A differenza di quanto accade oggi, i Bizantini guardavano alla produzione artistica e architettonica non solo dal punto di vista estetico. Per i potenti come per la gente comune, l'arte era parte integrante della vita politica e andava osservata con gli occhi della fede. Le icone e i mosaici celesti offrivano un senso di serena contiguità alla vita dei santi, della Vergine e degli imperatori divinizzati agendo da monito e memoria, mentre gli spazi ecclesiastici garantivano un'esperienza mistica delimitando il potere terreno per innalzare quello dei Cieli. Neslihan Asutay-Effenberger e Arne Effenberger esplorano i linguaggi visuali di un'arte che, al pari di quella «occidentale», affonda le sue radici nell'Antichità romana. Il lettore scoprirà quanto l'arte bizantina abbia influito su quella europea (e in particolare sui mondi slavi), reagendo agli eventi politici e agli sconvolgimenti religiosi e culturali, e creando nel corso dei suoi oltre mille anni una varietà straordinaria di opere. Un volume illustrato che offre una panoramica completa e criticamente aggiornata di quella che per moltissimi anni fu la cultura più importante del Medioevo.
Perché, verso la fine del Trecento, la Chiesa accolse in affreschi e miniature i temi macabri? Svolgono argomenti che in sé non hanno nulla di cristiano, dato che al fedele dovrebbe interessare la sorte dell'anima e non quella del corpo. La spiegazione offerta in "Senza misericordia" collega tale novità, sorprendentemente, alla nascita, all'incirca verso l'inizio del Duecento, del purgatorio. A Clusone, sulla facciata dell'Oratorio dei Disciplini, si dispiega una vera e propria antologia di temi macabri, rara per la sua completezza e di immediata comunicazione visiva: l'"Incontro dei tre vivi e dei tre morti", il "Trionfo della Morte", la "Danza macabra", dipinti nel 1485 da Giacomo Busca. Il libro, partendo da una nuova campagna fotografica dei coloratissimi affreschi, individua sia personaggi fino ad oggi rimasti senza nome, sia personaggi la cui esatta tipizzazione era sfuggita. Senza misericordia gli scheletri che, ben aggiornati, adoperano anche la polvere da sparo, senza misericordia i chiusi e laboriosi componenti della società che si rappresenta nel dipinto: assenti le donne, non c'è posto per i vecchi, per i poveri, per i malati, per i bambini. Il nome del pittore dello straordinario manifesto è finalmente individuato in modo più sicuro, ricostruito con serrati confronti nella sua personalità artistica. Infine una sorridente e puntuale ricerca documenta la fortuna degli affreschi, con le incomprensioni e i fraintendimenti dei primi «scopritori» ottocenteschi. Chiara Frugoni e Simone Facchinetti si sono divisi le pagine secondo le differenti competenze, augurandosi che i lettori vogliano accogliere la loro visita guidata, ricca di sorprese.
Di tutte le tipologie di arte medievale, i manoscritti miniati sono probabilmente una delle meno accessibili al grande pubblico. Conservati perlopiù all'interno di biblioteche, questi volumi sono stati esibiti nel corso degli ultimi secoli in sale di lettura per specialisti e in sporadiche mostre ed esposizioni temporanee. Soltanto di recente le versioni digitalizzate sul web hanno ampliato in modo significativo l'accesso a queste opere. Eppure, di fatto, la pittura medievale di maggiore qualità artistica sopravvive nei libri più che in qualsiasi altro mezzo espressivo. Attraverso le illustrazioni del volume si viene trasportati in un viaggio di mille anni, concentrato soprattutto nel periodo medievale, ma capace di restituire la costanza nella produzione di manoscritti miniati della Bibbia in alcune tradizioni fino all'alba dell'era moderna. Dal punto di vista geografico si attraverseranno molti dei più importanti centri del mondo cristiano. Partendo da Costantinopoli, a Oriente, il viaggio si sposta a Lindisfarne al nord, nella Aquisgrana imperiale, fino a Canterbury, poi nella Tours carolingia. Proseguendo, vedremo alcune delle ricchezze di Winchester, della Spagna, di Gerusalemme, della valle della Mosa, dell'Iraq settentrionale, di Parigi, Londra, Bologna, Napoli, della Bulgaria, dei Paesi Bassi, di Roma e della Persia. Un viaggio che termina a Gondar, la capitale dell'Etiopia imperiale.
Perché per un cinquantennio le pareti della Basilica superiore rimasero bianche nonostante Francesco riposasse, in quella inferiore, dal 1230? Occorreva lodare il fondatore ma nello stesso tempo raccordare i suoi ideali di povertà assoluta agli stridenti cambiamenti avvenuti nel frattempo: i frati rifiutavano ormai il lavoro manuale, studiavano e volevano essere mantenuti dai fedeli. Secondo l'autrice, gli affreschi, legati l'uno all'altro, dipendono da un unico e coerente programma; fu realizzato però in tempi diversi, da Cimabue in poi, fino al ciclo dedicato al santo, dipinto sotto Nicola IV (1288-92), il primo papa francescano, ciclo che si basa sulla "Legenda maior" di Bonaventura. Ma un'altra sua opera è da tenere presente: le "Collationes in Hexaëmeron", Accettando in modo prudente ma deciso le previsioni di Gioacchino da Fiore e dello pseudo-Gioachino, si attua il raccordo fra posizioni inconciliabili. Francesco ha anticipato, come un prototipo, l'Ordine perfetto dei contemplativi che si concretizzerà solo in futuro, Ordine che non è ancora quello di Bonaventura. I suoi frati, preparandosi attraverso lo studio e la dotta predicazione, concorrono perciò attivamente a realizzare il progetto divino. In un volume illustrato, Chiara Frugoni, studiosa di Francesco e di iconologia francescana, offre un'inedita chiave interpretativa dell'intera Basilica superiore.
Viktor Lazarev ha consegnato alla storia dell'arte un'opera di riferimento sulla pittura bizantina, contribuendo sostanzialmente a definirne un quadro complessivo e coerente. Il termine "bizantino", applicato talvolta come etichetta alle opere di altri contesti, era stato spesso sminuito e alterato nel suo valore storico-artistico. Lazarev ha cercato di restituire all'arte di Bisanzio e delle province bizantine i loro caratteri essenziali, ricostruendo le fasi del loro sviluppo: dai monumenti del VI secolo alla dissoluzione di un impero e di una cultura sopravvissuti alle ragioni che ne avevano reso possibile la nascita. L'opera non è la semplice traduzione dell'originale russo apparso nel 1947-1948: essa venne radicalmente riveduta e ampliata dall'autore in vista della prima edizione einaudiana apparsa nel 1967, divenendo cosi uno dei punti di riferimento classici per la storia dell'arte e della bizantinistica. Per queste ragioni, dopo la seconda edizione nel 1981 (BSA), l'opera viene ora riproposta.