La storia narrata con mosse leggere si svolge nella cittadina marchigiana di Acquaviva Picena nel 1234. Prende avvio da un fatto storico, documenta sulla vita quotidiana, grande dimenticata dei libri di storia e ancor più di teologia, restituendo vicende di streghe e reliquie, lebbrosi e viaggi oltremare, trovatori e feste, preghiere e mode, ma anche di miseria sociale, ingiustizie e prepotenze. Il romanzo, intrecciando i cammini di vita e di fede di donne molto diverse tra loro (come Benedetta, la sarta e guardarobiera, cioè la lingère) e di alcuni uomini solidali, racconta dunque l’orizzonte audace che rimane parabola della ricerca delle donne di ogni tempo. Conserva per questo appositamente anche nel titolo francese e nella immagine anacronistica di copertina l’esperienza migrante della autrice, la forma bilingue della traduttrice, la condizione contemporanea della vicenda mistica.
Il saggio introduttivo di Adriana Valerio si sofferma in maniera specifica sulle vicende storiche che hanno visto la presenza significativa delle beghine, donne colte e autorevoli, e non certo acide bigotte così come una distorta memoria ce le ha purtroppo consegnate.
Il libro rende omaggio a queste quattro donne, che dedicarono le loro vite a centinaia di poveri, malati e abbandonati, facendo tutto ciò che era in loro potere per alleviarne le sofferenze e portare loro un aiuto disinteressato. Dimostra che l'essere umano, non importa tra quali difficoltà, è capace di fare il bene. Accompagnando le eccezionali eroine del racconto nella loro difficile ma bellissima scelta di vita, abbiamo l'opportunità di riflettere su cosa sia realmente valido e prezioso durante la nostra permanenza in questo mondo. L'autore, apprezzato teologo ed esperto di spiritualità, illustrando i dilemmi interiori delle eroine conduce il lettore nei recessi dell'anima umana. Insegna la difficile arte della conoscenza di sé e di prendere decisioni «là dove nasce la vita».