Anziché privilegiare un più classico approccio storico, in questo commentario Mark A. Throntveit affronta una lettura teologica di "Esdra e Neemia" e ne enfatizza il carattere di racconto. "Esdra e Neemia" si rivolge a una comunità che, dopo i terribili eventi del 587 a.C. - la fine della monarchia davidica, la distruzione del Tempio di Gerusalemme e l'esilio a Babilonia -, vede riaccesa la speranza che le antiche promesse fatte ad Abramo e Davide possano ancora realizzarsi. Raccontando l'impegno di Zorobabele, "Esdra e Neemia" per la ricostruzione del Tempio e delle mura di Gerusalemme, il testo biblico afferma così con forza che la comunità post-esilica è in stretta continuità con gli antenati pre-esilici.
Per Richard D. Nelson la parziale storicità dei Libri dei Re - confermata da alcune scoperte archeologiche - è oggi assai meno interessante dei suoi aspetti letterari.
Spesso in chiave religiosa, con Dio come protagonista, la narrazione delle vicende del popolo ebraico di I e II Re - dalla morte di Davide alla distruzione di Gerusalemme e alla deportazione a Babilonia - è infatti assai lontana da una moderna concezione della storia e della storiogafia.
Invitando a leggere i due libri biblici come un esempio di letteratura teologica, Nelson considera così gli avvenimenti raccontati in termini di trama drammatica funzionale all'annuncio della Parola di Dio.
Per il lettore contemporaneo, il significato del testo viene quindi alla luce proprio nella diretta interazione - letterariamente efficace - fra il testo e la sua singolarità.
Spesso evitato dai cristiani per la rappresentazione di un Dio iroso e vendicativo che punisce con terribili sventure il suo popolo per essersi allontanato da lui, "Giudici" è tuttavia per J. Clinton McCann il più attuale dei testi veterotestamentari. Affrontando tensioni e conflitti tra gruppi rivali, dispute per la terra e il territorio, abusi sui bambini, molestie contro le donne, brama di potere, disordine morale e caos sociale, Giudici sembra infatti descrivere il mondo di oggi quanto quello di Israele antico. Ma per McCann l'importanza del libro va oltre: mentre sperimenta la punizione divina per le proprie colpe, Israele - e noi con lui - conosciamo infatti anche un Dio misericordioso, che ammonisce, giudica e insieme concede speranza e grazia.
In questo commentario Katharine Doob Sakenfeld presta particolare attenzione alle interpretazioni meno comuni della storia di Ruth e ne propone una lettura sociologica oltre che teologica. Attenta al senso del testo e a un metodo di indagine basato sull'interculturalità, Doob Sakenfeld guida i lettori attraverso pagine bibliche culminanti in una visione di speranza espressa attraverso la narrazione di una vicenda umana che si dispiega sullo sfondo dell'intervento di Dio. Nel libro di Ruth, Dio agisce in modo nascosto e misterioso affinché tutto sia trasformato e opera attraverso le azioni quotidiane di quanti cercano di esprimere la loro fede in un interagire corretto e leale con quanti hanno vicini, dando concretezza al vero significato della comunità umana.
Christopher Seitz affronta la prima parte del libro di Isaia con particolare attenzione alla prospettiva teologica in un tempo di decadenza etico-religiosa e di drammatiche vicende politiche. Paul D. Hanson esamina invece il testo dei cosiddetti Secondo e Terzo Isaia, fornendo preziose intuizioni sulla crisi della comunità ebraica nella difficile seconda metà del VI secolo.
Che cosa accade quando un uomo e una donna - una coppia - entrano nel giardino del Cantico dei Cantici e, ascoltando la voce dei due giovani amanti, osano dialogare con loro e tra loro? Lidia Maggi e Angelo Reginato provano a percorrere in queste pagine la strada di una lettura dialogata del testo biblico intrecciando - in sintonia col Cantico - le loro due voci e il loro amore con quello delle Scritture.
Gianni Marmorini analizza la figura di Isacco – figlio lungamente desiderato e atteso da Sara e Abramo, secondo patriarca di Israele che, tuttavia, nella Bibbia non ha mai il ruolo di protagonista e appare privo di personalità propria, incongruenza che chiede di essere interrogata – caratterizzandolo come il figlio non perfetto, disabile, che porta alla luce la questione cruciale dell’accettazione del limite e dell’imperfezione.
«La presentazione di Isacco come un “neurodiverso”, figlio autistico di un padre ormai vecchio, non è una novità assoluta, ma non sono molti gli studi che tentano di renderla credibile con un’appassionata ricerca letteraria. Gianni Marmorini ha così ricercato nel testo biblico alcuni indizi che farebbero pensare alla “diversità” di Isacco. Certo, mille indizi non costituiscono una prova, ma importa poi così tanto risalire alla sicurezza storiografica degli eventi, quando si avverte che una cosa può essere profondamente vera, anche quando non si ha la certezza assoluta dell’evidenza? Isacco sono io, sei tu, siamo tutti noi, perché Isacco è una metafora del limite e del suo al di là, che assomma in sé sofferenza, paradosso e accoglienza».
Massimo Grilli
La distruzione di Gerusalemme nel 586 a.C., che portò all'esilio in Babilonia dei maggiorenti, cambiò anche, drammaticamente, la vita di quanti rimasero in Palestina. Per F.W. Dobbs-Allsopp, la straordinaria voce della comunità palestinese che emerge con forza nei cinque poemi lirici del libro delle Lamentazioni rende incisiva testimonianza delle atrocità dell'assedio e della caduta di Gerusalemme nonché della durezza della vita sotto il dominio straniero, espressioni del castigo divino. Tuttavia, dietro la sofferenza, traspare una decisa volontà di vivere, di affrontare il dolore e comprendere le vicissitudini per raccogliere le risorse necessarie a sopportarli e trasfigurarli, fino alla supplica a Dio di ricordarsi del suo popolo, nella speranza della sua misericordia e del domani.
Ambiguo e contraddittorio almeno quanto scettico e disperato, Qohelet sembra scoraggiare ogni tentativo di commento, a maggior ragione tradizionale, soprattutto se volto alla ricerca di una precisa coerenza interna che ne difenda l'autorevolezza testuale. Il carattere provocatorio di questo libro biblico così spesso incompreso e svalutato nonché la sua saggezza non di rado iconoclasta sembrano piuttosto invitare allo scontro critico e all' opposizione, nel tentativo di arginarne gli elementi più problematici. Per William P. Brown, tuttavia, un commento fedele all'essenza di "Qohelet" deve porsi lungo una sottile linea di dialogo tra una spiegazione del testo che non debba necessariamente difenderlo e una critica che non lo rifiuti in toto, lasciando che esso diventi fonte di interrogativi che stimolano la riflessione esistenziale e teologica.
Leo G. Perdue esamina "il libro dei Proverbi" all'interno della tradizione sapienziale non biblica delle civiltà dell'antico Vicino Oriente, che influenzarono direttamente e indirettamente Israele. La letteratura sapienziale biblica e quella non biblica presentano infatti forme letterarie, contesti storico-sociali e tematiche assai simili e di carattere universale, quali il senso della creazione, l'importanza dell'integrità morale, il valore dell'operosità. Raccolta di detti, poemi e princìpi guida che esortano i lettori alla ricerca di ideali elevati - conoscenza, pietà, disciplina, ordine -, "il libro dei Proverbi" fornisce indicazioni su come vivere in armonia con Dio, con gli altri e con se stessi.
Ezechiele: intuizioni illuminanti per la fede contemporanea
Redazione e struttura di una delle opere profetiche pi√π complesse
La presenza di Dio, la perdita di tale presenza e la promessa del suo ritorno
Il commentario di un autore della Queriniana dedicato al libro di un profeta che fornisce intuizioni illuminanti per la fede contemporanea: con Ezechiele condividiamo infatti la sfida di vivere la fede in un'epoca che ha rivelato l'inconsistenza di gran parte di ciò che consideriamo una realtà.