Dall'Italia postunitaria agli anni Duemila, Benevento definisce un percorso di rifondazione della città aprendosi alla campagna e al paesaggio. Il passaggio dalla dimensione conclusa a quella aperta della conformazione urbana si accompagna a diverse stagioni dell'architettura che seguono i cambiamenti della società italiana del Novecento. Questa città ha coniugato negli anni incisive trasformazioni, coltivando la cultura del Piano moderno attraverso un dibattito che ha interessato protagonisti assoluti della scena italiana: Piccinato, Samonà, Zevi.
La crisi della terra dei fuochi tocca l'acme nell'agosto 2013, con le interviste televisive del pentito Carmine Schiavone sui seppellimenti di rifiuti speciali nella Piana campana. A quel punto un'equazione ferrea scatta nel dibattito pubblico e nella mente di cittadini e consumatori, che mette insieme i rifiuti, l'inquinamento generalizzato dei suoli e dei prodotti agricoli, l'incidenza delle malattie tumorali. L'agricoltura della Campania sale sul banco degli imputati, un intero settore economico entra in crisi, il territorio si trasforma in un marchio d'infamia. Antonio di Gennaro di mestiere fa l'agronomo, per più di vent'anni ha studiato i suoli, i logoramenti del paesaggio, gli effetti dell'urbanizzazione sconsiderata. Di Gennaro ha raccontato le vicende della terra dei fuochi in una serie di articoli pubblicati dall'edizione napoletana di "Repubblica", che costituiscono un vero e proprio "diario pubblico" della crisi. La storia che ne esce è completamente diversa. Una lettura basata su fatti e dati scientifici, più che sulle emozioni. Dalla quale è possibile partire per immaginare rimedi, soluzioni, vie d'uscita percorribili.
Tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta il mondo dell'architettura sembra non poter fare a meno della nozione di megastruttura: ovunque si guardi fioccano immagini di architetture, ora mastodontiche ora futuribili, che hanno come unico denominatore comune quello di voler fare tabula rasa rispetto all'architettura fino ad allora prodotta. Tra i vari gruppi progettuali una pagina a sé spetta ad Archigram e Metabolism. Questo volume si è posto l'obiettivo di individuare i limiti della storiografia canonica e di fornire nuove possibili chiavi interpretative. Si ripercorre il cammino dell'utopia architettonica, partendo dal primo '900 e cioè dal macchinismo ludico-futurista di Sant'Elia alle prefigurazioni espressioniste e costruttiviste di Taut e Chernikov, passando per i "progenitori" dell'utopia megastrutturale attraverso le sperimentazioni dei maestri del Movimento Moderno quali Le Corbusier, sino ad arrivare alle utopie tecnologiche sostenute da Fuller e Wachsmann. Si è voluto anche aprire una finestra su ciò che in quegli anni accadeva in Italia, attraverso il lavoro dei gruppi radicali Archizoom e Superstudio, la cui singolare posizione critica, per alcuni versi nichilista, ha sancito insieme agli Expo di Montreal (1967) e di Osaka (1970) il tramonto dell'utopia megastrutturale, la cui eredità sarà soltanto in parte raccolta in alcune architetture contemporanee.
Ugo Sasso (1947-2009), pioniere della bioarchitettura in Italia, è direttore scientifico della rivista Bioarchitettura, presidente dell'Istituto Nazionale Bioarchitettura, condirettore del Laboratorio post laurea in Bioarchitettura presso la Facoltà di Ingegneria di Bologna. A lui si deve l'idea,di un Nuovo Umanesimo in architettura, caratterizzato non solo dalla preoccupazione per le risorse e la salute degli abitanti, ma anche da attenzione alla storia ed alla società. Tra i progetti più interessanti, il condominio ecologico di edilizia sociale a Bolzano, le "eco-case al mulino" di Asola, il Centro ambientale di Bolzano, il Centro WWF di Jesi, il complesso scolastico di Empoli.