Nel giugno 1219 Francesco d'Assisi parte per nave alla volta dell'Oriente e si lancia in un'impresa temeraria: raggiungere Damietta assediata dai crociati e incontrare il Sultano d'Egitto. Che cosa si sono detti il giullare di Dio e il sovrano saraceno nel pieno di una guerra sanguinosa? Il capitolo piú avventuroso e rivelatore della vita del santo come non è mai stato raccontato.
Francesco d’Assisi ha trentasette anni quando si imbarca ad Ancona per la Terra Santa. Insieme al fidato frate Illuminato lascia temporaneamente un Ordine già turbato dai primi contrasti e ancora privo di una Regola approvata dal papa. Malgrado le malattie che lo affliggono, è deciso ad affrontare ogni difficoltà pur di incontrare il Sultano d’Egitto, che a Damietta deve sostenere l’assedio di un poderoso esercito crociato. Vuole convertirlo? Intende offrire un esempio di proselitismo ai suoi frati? O cerca il martirio? L’uomo che vuole riportare il Cristianesimo alla spiritualità delle origini e ama definirsi «unus novellus pazzus», torna dopo un anno profondamente mutato. Ha vissuto gli orrori della guerra, ma anche il fascino di una spiritualità che ha molti punti di contatto con la sua e lo aiuta a trovare le parole del Cantico delle creature. In una comunità cresciuta troppo in fretta, deve affrontare conflitti, delusioni, infermità sempre piú crudeli. Ma perché quarant’anni dopo Bonaventura da Bagnoregio, incaricato di scrivere la sua unica biografia autorizzata, racconta una verità diversa, in cui Francesco avrebbe sfidato il Sultano alla prova del fuoco? Un «falso d’autore» accuratamente architettato che verrà autenticato dagli affreschi della Basilica superiore di Assisi, attribuiti a Giotto, e finirà per occultare un modello di dialogo tra l’Europa cristiana e l’Oriente mussulmano. Ernesto Ferrero ricostruisce una vicenda tumultuosa inserendola nel quadro di un’epoca in cui si muovono papi e imperatori, vescovi e cardinali, frati e soldati, mercanti e pellegrini, cronisti e pittori, tutti agitati da ambizioni, visioni, sogni piú grandi di loro. Ognuno è portatore della diversa immagine del santo che nella radicalità delle sue sfide continua a sottrarsi a ogni definizione. Con il passo di un romanzo d’avventura e la precisione di una biografia, Francesco e il Sultano trasforma il tessuto di racconti favolosi che chiamiamo Storia in una vicenda che continua a riguardarci da vicino.
Due ragazzi benestanti, colti, imbevuti di letture - soprattutto lui - di nobili cavalieri e amori cortesi. Ma quando un giorno questi due giovani, destinati a ereditare gli onori del loro stato sociale, volsero lo sguardo sulle cose degli uomini, videro un mondo che tradiva il messaggio del Vangelo e lo rifiutarono. Decisero, in momenti diversi, di spogliarsi delle loro ricchezze e, nudi, di abbracciare una nuova vita per gli ultimi. Quelle di Chiara e Francesco furono due esistenze che si intrecciarono strettamente pur percorrendo, ciascuno dei due santi, cammini differenti. Lo scopriamo direttamente dalle loro voci, dai loro scritti, a cui Chiara Frugoni dedica in questo libro uno spazio del tutto nuovo. Facendo parlare direttamente i protagonisti, la Frugoni fa del lettore un compagno di strada di Chiara e Francesco, permettendogli di accostarsi al loro generoso progetto e alle resistenze, ai tradimenti, ai compromessi con cui i due dovettero fare i conti per rendere reale la loro utopia. Del resto è una storia, quella di Chiara e Francesco, che col passare dei secoli nulla ha perso della sua travolgente novità. Al contrario, è come se il tempo trascorso non smettesse di sottolinearne la radicale modernità: il rapporto con i poveri, e quindi col denaro e il potere; il ruolo non subalterno della donna; la funzione dei laici nell'istituzione religiosa; l'importanza del lavoro manuale in servizio del prossimo e come garanzia di libertà; la relazione con fedi diverse.
Perché per un cinquantennio le pareti della Basilica superiore rimasero bianche nonostante Francesco riposasse, in quella inferiore, dal 1230? Occorreva lodare il fondatore ma nello stesso tempo raccordare i suoi ideali di povertà assoluta agli stridenti cambiamenti avvenuti nel frattempo: i frati rifiutavano ormai il lavoro manuale, studiavano e volevano essere mantenuti dai fedeli. Secondo l'autrice, gli affreschi, legati l'uno all'altro, dipendono da un unico e coerente programma; fu realizzato però in tempi diversi, da Cimabue in poi, fino al ciclo dedicato al santo, dipinto sotto Nicola IV (1288-92), il primo papa francescano, ciclo che si basa sulla "Legenda maior" di Bonaventura. Ma un'altra sua opera è da tenere presente: le "Collationes in Hexaëmeron", Accettando in modo prudente ma deciso le previsioni di Gioacchino da Fiore e dello pseudo-Gioachino, si attua il raccordo fra posizioni inconciliabili. Francesco ha anticipato, come un prototipo, l'Ordine perfetto dei contemplativi che si concretizzerà solo in futuro, Ordine che non è ancora quello di Bonaventura. I suoi frati, preparandosi attraverso lo studio e la dotta predicazione, concorrono perciò attivamente a realizzare il progetto divino. In un volume illustrato, Chiara Frugoni, studiosa di Francesco e di iconologia francescana, offre un'inedita chiave interpretativa dell'intera Basilica superiore.
Allestito con le scenografie dipinte dallo stesso Dario Fo ormai quindici anni fa e tornato a calcare le scene in una nuova forma al Teatro Duse di Bologna nel febbraio del 2014, "Lu santo jullàre Franzesco" prende spunto da leggende popolari, testi canonici del Trecento e documenti riscoperti negli ultimi tre secoli. A emergere è il lato umano del santo che amava definirsi "jullàre al servizio di Dio": la personalità multiforme, la capacità di comunicare l'idea di un Dio aperto al dialogo con l'uomo peccatore, il carisma e l'abilità istrionica che lo hanno reso universale patrimonio dell'umanità e non solo della Chiesa. In questa riscrittura Fo dedica l'incipit del testo a papa Francesco, a un possibile cambiamento di rotta della Chiesa (più un auspicio che una scommessa a tutti gli effetti) e alla decisione di Bergoglio di chiamarsi, appunto, Francesco. Un nome che nessun papa aveva osato scegliere prima, per un santo che il potere ecclesiastico aveva a lungo cercato di "addomesticare", riuscendoci solo dopo la sua morte con l'imposizione di una biografia autorizzata e l'eliminazione di qualsiasi riferimento al Francesco sovversivo della prima cronaca.
In questa "Vita" risaltano le ambizioni e la vivissima intelligenza di San Francesco, le debolezze e i difetti del carattere, ma anche le superstizioni radicate che egli aveva in comune con gli uomini del suo tempo. In questo modo l'autrice ha cercato di percepire il significato della santità di Francesco e della sua dissonante diversità rispetto al contesto storico nel quale si trovò ad agire. Con una prefazione di Jacques Le Goff.
Due ragazzi benestanti, colti, imbevuti di letture - soprattutto lui - di nobili cavalieri e amori cortesi. Ma quando un giorno questi due giovani, destinati a ereditare gli onori del loro stato sociale, volsero lo sguardo sulle cose degli uomini, videro un mondo che tradiva il messaggio del Vangelo e lo rifiutarono. Decisero, in momenti diversi, di spogliarsi delle loro ricchezze e, nudi, di abbracciare una nuova vita per gli ultimi. Quelle di Chiara e Francesco furono due esistenze che si intrecciarono strettamente pur percorrendo, ciascuno dei due santi, cammini differenti. Lo scopriamo direttamente dalle loro voci, dai loro scritti, a cui Chiara Frugoni dedica in questo libro uno spazio del tutto nuovo. Facendo parlare direttamente i protagonisti, la Frugoni fa del lettore un compagno di strada di Chiara e Francesco, permettendogli di accostarsi al loro generoso progetto e alle resistenze, ai tradimenti, ai compromessi con cui i due dovettero fare i conti per rendere reale la loro utopia. Del resto è una storia, quella di Chiara e Francesco, che col passare dei secoli nulla ha perso della sua travolgente novità. Al contrario, è come se il tempo trascorso non smettesse di sottolinearne la radicale modernità: il rapporto con i poveri, e quindi col denaro e il potere; il ruolo non subalterno della donna; la funzione dei laici nell'istituzione religiosa; l'importanza del lavoro manuale in servizio del prossimo e come garanzia di libertà; la relazione con fedi diverse.
Francesco fu il primo santo ad avere le stimmate. Tuttavia non spese mai una parola su queste ferite, che invece frate Elia, potente Vicario dell'Oriente, aveva constatato sul suo cadavere. Si trattò di un ritrovamento vero o di un'audace invenzione? Certo Gregorio IX non vi credette, e nella bolla di canonizzazione non ne fece parola, anche se più tardi mutò opinione; una versione ancora differente fu quella di frate Leone, l'amico più caro del santo. Incertezze e discordanze che si rispecchiano nelle tre biografie ufficiali, commissionate a Tommaso da Celano, sul quale influiscono le tensioni e i mutamenti dell'Ordine, diviso tra la fedeltà al Francesco delle origini e l'adattamento a una regola meno rigida che il travolgente successo del fondatore imponeva.
Originariamente simbolo di un modo di intendere la religione diverso e innovatore rispetto alle tradizioni ecclesiastiche, la figura di Francesco è stata in seguito oggetto di continue e sistematiche revisione volte a censurarne gli aspetti più rivoluzionari. Il suo percorso biografico appariva infatti come simbolo di molte di quelle istanze centrifughe, quanto non decisamente sospinte su posizione eretiche, contrastate dalla Chiesa, incapace di riassorbirle. D'altra parte, il credito e la popolarità raggiunte dal santo, tenaci anche dopo la sua morte, rendevano difficili e poco opportuno ogni tentativo di gettare discredito alla sua figura. Di qui la necessità di organizzare una campagna capillare di informazione, affidata a biografie «controllate» appositamente commissionate e distribuite nei conventi con stupefacente efficacia e sistematicità. Infine, la biografia ufficiale di san Bonaventura, per riportare la luce, impose un nuovo Francesco, facendo di lui la figura dolce e un po' stucchevole che oggi siamo abituati a conoscere.
Di pari passo furono distrutte tutte le biografie precedenti, anche quelle non ufficiali, recuperate in parte e fortunosamente, a volte in un unico esemplare, solo nel secolo scorso. Così, per secoli, Francesco fu il Francesco di Bonaventura.
Sfuggono al controllo le immagini, che pure avrebbero dovuto subire la stessa censura. Attraverso di esse è quindi possibile recuperare una diversa interpretazione dell'episodio delle stimmate. Un episodio - con rivoluzionaria versione di Giotto - che è l'avvenimento più famoso a conclusione della vita di Francesco. Non meno controversa è l'interpretazione della predica agli uccelli, di cui si offre qui una nuova e suggestiva lettura.
Incrociando quindi fonti scritte e iconografiche l'autrice riesce, con grande agio narrativo, a fornire non solo un'inedita lettura della vita del santo, ma anche a recuperare un singolarissimo momento di storia religiosa, culturale e artistica.
Il libro illustra il ciclo dedicato a san Francesco, spiegandone il significato ed i particolari scena per scena, come se accanto al visitatore ci fosse una guida che parla e chiarisce. Il linguaggio è semplice e piano, ma il racconto è anche aggiornato alle tante novità emerse negli studi più recenti. Il ciclo, dipinto sotto il pontificato di Nicola IV (1288-1292), il primo papa francescano, esalta San Francesco ma anche le virtù dei compagni nel seguire le orme di Cristo. Infatti l’Ordine, quando decise di fare dipingere le storie con la vita e i miracoli di san Francesco, poteva già contare nelle proprie file un altro grande santo: Antonio da Padova. A lui è affidato il compito di trasmettere il messaggio di san Francesco, adeguato ai mutamenti storici avvenuti nel frattempo.
Francesco d'Assisi è universalmente conosciuto come colui che amava la povertà e predicava agli uccelli e come il primo stimmatizzato della storia. A partire dal medioevo, innumerevoli agiografie e moltissime opere a lui sono state dedicate e, ai giorni nostri, la sua fama supera largamente le frontiere del cattolicesimo, poiché credenti di tutte le confessioni e numerosissimi non credenti si interessano a san Francesco e al francescanesimo, che ha segnato in profondità il cristianesimo occidentale. Malgrado la simpatia generale che circonda la sua figura, il «Povero d'Assisi» è conosciuto in modo superficiale e impreciso dal grande pubblico, in quanto la sua immagine è stata deformata da interpretazioni edificanti o fantasiose che ne hanno intorbidito e snaturato il messaggio.
Negli ultimi cinquant'anni le ricerche a lui consacrate, in Italia e nel mondo intero, hanno modificato in modo radicale la conoscenza e la comprensione della vicenda e della personalità del Poverello. Pertanto, è diventato urgente consacrargli un nuovo lavoro di sintesi sulla base delle ricerche piú solide. Non si dimentichi inoltre che oggi ci si riferisce spesso allo «spirito d'Assisi» e al contributo che esso può offrire a riportare la pace tra le diverse religioni (nel 1986 Giovanni Paolo II ha invitato nella città umbra i principali esponenti delle grandi religioni). Il presente volume cerca di spiegare, ponendosi dal punto di vista dello storico, perché Francesco d'Assisi continui a esercitare un'autentica fascinazione a distanza di otto secoli.
«La difficoltà che incontriamo nel cogliere la figura del Povero d'Assisi nella sua realtà storica dipende in larga misura dal fatto che la sua esperienza religiosa è stata presentata spesso come la riproduzione pura e semplice di quella di Gesú: lo indica il titolo di alter Christus (secondo Cristo) a lui attribuito da diversi autori a partire dalla fine del Duecento. [...] Sicuramente Francesco d'Assisi ha cercato di "seguire le orme" di Gesú di Nazareth, secondo quanto riusciva a scoprire nelle sacre Scritture (i Vangeli ma anche i Salmi!) e tra gli esseri umani incontrati; ma ha effettuato delle scelte fra le diverse immagini di quel Cristo che egli aveva collocato al centro della sua esistenza. In sintesi, diciamo che ha dato della vita del Cristo una interpretazione molto radicale, poiché egli era un laico la cui intelligenza non era ingombra da formulazioni dottrinali né da influenze delle correnti filosofiche e teologiche. Realizzando il vangelo alla luce della sua esperienza personale e della sua cultura cittadina e cavalleresca, Francesco ha scelto di seguire un Cristo povero e mendicante, sempre in cammino, che condivideva con i marginali la precarietà delle loro condizioni di vita [...]. Ma non ha cessato, dal secolo XIII, di esercitare un effettivo fascino sugli spiriti e costituisce ancora oggi una figura a cui gli individui e le società si rapportano in modo giovevole per trovarvi, secondo la parola evangelica, nova et vetera, verità antiche e idee nuove».
In questa "Vita" risaltano le ambizioni e la vivissima intelligenza di San Francesco, le debolezze e i difetti del carattere, ma anche le superstizioni radicate che egli aveva in comune con gli uomini del suo tempo. In questo modo l'autrice ha cercato di percepire il significato della santità di Francesco e della sua dissonante diversità rispetto al contesto storico nel quale si trovò ad agire. Con una prefazione di Jacques Le Goff.