Nato dall’esperienza didattica, il libro propone una prima parte sull’urgenza e la problematicità di un trattato sui fondamenti di morale sociale. Segue la presentazione degli umanesimi e progetti etico-sociali che tendono ad egemonizzare la cultura odierna, e del progetto compatibile con la visione cristiana della persona umana e della società.
La ricerca intrapresa scaturisce da un originario interesse per le grandi tematiche della bioetica, con particolare attenzione al tema della sofferenza, inquadrato in quello ben più ampio e complesso del patire umano. L’intento fondamentale dello studio è stato effettuare una ricognizione in primis antropologica e poi etica sulle forme del patire e sull’esperienza della passività, traendo frutto dall’approccio del sapere fenomenologico, non tralasciando però l’orizzonte di un agire attivo nella speranza.
L’indagine sull’esperienza umana della sofferenza è stata, quindi, condotta attraverso diversi livelli di comprensione del dolore: il contesto culturale odierno, caratterizzato dal forte incremento del sapere scientifico, con le discussioni bioetiche più recenti; il sapere filosofico, alla luce della fenomenologia di Max Scheler; infine il sapere teologico, colto a partire dall’esperienza cristiana del dolore, nella sua relazione al senso del patire e del morire di Gesù Cristo.
E se Dio, immischiandosi nell'umana avventura, avesse traslocato dal cielo all'inferno? E se per incontrarlo non fosse più necessario guardare in alto, ma dentro la parte più sporca e indecente di noi? E se il peccato non fosse ciò che condanna la creatura ad un'irrimediabile lontananza da Dio, ma piuttosto l'unico "luogo" per vivere l'incontro con Lui? Sfogliando il Vangelo, una domanda: e se fosse proprio così?