Il corpo è il nostro indiscutibile referente identitario, è ciò che noi vediamo e che gli altri vedono, giudicano, apprezzano o respingono. È al centro degli interessi, dei pensieri e delle cure di tutti noi, come impegno quotidiano e continuo: va lavato, nutrito, dissetato, tenuto alla giusta temperatura, vestito, curato, ornato. È oggetto di numerose discipline scientifiche, è protagonista di regole di comportamento, è all'origine di miti, credenze, usanze. Insomma, il corpo è una fonte inesauribile di stimoli, valori, interessi, valutazioni, ansie, felicità, dolori. Il primo studioso ad accorgersi dell'importanza del corpo come fonte di interesse antropologico è stato Marcel Mauss: "...Perché il corpo è il primo e il più naturale degli strumenti dell'uomo". Dopo di lui molti altri antropologi hanno dimostrato come azioni e gesti considerate naturali siano in realtà prodotto della Storia e quindi della Cultura. Nulla di ciò che riguarda il corpo è del tutto naturale; gli impulsi ovviamente lo sono ma non lo sono i modi con i quali essi vengono assecondati e soddisfatti. Come si nasce, come si vive, come ci si nutre o ci si ammala o si guarisce, e l'elenco potrebbe continuare per pagine, sono tutte azioni che sottostanno a norme e regole sociali, a controlli, a premessi, a proibizioni. Variabili, mutevoli, a seconda del luogo, del tempo, della cultura che le esprime.
Ideale prosecuzione del discorso critico sviluppato nelle tre precedenti raccolte di saggi di semantica dantesca ("I ladri di Malebolge", "Il richiamo dell'antica strega", "Tra gli adepti di Sodoma"), il volume racchiude una nuova serie di studi ispirati al medesimo disegno esegetico; attraverso l'analisi di singoli episodi della Commedia - e prestando particolare attenzione al rilievo poetico ed esemplare che in essi acquistano alcune tra le più significative figure del poema (tra le altre, i papi Niccolò, Bonifacio e Clemente, Guido da Montefeltro, l'abate di San Zeno, Forese, Piccarda e, prima ancora, l'immenso Virgilio) -, vengono messi a fuoco gli esiti della meditazione dantesca intorno ad alcune tra le più rilevanti questioni di ordine politico, etico, gnoseologico ma soprattutto religioso: ed è appunto al tipo di amore che, secondo il poeta, è obbligatorio nutrire per Dio - un amore non neghittoso, apatico, o anche solo tiepido, ma, al contrario, totalmente privo di freni e inibizioni che allude il titolo della presente raccolta. L'impostazione critica di queste indagini non è, tuttavia, di tipo meramente contenutistico o ideologico, dal momento che l'autore, in più d'un caso pervenuto a interpretazioni radicalmente innovative, ha anche inteso scandagliare i possibili, e non di rado molteplici, significati della parola di Dante e ricostruire i processi della sua selettività espressiva.