«Aveva fabbricato tutte le finestre, le lanterne, le vetrate, i candelabri e le croci di tutte le chiese». Per questo, scrisse Tiziano Terzani, il missionario fratel Felice Tantardini era «conosciuto da tutti», in Birmania, come «fabbro di Dio». Quanto al nome Felice, egli stesso lo aveva assunto a ideale della sua vita: «Sforzarmi di essere felice, sempre e a ogni costo, intento a far felici anche gli altri». Pronto a spostarsi, a piedi, da una missione all'altra perché tutti lo volevano, in missione è rimasto settant'anni. Le sue memorie autobiografiche lo mostrano instancabile, tenace, fedele nel quotidiano, al servizio di chi aveva bisogno. Un santo, secondo la fama che tuttora lo accompagna e che spinge tanti a implorarne l'intercessione. Sempre armato di un «sorriso sereno», come di chi - disse il confratello padre Clemente Vismara, oggi beato - «è amico di Dio, amico degli uomini e nemico di nessuno».
C’è quello che ha «trovato» Cristo tra le fogne di Hong Kong e quella che, rapita in Sierra Leone, ha visto con i propri occhi atrocità inimmaginabili. C’è il domenicano che predica in ogni angolo del mondo e il poeta-teologo che dialoga con il premio Nobel anticlericale. C’è la suora che è stata al fianco di Madre Teresa di Calcutta e il prete che accompagnava Bergoglio nelle bidonville di Buenos Aires.
I missionari sono sempre persone affascinanti: il loro andare in terre lontane, immedesimandosi in culture diverse, affrontando rischi e rimanendo accanto a chi non ha nulla, li colloca, nell’immaginario collettivo, come le «truppe scelte» della chiesa.
In queste pagine alcuni e alcune di loro si svelano nella loro disarmante semplicità. Raccontano perché si sono consacrati interamente al vangelo, confessano dubbi e fatiche, ripercorrono gioie e sconfitte, manifestano lo stupore di vedere Dio all’opera, sempre e comunque.
Monica Mondo interloquisce in modo autentico con questi uomini e donne che hanno lasciato tutto per ricevere il centuplo quaggiù. Hanno affrontato guerre e trafficanti di uomini, hanno toccato il dolore innocente e l’incredulità delle società benestanti, non si sono arresi di fronte ai muri o al terrorismo.
Le loro parole ci insegnano che la fede cristiana è un’indomabile fonte di speranza che abbraccia ogni condizione umana.
Una raccolta di dialoghi "immaginari" ma anche molto reali tra l'autore e 33 testimoni per raccontare le loro esistenze dedicate a Dio e al prossimo, leggendo nella loro testimonianza l'urgenza dell'annuncio cristiano per l'oggi. Si va da San Paolo a Charles de Foucauld, da Martino di Porres a Edith Stein, da Cirillo e Metodio fino a mons. Romero.
Il martire della porta accanto. Lo si può definire così Daniele Badiali, missionario in Perù con l'Operazione Mato Grosso, una realtà giovanile dedita alla solidarietà con i poveri. Una figura splendida e drammatica, Daniele. Da giovane suonava le canzoni di Guccini e Bennato, da prete usava l'amata chitarra per animare le messe sulle Ande, dove arriva nel 1991. Nel 1997 viene assassinato in Perù, quando si offre volontario al posto di un'amica durante un rapimento. Daniele - di cui è in corso la causa di beatificazione - è un uomo moderno, la cui vicenda ha entusiasmato molte persone per la sua dedizione totale agli ultimi, non per pietismo bensì secondo una solidarietà autentica: «Vivere in mezzo ai poveri vuol dire scoprire che il vero povero sono io, che io ho bisogno di essere aiutato, salvato più di loro». Mentre annunciava il Vangelo, padre Badiali cercava in maniera incessante Dio. Un amore appassionato per Dio e i poveri: Gerolamo Fazzini, che ha incontrato amici e parenti di Daniele in Perù e in Italia, ricostruisce su questi due binari l'avventura di padre Badiali. Un credente autentico, dalla fede inquieta e mai appagata.