Ceresa è durissima, come quella di tutti gli abitanti di Serra, poveri mezzadri che vedono spegnersi figli e speranze una dopo l’altra. Lupo, vigoroso e ribelle, e il fragile Nicola sopravvivono forse in virtù della forza misteriosa che li unisce pur nella loro diversità. Zari nasce in Sudan ma viene rapita ancora bambina e poi convertita alla religione cattolica: in pochi sanno che questa è l’origine della Moretta, la badessa del convento di clausura di Serra, che con la sua musica straordinaria e la sua forza d’animo è punto di riferimento per tutta la comunità. Intanto il vento della storia soffia forte: le idee socialiste e quelle anarchiche, la Settimana Rossa del ’14, la Grande Guerra, l’epidemia di Spagnola... Lupo, Nicola e la Moretta dovranno resistere, aprire gli occhi e scoprire il segreto che lega le loro esistenze. Quella della Moretta – suor Maria Giuseppina Benvenuti, e prima Zeinab Alif, ancora oggi oggetto di culto – è una storia vera, le vicende dei fratelli Ceresa sono invece frutto di invenzione: ma in queste pagine ogni personaggio è seguito con il medesimo sguardo, frutto di una rigorosa documentazione storica e insieme di un’ardente partecipazione spirituale, e raccontato con una scrittura tesa, vibrante, capace di scavare nelle pieghe del tempo e trarne schegge di emozione vivissima. Alla sua seconda prova narrativa, Giulia Caminito sceglie di dare voce a chi non l’ha mai avuta, a chi è ultimo per nascita o per scelta: e si misura così con il grande tema della fede, della speranza salvifica in un mondo migliore.