A ridosso dell'impenetrabile confine tra Gorizia e la neonata Nova Gorica, domenica 13 agosto 1950, accade un evento straordinario. A migliaia, i goriziani rimasti in Jugoslavia dopo il 17 settembre 1947 superano il confine per tornare ad abbracciare amici, parenti e fidanzate, incuranti dei fucili dei soldati jugoslavi, i "graniciari", ferrei controllori della frontiera tra l'Occidente democratico e la repubblica di Tito, avamposto dell'Est europeo. Durante la loro permanenza a Gorizia, questi suoi ex cittadini si disperdono nei caffè, nelle osterie e nei negozi, rimasti aperti nell'imminenza del Ferragosto. È una giornata di festa interminabile, vissuta all'insegna dell'eccesso e degli acquisti. Gli empori vengono letteralmente vuotati perché al di là della frontiera, in una Nova Gorica ancora in fase di costruzione e nei paesi limitrofi, c'è poco o nulla da comprare. Nemmeno una semplice scopa di saggina, l'articolo che più di tutti verrà acquistato fino a divenire il simbolo di quel memorabile giorno. In questo libro lo sguardo partecipe di Roberto Covaz si posa con leggerezza su una molteplicità di personaggi e vicende, ora curiose ora amare, che compongono un racconto-mosaico in grado di condurci all'essenza dell'idea di confine.
A ridosso dell'impenetrabile confine tra Gorizia e la neonata Nova Gorica, domenica 13 agosto 1950, accade un evento straordinario. A migliaia, i goriziani rimasti in Jugoslavia dopo il 17 settembre 1947 superano il confine per tornare ad abbracciare amici, parenti e fidanzate, incuranti dei fucili dei soldati jugoslavi, i graniciari, ferrei controllori della frontiera tra l'Occidente democratico e la repubblica di Tito, avamposto dell'Est europeo. Durante la loro permanenza a Gorizia, gli jugoslavi si disperdono nei caffè cittadini, nelle osterie e nei negozi, rimasti aperti nell'imminenza del Ferragosto. È una giornata di festa interminabile, vissuta all'insegna dell'eccesso e degli acquisti. Gli empori vengono letteralmente vuotati perché al di là della frontiera, in una Nova Gorica ancora in fase di costruzione e nei paesi limitrofi, c'è poco o nulla da comprare. Nemmeno una semplice scopa di saggina, l'articolo che più di tutti verrà acquistato fino a divenire il simbolo di quel memorabile giorno a Gorizia. In questo libro lo sguardo partecipe di Roberto Covaz si posa con leggerezza su una molteplicità di personaggi e vicende, ora curiose ora amare, che compongono un racconto-mosaico in grado di condurci all'essenza dell'idea di confine.
Sono ancora gli anni dell'Austria felix quando, intorno al 1870, ha inizio la saga degli Jost, una famiglia che, ricca di aspirazioni, dal Tirolo scende a Gorizia, paradigma di vivace modernità, di fermenti economici e culturali, città di progetti e opportunità: nella "Nizza austriaca" gli Jost creeranno, in breve tempo, un piccolo impero alberghiero. Nei sessant'anni abbracciati dal racconto, le vicende della famiglia si sviluppano parallele ai grandi eventi che trasformeranno questo angolo d'Europa fino agli anni del fascismo. I traumi del passaggio epocale segneranno la vita degli Jost: il piccolo impero frutto delle loro aspirazioni si sgretolerà, i rapporti familiari e affettivi si deterioreranno, il muro dell'incomunicabilità si ergerà tra le due generazioni ma anche tra sposi e fratelli, l'eros gioioso, giocoso, talora "peccaminoso" che tanta parte ha nella loro educazione sentimentale, si trasfigurerà gradualmente nell'altra sua faccia, thanatos.
Questo volume offre al lettore un quadro dell'ultimo capitolo della Finis Austriae visto dall'interno. L'autore, infatti, traccia la storia della Prima guerra mondiale su un fronte finora del tutto trascurato: quello del Basso Isonzo e del Golfo di Trieste, cui fa da sfondo il Carso. Viene ricostruita, secondo l'ottica particolare consentita dall'analisi di documenti conservati in Austria, la lunga serie delle battaglie combattute sull'Isonzo a partire dai primi scontri nella località di Porto Buso fino all'allentamento della pressione militare su questo fronte seguito alla 12ª battaglia sull'Isonzo, passando per le battaglie per il controllo di Monfalcone e i combattimenti sul Monte San Michele. Jung si occupa quindi del successivo spostamento delle operazioni belliche a Grado e della fase finale della presenza austroungarica nella città di Trieste. La seconda parte del libro prende in esame alcuni aspetti del conflitto di particolare interesse storico: l'attività degli idrovolanti, la guerra delle mine nel golfo di Trieste, le azioni della flottiglia lagunare. Arricchiscono il volume un centinaio di foto provenienti dal Kriegsarchiv di Vienna.
Alcune settimane dopo il disastro delle Termopili e qualche duro anche se inconcludente scontro in mare, con Atene ora in mani barbare, i greci posero drammaticamente fine all'invasione persiana. Spinsero la superiore flotta nemica a combattere nello stretto di Salamina e, grazie a una tattica geniale e a un forte spirito combattivo, ottennero una vittoria schiacciante, cacciando gli avversari dall'Egeo occidentale e permettendo all'alleanza ellenica di mettere insieme forze sufficienti a distruggere, l'anno seguente, il grande esercito d'occupazione. La fioritura della cultura e delle istituzioni greche nel V secolo e la loro eredità futura erano assicurate. William Shepherd ricrea una delle più importanti campagne navali della storia mondiale, utilizzando fonti storiche e le scoperte della ricerca archeologica, tecnologica e navale.
La storia della campagna di Maratona è un evento epico del mondo antico. Quando i greci ionici si ribellarono contro i dominatori persiani nel 499 a.C. le città di Atene ed Eretria andarono in loro soccorso. Il re persiano Dario giurò vendetta e nel 490 a.C. una flotta di 600 navi cariche di soldati venne inviata a punire gli ateniesi. Questo libro spiega in dettaglio come i greci si scontrarono con i persiani a Maratona e li misero in rotta costringendoli a rifugiarsi sulle navi. L'effetto morale di questa vittoria fu enorme: per la prima volta un esercito greco aveva sconfitto i persiani e dimostrato la superiorità della tattica degli opliti.
Nel 48 a.C. il palcoscenico era pronto per lo scontro finale dei due titani del mondo romano. Le probabilità erano a favore di Pompeo, grazie alla superiorità numerica del suo esercito. Con i pronostici contro di lui, il genio militare di Cesare fu messo duramente alla prova. In una brillante esibizione di abilità nel comando, quest'ultimo sbaragliò l'esercito avversario, più numeroso, che si ritirò inseguito da quello di Cesare sino a quando alla fine si arrese.
Il territorio isontino ha posseduto da sempre un carattere di frontiera e zona di scambi, sito di grande valenza strategica. È un carattere che gli deriva dalla stessa conformazione geografica: qui le Prealpi Giulie incontrano la pianura, con i rilievi pietrosi del Carso da un lato, le morbide colline del Collio dall'altro, e l'Isonzo, che nasce dalle Alpi Giulie, accoglie il Vipacco, che proviene da Oriente. E tale carattere testimonia la sua storia, piena di invasioni e di guerre, ma distinta anche, nonostante l'esplodere dei nazionalismi, con il loro tragico seguito, da una lunga tradizione di mescolanza e convivenza, come sottolinea Sergio Romano nella sua prefazione.