All'inizio di marzo 2020 il mondo ha cominciato a riunirsi intorno a televisori, social network e social media, quasi contemporaneamente, per seguire le notizie sulla diffusione di un virus contagioso, il Covid-19. In pochi giorni si è passati da una situazione di normalità a una vita in maschera, tutti sollecitati a coprire naso, bocca e mani con protezioni sterili per sfuggire al contagio del coronavirus. In neanche una settimana gli scaffali di farmacie, supermercati, negozi di alimentari sono rimasti vuoti e le scorte di mascherine e guanti protettivi si sono esaurite persino su Amazon. La ricerca Mind the Queue! (MdQ) è nata dall'esigenza di comprendere se e che cosa abbiano avuto in comune, nel corso di quei primi due mesi di diffusione della pandemia, nazioni così distanti e diverse fra loro, in tutti i sensi: Costa d'Avorio, Cuba, Haiti, Iraq, Italia, Messico, Stati Uniti e Venezuela. È emerso che società lontane per cultura, economia, politica, hanno affrontato l'emergenza Covid-19 nello stesso modo, pur nelle loro differenze etniche, sociali e morfologiche. La ricerca MdQ, che si è sviluppata da marzo a maggio 2020, non ha avuto l'intento di fornire un contributo quantitativo alla migliore conoscenza della prima fase della pandemia in quei Paesi, quanto di aggiungere riflessioni e stimoli di tipo qualitativo al dibattito in corso, attraverso l'acquisizione sul campo di informazioni, dati, commenti raccolti direttamente da chi in quei due mesi stava vivendo un'esperienza unica. Senza avere alcuna pretesa di completezza, si ritiene che la conoscenza di quelle realtà sociali, acquisita attraverso questa ricerca, possa aver contribuito a migliorare la percezione delle dinamiche antropologiche e sociologiche sottese al sentimento della paura derivante da grandi emergenze, siano esse legate a fenomeni naturali o politici. Se mai ce ne fosse bisogno, come ha scritto uno degli intervistati, il virus ha confermato ancora una volta almeno una verità, cioè che siamo tutti uguali: Le Corona nous a montré que nous sommes tous pareils!
«Lo latino è perpetuo»: così dice Dante agli inizi del Trecento. Il senso di immortalità della lingua latina, che traspare dalle parole del sommo poeta, è in contrasto con l'opinione comune secondo cui il latino è una lingua morta. Il libro analizza l'apporto del latino all'italiano attraverso l'angolo visuale delle parole, di cui ricostruisce le vicende storiche in un appassionante viaggio tra passato e presente. L'autore cerca le tracce di vocaboli ed espressioni andando a ritroso nel tempo e conduce il lettore a scoperte inaspettate. La storia di un termine religioso come cristiano s'intreccia con quella di un insulto come cretino. I verbi considerare e desiderare sono connessi con l'osservazione delle stelle. Il sostantivo furto è collegato ai nomi foruncolo e furetto. L'idioma dell'antica Roma non è morto, ma vive ancora nella nostra lingua e nella nostra cultura.
«Ho cominciato a andare in Russia nel 1991, più di trenta anni fa e, in questi anni, credo di essere stato a Pietroburgo una ventina di volte. In questi venti viaggi sono stato forse tre volte in quello che, in occidente, è il più celebre dei musei russi, l'Ermitage, e più di venti volte, ventitré, credo, al Museo Russo. Non che mi dispiaccia, l'Ermitage, solo che, all'Ermitage, c'è l'arte occidentale, al Museo Russo c'è la più grande collezione al mondo di arte russa. E, fin dalla prima volta, ad attraversare le sale del Museo Russo mi è sembrato di leggere un libro di storia. Quando mi chiedono cosa ci dicono i romanzi di Dostoevskij sulla vita in Russia nell'Ottocento, a me vien da pensare che è vero, ci dicono molto, della vita in Russia nell'Ottocento, ma molto di più, mi sembra, ci dicono di noi, della nostra vita di adesso, del nostro coraggio e della nostra paura.»
Il manuale si rivolge a tutti coloro - studenti e studiosi - che portano avanti una ricerca accademico-scientifica nell'ambito delle discipline umanistiche. Le indicazioni sui metodi di ricerca e di citazione bibliografica ne fanno uno strumento particolarmente utile per poter scrivere una tesi di laurea. Come in un trittico, sono illustrati i momenti fondamentali per la realizzazione di un elaborato scritto: la scelta dell'argomento, il reperimento del materiale e la stesura dei capitoli. Una speciale attenzione è poi riservata alle più recenti risorse della videoscrittura e del Web. Il testo si chiude con cinque appendici: 1) prospetto sintetico del modello citazionale adottato; 2) abbreviazioni, sigle e termini di uso più comune in un elaborato scientifico; 3) principali strumenti bibliografici in Rete; 4) esercizi di base; 5) principali dubbi relativi all'ortografia e alle norme redazionali. Ogni capitolo prevede una specifica sezione bibliografica ed è corredato di numerose immagini commentate da apposite didascalie.
Cos'è la natura? In un'epoca dominata da nuove scoperte, dalla crescita tecnologica, da una nuova sensibilità ecologica, ma anche da nuovi fenomeni inquietanti, come pandemie globali e squilibri dell'ambiente, risorge potente la domanda su quale sia un comportamento davvero aderente alla natura nella vita di una persona. Forse per riaccostarci all'essenza della nostra specie occorre una sapienza antica e sempre nuova. Vogliamo una vita più naturale? Chiediamo ai poeti. E loro ci guideranno. In uno stile che unisce saggio e narrazione, Davide Rondoni perlustra gli interrogativi che sorgono intorno al tema della natura, senza pregiudizi e senza censure, sfidando molti luoghi comuni .
Il femminismo non è un movimento che ha a che fare solo ed esclusivamente con 'questioni di donne'. Costituisce, piuttosto, una forma di critica dell'ordine sociale nella sua globalità. Consente di affinare la concezione dell'oppressione attraverso un'analisi dei modi di dominio interiorizzati e di decostruirli. Chiara Bottici propone una teoria filosofica radicale, che definisce anarcafemminista, ispirata a due affermazioni principali: la prima è che c'è qualcosa di specifico nell'oppressione delle donne; la seconda è che, per combatterla, dobbiamo districarci tra tutte le altre forme di oppressione e dall'antropocentrismo che le caratterizza.
Quasi mille film hanno tentato di rievocare Napoleone e il suo mito seducente e imprendibile. Nella sua spigliata ricognizione Carlo Miccichè racconta per la prima volta l'avventura dell'Empereur dai romanzi al grande e piccolo schermo. È un viaggio sorprendente che, dalle pagine di Tolstoj, Stendhal e Balzac passa al Cinema Muto, ai Kolossal e alle Serie Tv per arrivare ai graphic novel e al videogaming. Perché narrare Napoleone, fuori dai libri di storia e dai cliché, rimane una scommessa aperta.
Sulla Sicilia, sin da tempi antichissimi, si sono riversate ondate di civiltà. Ma i Greci vi hanno lasciato un carattere indelebile, che fa parte della natura profonda di questa terra. Gli dèi non se ne sono mai andati dall'isola. Nelle campagne assolate nel cuore dell'estate, per le strade aggrappate ai pennacchi di roccia delle montagne siciliane si può ancora sentire Eracle chiamare le sue mandrie e Ulisse ridere del Ciclope. Nel tramonto di Agrigento, di Selinunte, di Segesta abitano ancora le processioni in onore degli dèi. Quando il giorno chiama la notte, nei teatri di Siracusa e di Taormina, il racconto del mito, nella rappresentazione delle tragedie, ritrova la voce potente che dovette avere nel V secolo a.C., in Grecia e nell'Occidente greco. Terra rifugio di dèi e di eroi, di ninfe e di filosofi, di mostri e di re, la Sicilia è l'incarnazione di quello straniamento magico e felice che tanto piaceva ai Greci. È la stranizza di un mezzogiorno d'estate, con i cortili risuonanti di voci e qualche buona storia da ascoltare e da raccontare.
Perché corriamo? Perché tutto questo affannarsi e faticare? Cosa racconta di noi questa continua ricerca di muscoli e sudore? Ancora una volta dobbiamo risalire il tempo e tornare ai Greci, i primi che si chiesero perché mettiamo alla prova noi stessi misurandoci contro gli altri. Il famoso motto mens sana in corpore sano dice del valore che gli Antichi attribuivano a tali prove, tanto che le Olimpiadi erano l'unico periodo in cui le armi dovevano necessariamente tacere. Andrea Marcolongo, dopo anni trascorsi tra libri e grammatiche a provare a 'pensare come pensavano i Greci', ha cominciato ad allenarsi e ha provato a 'correre come correvano i Greci'. E lo ha fatto utilizzando come strumento di accompagnamento il primo manuale di sport della storia, il "De arte gymnastica" del filosofo Filostrato. Fino al folle proposito finale: correre una maratona, anzi, la maratona, i 41,8 km che separano Maratona da Atene percorsi duemilacinquecento anni fa dal soldato Filippide, prima di stramazzare a terra per la troppa fatica.
Paola Giovetti, la più nota giornalista e scrittrice specializzata in tematiche esoteriche e spirituali da diversi decenni esplora con occhio attento il mondo dei misteri.
Nel suo ultimo libro propone al lettore una rassegna di personaggi, situazioni, esperienze e incontri di ogni tipo.
Medium, sensitivi, protagonisti di vicende insolite e umanamente coinvolgenti, studiosi, ricercatori, associazioni, istituti di ricerca in Italia e all’estero, e molto altro ancora.
Tematiche di confine che riguardano le nostre ancora inesplorate potenzialità, la nostra creatività, il senso della nostra esistenza, il nostro destino ultimo.
Parlare e comprendere sono i modi in cui ogni parlante si traduce nella lingua che considera propria e in cui abita invece in esilio. Queste pagine muovono dall'ermeneutica filosofica di Martin Heidegger e Hans-Georg Gadamer, di cui radicalizzano i temi decisivi guardando alla convergenza con la decostruzione di Jacques Derrida. Se è possibile riconoscere in Auschwitz la Babele del XX secolo - questa la tesi originale del libro - è anche alla luce delle riflessioni di quegli ebrei tedeschi che, da Franz Rosenzweig a Walter Benjamin, avevano riflettuto sull'estraneità nella lingua offrendo il loro prezioso contributo alla questione del tradurre. Nell'esilio planetario del mondo globalizzato l'utopia riletta in senso anarchico è il luogo che non c'è più, ma che ci sarà pur sempre. Sulle tracce di Paul Celan, protagonista dell'ultima parte, l'utopia si staglia oltreconfine, in quella «rivoluzione del respiro» che rompe il silenzio, nell'apertura di una parola, che non è dimora fissa e non è statica, ma è nomade, migra, è una tenda precaria e malsicura, l'unico riparo nel deserto della promessa. Questa tenda dell'incontro, già la sfida di un altro abitare, è la parola della cospirazione.
Quella che stiamo vivendo non è solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma il risultato di un'insurrezione mentale. Chi l'ha innescata - dai pionieri di Internet all'inventore dell'iPhone - non aveva in mente un progetto preciso se non questo, affascinante e selvaggio: rendere impossibile la ripetizione di una tragedia come quella del Novecento. Niente più confini, niente più élite, niente più caste sacerdotali, politiche, intellettuali. Uno dei concetti più cari all'uomo analogico, la verità, diventa improvvisamente sfocato, mobile, instabile. I problemi sono tradotti in partite da vincere in un gioco per adulti-bambini. Perché questo è The Game.