«Giannino Piana testimonia in modo trasparente la bellezza della ricerca, la gioia del credere, l'attrattiva della verità, l'amore per l'essere umano. Se vogliamo uscire dalla soglia della teologia, divenendo partecipi della sensibilità di tante persone in ricerca, potremmo forse applicare a lui un asserto della Critica della ragion pratica di Kant: "L'etica non è esattamente la dottrina che ci insegna come essere felici, ma ci insegna come possiamo fare per renderci degni della felicità"» (dalla Postfazione di Gianfranco Ravasi).
Leggendo i testi martiriali di Agostino si rimane colpiti dal culto e dalla venerazione dei martiri nella Chiesa antica e in particolare nordafricana. Nel nostro tempo, segnato dal riemergere dei totalitarismi e da un numero impressionante di martiri uccisi in odio alla fede, troviamo quasi sconcertante la loro eroica testimonianza di carità evangelica ed esemplare la fecondità delle loro vite per la Chiesa. In questo libro Antonio Bonato prende in esame i Sermoni e i testi ricavati da altre opere di sant'Agostino sui martiri. Sullo sfondo della concezione agostiniana, l'autore passa in rassegna alcune figure centrali nei primi secoli di vita della Chiesa: in relazione ai modelli di fede e di carità evangelica, il protomartire Stefano e san Lorenzo diacono; in relazione all'aspetto più propriamente ecclesiale, gli apostoli Pietro e Paolo, le sante Perpetua e Felicita e il vescovo Cipriano. Attraverso Agostino, il volume di Bonato ci restituisce così uno spaccato di sconvolgente attualità: la Chiesa, nata dalla croce di Cristo, si nutre del coraggio e della fedeltà ai valori evangelici di questi testimoni della fede.
Con questa pubblicazione portiamo a termine il progetto di offrire ad un ampio pubblico una doppia introduzione alle fonti su Francesco di Assisi: prima i suoi scritti, operazione effettuata nel volume precedente, numero 16 della collana, e adesso le agiografie antiche. Anche in questo caso l'approccio utilizzato dai cinque specialisti può essere qualificato di "alta divulgazione" per offrire chiavi semplici ma efficaci nell'introdurre il lettore nell'ampio e complesso materiale narrativo prodotto nel XIII secolo sulla figura del Santo assisiano.
Il presente volume raccoglie i contributi del Corso di aggiornamento per gli Insegnanti della Religione Cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado, promosso dall'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi, e dedicato al tema Democrazia e teocrazia nei testi sacri e nelle tradizioni dell'Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo (Assisi, ottobre 2019). Al di là della lunga storia dei due concetti i contributi offerti cercano di mostrare l'attualità delle tematiche e i numerosi risvolti che hanno nell'ambito del contesto storico attuale.
Il libro colloca Fratelli tutti nella scia della dichiarazione di Abu Dhabi. Smontare le ragioni del conflitto con il terrorismo e l'Islamic State, evitando la strumentalizzazione della religione a fini politico-militari, significa ripartire dal principio di distinzione o laicità e dal valore della libertà. Due dinamiche implicite nel concetto di fratellanza, che non possono articolarsi in un dialogo fruttuoso, in particolare nel variegato mondo islamico contemporaneo, se si rimane soltanto sul piano della discussione teorica e su quello dei principi. Servono testimoni, e il Papa e il Grande Imam lo sono.
È ancora necessario soffermarsi sulle vicende straordinarie del fratello universale Charles de Foucauld, avventuriero, monaco ed eremita, forse oggi più di ieri. E di farlo con una preziosa bussola, l'enciclica di papa Francesco Fratelli tutti, cuore pulsante di un progetto che - mettendo a fuoco il complesso reticolo dei rapporti fra cristiani e musulmani - può fungere da cartina di tornasole di una Chiesa autenticamente, e coraggiosamente, in uscita. In entrambi i casi, per de Foucauld e Bergoglio, il solo metro di paragone, il Modello Unico (come lo chiamava il primo) è - e non può essere altrimenti - Gesù di Nazaret.
A fronte dell'assenza della dimensione regale del Popolo di Dio nelle pubblicazioni teologiche postconciliari, l'autore si è interrogato se il concilio presenti unicamente in termini funzionali la regalità, oppure, se e in che termini, essa possa esser rintracciata come dimensione del soggetto ecclesiale riscoperto dal Vaticano II quale Popolo di Dio. I risultati raggiunti in questa ricerca mostrano quanto ancora poco è stato fatto per porre al centro dell'ecclesiologia e della prassi ecclesiale l'esistenza cristiana, categoria attraverso la quale LG presenta la regalità. Uno sviluppo coerente della teologia del "Popolo di Dio" in prospettiva regale, infatti, implica una configurazione della sintassi ecclesiale propria dello "stile sinodale". Solo in esso il Popolo di Dio potrà essere restituito ad una soggettualità regale, nella quale la centralità riconosciuta alla vita teologale sosterrà anche quella sacerdotale e quella profetica.
«All'origine delle cure palliative, che si sono sviluppate in Italia a partire dagli anni '80 del secolo scorso [...], sta la consapevolezza della necessità di una vera rivoluzione culturale in ambito sanitario. Il consistente prolungamento dell'età media di vita, con un forte incremento della popolazione anziana [...], ha notevolmente accresciuto il numero di malati terminali, spingendo all'assunzione di opposti (e scorretti) comportamenti, quello dell'accanimento terapeutico o quello dell'abbandono. Il superamento di questo grave e pericoloso dilemma va rintracciato nell'adesione a una tipologia di cura che non si propone di guarire sottoponendo il paziente a interventi invasivi e del tutto inutili [...] ma si rapporta in misura proporzionata alla sua situazione, prestando attenzione alla peculiarità e alla globalità del suo vissuto personale e ricuperando a tutti i livelli la dimensione relazionale, nonché sostenendo sul piano psicologico, morale e spirituale la sua persona. È evidente - e Mirabella lo mette bene in luce - che tutto ciò suppone [...] un concetto di salute non riducibile alla semplice terapia fisica e la restituzione di significato alla sofferenza e alla morte, facendole uscire dallo stato di rimozione ed evitando di assumere nei loro confronti comportamenti ispirati o a una accettazione passiva o alla presunzione di poterle radicalmente sconfiggere» (dalla Prefazione di Giannino Piana).
Il nuovo protagonismo delle fedi apre lo scenario a un'epoca postsecolare dove le religioni entrano nel dibattito democratico, spronando le istanze culturali e politiche a un reciproco apprendimento in forza del bene comune. In questo nuovo orizzonte si sono modificate categorie e paradigmi di interpretazione del reale con cui il cristianesimo deve fare i conti per elaborare nuove modalità narrative e immaginative, perché il Vangelo possa avere ancora rilevanza in uno spazio condiviso con altre visioni della vita. La stessa teologia è di nuovo sfidata a riconfigurarsi e a riposizionarsi nello spazio-mondo, il che oggi vuol dire una diversa presenza della fede cristiana "tra i popoli". L'apertura alla dimensione pubblica la sollecita a un'ermeneutica in cui questa istanza non è solo ambito di interesse, ma stile interpretativo che investe il senso delle sue categorie. La riflessione teologica è chiamata ad affinare i suoi strumenti linguistici, ad aprire canali comunicativi altri, più legati agli snodi esistenziali delle persone, per incrociare in modo adeguato le loro domande e poter accompagnare la loro ricerca di Dio. Occorre allora sperimentare nuove alleanze interpretative con la mistica, la letteratura e le arti per restituire una rinnovata vitalità all'annuncio del Vangelo.
l cristianesimo diventa e diventerà sempre più globale e sempre meno eurocentrico. La crescita del cristianesimo al di fuori dell'Occidente denota spostamenti di baricentro non solo geografici ma anche teologici. Questo metterà in crisi il tipo di globalizzazione e diffusione cristiana ed ecclesiale, segnate fortemente dalla razionalità occidentale moderna, percepita spesso come discriminante e giudicante, come un logos che non facilita il dia-logos, come "straniera" ed "estranea". In tale contesto di accentuata mondialità e pluralità, quali sono le nuove inculturazioni possibili per attestare la portata universale della verità cristiana? Dove si radica l'universalità del vangelo, dal momento che non esiste un vangelo astratto, ma sempre mediato culturalmente? Quali sono le vie per realizzare una effettiva "cattolicità" della Chiesa, ovvero la sua attuazione nei diversi luoghi culturali del mondo, il suo carattere realmente e visibilmente universale?
È la disciplina dell'antropologia, in particolare con Durkheim, Rappaport e Csordas, a guidare l'intuizione sulla centralità svolta dal rito nella dinamica di esodo dei fedeli dal credo cattolico a quello pentecostale. Se la vera risposta a cui si è giunti è la capacità del rito pentecostale di mediare il Sacro ai fedeli, è dall'adeguamento del rito latino-romano che il mondo cattolico può ripartire, per contenere il rischio di rendere inaccessibile alla comprensione dei devoti il mistero che il rito stesso significa e per manifestare l'essenza stessa della liturgia in quanto azione teandrica.
Nonostante molteplici studi sull'attività dell'Apostolo Paolo, tuttora ci sfuggono le più profonde motivazioni del suo agire. L'intento di questo volume è quello di recuperare la giustificazione cristologica della sua condotta controversa e mostrare come l'itinerario dell'espropriazione volontaria presentata da Paolo in 1Cor 9,19-23 (1Cor 9) non sia un optional bensì un cammino senza il quale non ci può essere un'autentica vita cristiana.