Sono pochi i giorni in cui non facciamo, almeno implicitamente, uso del "noi" collettivo, che si stia parlando o semplicemente pensando. Ma che cosa ci legittima a usare questo "noi"? Margaret Gilbert pone qui la questione del fondamento del noi collettivo, cruciale per ogni ontologia sociale, a partire da un originale approccio esistenziale: "Non si può sperare di avere una comprensione adeguata della condizione umana senza rispondere a questa domanda". Elaborando i concetti di "impegno congiunto" e di "soggetto plurale", l'autrice affronta alcuni problemi decisivi del noi collettivo protagonista delle nostre vite quotidiane. Esistono valori collettivi, i valori di un soggetto plurale, di un noi collettivo? E che ne è della libertà dei singoli individui nella condivisione dei valori di un soggetto plurale? Se diciamo che noi siamo moralmente responsabili per qualcosa, che cosa dice questo di me e di te, singoli individui appartenenti a quel collettivo? Qual è la relazione tra l'impegno congiunto costitutivo del noi collettivo e il fenomeno della fusione degli io nell'amore? Che cosa distingue un mero aggregato di singoli esseri umani da un'unità sociale? Nel caso della comunità europea, siamo in presenza della costituzione di un nuovo noi, di un nuovo popolo con le caratteristiche di europei?
Come suscitare ancora interesse per la storia, accusata di riportare tutto all'Europa e al suo passato? Le narrazioni nazionali del passato non ci dicono molto in merito alle radici del nostro mondo globalizzato. Lo stesso vale per le produzioni dell'industria dell'intrattenimento: dai videogiochi a sfondo storico alle serie televisive "in costume", il passato riciclato propone raramente chiavi interpretative per comprendere il presente. Serge Gruzinski difende nel volume le ragioni di una storia capace di far dialogare criticamente passato e presente e il cui sguardo sia in grado di decentrarsi. Una storia globale, che ci invita a riconsiderare da nuovi punti di vista una tappa fondamentale per l'umanità: il Rinascimento. Con la conquista degli oceani, attraverso la scoperta di altri mondi, l'Europa prende coscienza di se stessa, gli orizzonti si ampliano, le idee cominciano a circolare, mentre iniziano ad articolarsi le prime reti commerciali mondiali. La storia di questo cambiamento illumina, attraverso numerose esperienze concrete, il presente multiforme in cui viviamo.
La prima guerra mondiale obbliga gli scienziati italiani a scelte combattute. Neutralismo o interventismo? Difendere l'internazionalismo scientifico che parla di pace o raggiungere il fronte per combattere il militarismo prussiano? Il matematico Vito Volterra non ha dubbi e si arruola volontario (a 55 anni!), mentre Tullio Levi-Civita, anche lui matematico, tiene ben salda la bandiera del pacifismo. Ma nel libro troviamo anche la storia dei fisici e di Guglielmo Marconi, premio Nobel nel 1909, e quella dei chimici, in gran parte ostili al conflitto ma pronti a partecipare con impegno allo sforzo bellico del Paese. La scienza serve per vincere le guerre. Quella del '14-18 vede fra l'altro la tragica novità delle armi chimiche, il battesimo militare per aerei e dirigibili, l'invenzione del sonar per la guerra dei sommergibili. La scienza serve anche per costruire la pace, un progetto che i sopravvissuti al bagno di sangue della prima guerra mondiale portano avanti con grande determinazione e tensione etica.