L'autore ha voluto dedicarsi allo stretto rapporto esistente fra la pittura napoletana del XVII e XVIII secolo e le figure presepiali del '700 e viceversa: all'influenza che taluni personaggi, animali, accessori del presepe hanno avuto su correnti di pittura nei secoli successivi. In questo volume la natura morta, composizione "a tutto tondo" realizzata in cera, in terracotta, in legno e in altri materiali, anche preziosi, comunemente definita "finimento" o accessorio, per la prima volta assurge al ruolo di protagonista. Un cestino di frutta, un fascio di ortaggi oppure un insieme di più elementi non è altro che la versione "plastificata" di quelle nature morte di cui furono maestri: Luca Forte, Giovanbattista Ruoppolo, Giuseppe Recco, Baldassarre De Caro e altri valenti pittori del '600 e '700 napoletano e non, un genere di pittura di cui il Caravaggio nel secolo XVI fu considerato il precursore. Numerose sono le illustrazioni presenti in questo lavoro provenienti da collezioni private che evidenziano l'affinità fra le opere dipinte e quelle "a tutto tondo" e in scala, che rappresentano quella miriade di accessori che caratterizzano il presepe napoletano. Gherardo Noce Benigni Olivieri affronta queste tematiche grazie a una conoscenza del Presepe a 360 gradi, da collezionista, da studioso ma anche da mercante d'arte.
L'autore ha voluto dedicarsi allo stretto rapporto esistente fra la pittura napoletana del XVII e XVIII secolo e le figure presepiali del '700 e viceversa: all'influenza che taluni personaggi, animali, accessori del presepe hanno avuto su correnti di pittura nei secoli successivi. In questo volume la natura morta, composizione "a tutto tondo" realizzata in cera, in terracotta, in legno e in altri materiali, anche preziosi, comunemente definita "finimento" o accessorio, per la prima volta assurge al ruolo di protagonista. Un cestino di frutta, un fascio di ortaggi oppure un insieme di più elementi non è altro che la versione "plastificata" di quelle nature morte di cui furono maestri: Luca Forte, Giovanbattista Ruoppolo, Giuseppe Recco, Baldassarre De Caro e altri valenti pittori del '600 e '700 napoletano e non, un genere di pittura di cui il Caravaggio nel secolo XVI fu considerato il precursore. Numerose sono le illustrazioni presenti in questo lavoro provenienti da collezioni private che evidenziano l'affinità fra le opere dipinte e quelle "a tutto tondo" e in scala, che rappresentano quella miriade di accessori che caratterizzano il presepe napoletano. Gherardo Noce Benigni Olivieri affronta queste tematiche grazie a una conoscenza del Presepe a 360 gradi, da collezionista, da studioso ma anche da mercante d'arte.
Si può passeggiare nel verde imparando anche a saperci guardare intorno . Detto così si potrebbe pensare ad una introduzione alla botanica . Invece , e ci piace sottolinearne l’eccezionalità, la collana “I giardini storici di Roma “ curata dalla Sopraintendenza Comunale di Roma , chiede al lettore molto più che una partecipata attenzione a piante e cespugli : senza niente togliere all’approfondimento naturalistico , le guide invitano a ripercorrere gli aspetti più o meno conosciuti, gli itinerari storici, l’intreccio imprescindibile tra architettura e paesaggio del verde romano che non ha eguale al mondo per compresenza di valori storici e ambientali. Villa Torlonia è una delle ultime ville romane ad essere stata acquistata a uso pubblico . Pur nelle limitate dimensioni, essa ha un’ altissima concentrazione di manufatti artistici non che è uno dei parchi più interessanti della città di quella tipologia detta all’inglese poco comune in Italia.
Si può passeggiare nel verde imparando anche a saperci guardare intorno . Detto così si potrebbe pensare ad una introduzione alla botanica . Invece , e ci piace sottolinearne l’eccezionalità, la collana “I giardini storici di Roma “ curata dalla Sopraintendenza Comunale di Roma , chiede al lettore molto più che una partecipata attenzione a piante e cespugli : senza niente togliere all’approfondimento naturalistico , le guide invitano a ripercorrere gli aspetti più o meno conosciuti, gli itinerari storici, l’intreccio imprescindibile tra architettura e paesaggio del verde romano che non ha eguale al mondo per compresenza di valori storici e ambientalI. Si inizia la passeggiata del Pincio , pensato da sempre come uno spazio verde per il pubblico , ritrovo mondano ma anche di semplice svago e simbolo delle glorie patrie grazie alla progressiva collocazione di ben 229 busti di illustri italiani.
Villa Ada Savoia, una delle più estese tra le ville storiche romane con i suoi 150 ettari, è nota soprattutto per essere stata commissionata dal primo re d'Italia, Vittorio Emanuele II e per essere stata per decenni residenza della famiglia Savoia.
Per complesse vicende giuridiche ed ereditarie la Villa, dopo l'avvento della Repubblica è stata divisa in due parti, una proprietà pubblica e quindi aperta e fruibile da tutti, l'altra rimasta proprietà degli eredi Savoia e che solo di recente, nel 1994, è stata acquisita dal Comune di Roma.
Il complesso cosi riunificato è stato oggetto negli anni scorsi di un complicato ed impegnativo recupero per renderlo fruibile, ma molti interventi sono ancora in corso o di prossimo avvio.
Nonostante l'aspetto naturale e un po' selvaggio, dovuto in parte a decenni di abbandono, la Villa contiene numerose memorie storiche in edifici particolari o in sistemazioni a giardino spesso frutto di ingegnose invenzioni. Alcuni edifici sono rimasti proprietà privata e quindi inaccessibili, come la Palazzina reale, sede dell'Ambasciata della Repubblica Araba d'Egitto, o il Villino Pallavicini, testimonianza della storia della Villa antecedente la committenza Savoia.
Nella guida si è voluto dar conto anche di queste realtà, ricostruendo la storia di tutto il complesso, sia degli edifici sia del parco.
Si è inteso così offrire ai numerosi fruitori del parco uno strumento per apprezzare tutte le valenze della Villa, contribuendo alla conoscenza e quindi al rispetto dei luoghi.
Le fotografie dal film "Fratello Sole Sorella Luna" di Franco Zeffirelli, illustrano il cammino di Francesco quando fa rinascere il cristianesimo in una Europa ricca e potente ma sul punto di dimenticarlo. Accanto alla ricchezza c'era oppressione e miseria e si diffondeva ovunque una sfiducia nella bontà della creazione, un'ombra di cupo pessimismo. Francesco, dopo un'esperienza terribile, ha un'illuminazione e annuncia la gioia, la gloria, la bellezza, la perfezione del creato, fa sentire che l'amore di Dio pervade ogni cosa e, di contro la tronfia orgogliosa inutile avidità degli uomini. Si ribella alla schiavitù imposta ai servi e ai miseri, li libera, poi se ne va da Assisi senza nulla, nudo, per costruire la sua chiesa e il suo movimento fino a chiedere al Papa di riconoscerlo; lo ottiene perché la sua innocenza, la sua sincerità, le sue parole fanno breccia nel cuore di Innocenzo III, il più potente papa del secolo. Gli recita il brano di Matteo, dei gigli di campi e il grande Papa, commosso, lo abbraccia.
Il volume relativo alla città di Roma fa seguito a quello sul Lazio; entrambi sono frutto della ricerca specifica coordinata dalle Università di Roma Tor Vergata e di Roma Tre all’interno della più generale ricerca sui santuari cristiani d’Italia. Pur nella rispettiva autonomia, è opportuno considerare i due volumi nella loro complementarità e nelle loro interferenze, di cui i saggi introduttivi danno ampiamente conto.
Il presente volume, in sintonia con una definizione ampia di santuario, fondata essenzialmente su tre elementi, oggetto di culto considerato miracoloso (reliquia o immagine), devozione che si manifesta in forme spontanee, pellegrinaggio in occasione di una festività peculiare rispetto al normale calendario liturgico, comprende 460 voci, relative a luoghi, in cui si potessero ravvisare, nel passato o nel presente, questi elementi: dai santuari tardoantichi, nati dalla venerazione alle tombe degli apostoli e dei martiri, seguendone le vicende fino alle trasformazioni dal medioevo all’età contemporanea, a quelli legati a devozioni promosse dai nuovi ordini religiosi che si sono nei secoli insediati nella città dei pontefici, e ancora i santuari mariani, e infine quelli nati dopo che Roma è diventata capitale d’Italia, per esigenze di promozione religiose o di vera e propria ricristianizzazione.
Ogni santuario è così presentato nella sua identità storica (l’oggetto di culto e la nascita del monumento), artistica (le espressioni architettoniche, pittoriche, o scultoree, che hanno abbellito lo spazio sacro), demo-antropologica (i riti passati e presenti di cui lo spazio sacro è teatro). Un ampio apparato di immagini impreziosisce il volume e rende visibilmente la ricchezza del patrimonio santuariale.
Come la "Vulgata" di San Girolamo - che non fu solo una traslitterazione testuale, ma un'ampia esegesi e commento del tradotto - questo libro non si limita esclusivamente a trattare la vicenda artistica del pittore Caravaggio, ma interviene filosoficamente su due grandi questioni storiografiche. La prima è l'analisi del metodo e delle finalità della "storia dell'arte" argomento sul quale l'autore si intrattiene nei prolegomeni; la seconda è lo studio del rapporto tra la cultura gesuita-iberica e il patrimonio controriformato post-tridentino. In tale secondo tema, che costituisce il fulcro dell'intero volume, l'autore analizza il mondo dei diversi ordini religiosi (gesuiti, carmelitani scalzi, domenicani, oratoriani) in relazione a tematiche quali penitenza, estasi e ratto, mettendo poi questi aspetti in connessione con i quadri di quel periodo. Se ne evince un Caravaggio che sceglie la "via secca", intellettuale, interiore, intima; vive la riforma cattolica transitando da un paganesimo estetizzante ad un misticismo corporeo - strettamente legato con la più solida tomistica - che aprirà la strada a Zurbaran, Bernini e Velàzquez. Ma le incongruenze sono insite proprio in questo processo: tradurre e tradire la Bellezza per giungere al Sacro. La crisi morale ed epistemologica che tanto condizionò il Caravaggio e la società di quel tempo, appare, agli occhi del lettore, estremamente attuale, foriera di una necessaria nuova "Vulgata".
Questo volume speciale, dal titolo "Scultura lignea. Per una storia dei sistemi costruttivi e decorativi dal Medioevo al XIX secolo (Atti, del convegno di Serra San Quirico e Pergola, 13-15 dicembre 2007)", raccoglie una serie di studi e ricerche promosse dalla Società Italiana di Storia delle Arti del Legno, in larga parte provenienti da approfondimenti e rielaborazioni di relazioni presentate dai vari autori ad un convegno tenutosi nel dicembre del 2007, oltre ad un contributo pervenuto separatamente ma congruente come argomento. L'obbiettivo principale di queste indagini è la validazione del contributo degli aspetti tecnici e materiali nella ricostruzione storica della produzione delle statue lignee e nella loro interpretazione formale, grazie alla contestualizzazione delle conoscenze emerse dalla diagnostica, dal restauro e dalle ricerche storiche e documentarie.
A cent'anni dalla nascita l'attenzione verso la poesia di Caproni non accenna a spegnersi. Sono pochi i poeti del Novecento a poter vantare un simile interesse ed è grazie agli studi sulle sue carte che oggi è ancora possibile esplorare territori fin qui sottovalutati o negati dalla critica. Uno di questi è il controverso e mai scontato rapporto con la città di Roma, "la città del disamore", come suona il titolo di questa mostra. Perché un titolo così problematico e inusitato per rappresentare una scelta di vita che, con il passare del tempo, si è rivelata per Caproni ineluttabile e fatale? Esiste una Roma dei grandi scrittori 'romani d'origine' che è quella di Moravia e della Morante: ed esiste una Roma altrettanto indiscutibile che ha attratto a sé molti giovani talenti destinati a diventare grandi narratori e grandi poeti. È anche questa la Roma che ha concepito il Novecento letterario: quella dei 'romani d'adozione'. Tra loro c'erano Bassani, Bertolucci, Betocchi, Gadda, Gatto, Pasolini, Penna. E tra loro c'era Caproni. La Roma di Giorgio Caproni "non è una città, è un mondo", una meta segreta tutta da esplorare: è qui che il poeta ha scritto la maggior parte delle sue opere in prosa e in versi ed è qui che ha stretto le amicizie più forti. Intrecciando i preziosi materiali cartacei conservati nel Fondo della Biblioteca privata di Giorgio Caproni con le poesie e le prose dell'autore, questo catalogo è un omaggio di Roma Capitale al poeta che l'ha abitata.