A dieci anni dall'inizio di una crisi che non è mai davvero finita, è arrivato il momento di ammettere che gli ingranaggi del capitalismo sono difettosi. Certo, l'economia non si è affatto fermata. Ma alla sua crescita corrisponde una concentrazione sempre più pronunciata della ricchezza nelle mani di pochi. La povertà aumenta in tutti i paesi del mondo, la disoccupazione emargina i giovani e la produzione industriale fuori controllo distrugge l'ambiente. Tuttavia, secondo Muhammad Yunus, un nuovo modello economico esiste già e costituisce la risposta all'economia dell'interesse personale e della diseguaglianza. Da quando Yunus ha cominciato ad articolare l'idea di una nuova forma di capitalismo con lo strumento del microcredito e l'esperienza della Grameen Bank, migliaia di organizzazioni non profit in giro per il mondo l'hanno adottata. E hanno introdotto l'energia in milioni di case bengalesi, hanno trasformato migliaia di giovani disoccupati in imprenditori, hanno finanziato imprese gestite da donne negli Stati Uniti, e hanno portato mobilità, protezione e molti altri servizi nelle zone più povere della Francia. Yunus dimostra che eliminare le diseguaglianze create da un capitalismo sfrenato con le risorse della vita di tutti i giorni è possibile. La strategia è semplice. Si tratta di riconoscere l'inganno del capitalismo classico, secondo il quale la natura umana è egoista e orientata anzitutto all'interesse personale, e di prendere parte a un nuovo sistema economico fondato su una visione più realistica, che riconosca nell'altruismo e nella generosità forze altrettanto fondamentali e potenti.
Che cosa sono i manager? Una casta di privilegiati, irresponsabili, strapagati, che sacrificano la loro vita per il lavoro e alla fine del mese aprono estratto conto e busta paga e fanno di conto? Quali competenze hanno? Sanno tutto di sistemi informativi, ma poco di comunicazione umana. Si sono specializzati in tutto senza capire più l'uomo. Come recuperare nelle aziende rapporti che siano innanzitutto umani prima che efficaci? Serve un vocabolario nuovo. Servono responsabilità, rispetto, coscienza e orientamento al futuro. Le aziende non sono soggetti economici con una responsabilità sociale, ma soggetti sociali con una responsabilità economica. Servono visioni, molto coraggio e il tempo per realizzarle.
Alcune delle nostre decisioni sono così folli se guardate in retrospettiva che difficilmente possiamo credere di averle mai prese davvero. Eppure sì, l'abbiamo fatto... I dubbi tormentano: scegliere "di pancia" o "di testa"? Delegare o controllare? Cambiare lavoro o restare? E se le opzioni sono troppe? Jochen Mai ci guida attraverso i risultati più recenti della psicologia cognitiva, dell'economia comportamentale e degli studi sul cervello, per svelarci i meccanismi nascosti che si attivano ogni qual volta prendiamo una decisione. Offre inoltre consigli pratici, presenta diverse tecniche decisionali, fornisce esempi concreti per affrontare le nostre prossime decisioni più consapevolmente. Identificando gli errori di ragionamento più classici in cui cadiamo e i dilemmi in cui ci ritroviamo incastrati di volta in volta, Jochen Mai ci dice come migliorare le nostre capacità decisionali, rendendoci più autonomi, meno influenzabili e più soddisfatti. Cosa influenza le nostre decisioni? Come arriviamo a maturarle? Perché oggi decidiamo una cosa e domani qualcosa di completamente diverso? Cosa distingue gli uomini dalle donne in fatto di decisioni? Cosa guida le nostre scelte in famiglia e con il partner? E al lavoro? E al supermercato? Una sola decisione buona o cattiva può cambiare il corso della nostra vita per sempre. Questa guida completa alla scienza della decisione ci insegnerà a valutare, ponderare, prendere una direzione anziché un'altra, e ci farà aprire gli occhi sulle trappole lungo il percorso che porta a una scelta, senza dovercene così pentire subito dopo.
Come funziona la circolazione del capitale? Quali sono le regole della sua accumulazione? Ma soprattutto, è vero che l'economia di mercato favorisce un aumento del nostro benessere? Secondo David Harvey, "le analisi di Marx sono ancora più pertinenti oggi di quanto non fossero all'epoca in cui scriveva. Quello che ai suoi tempi era un sistema economico dominante solo in un piccolo angolo del mondo ora si estende su tutta la terra". Harvey si mette sulle tracce del pensiero di Marx per ricostruire l'architettura del capitale e aggiornare all'evoluzione tecnologica e industriale degli ultimi centocinquant'anni le analisi del filosofo tedesco che ha cambiato definitivamente il modo di pensare l'economia, stravolgendo il destino di popoli e Paesi. E va alla ricerca di casi esemplari delle nuove forme di alienazione e di disuguaglianza, per provare che oggi la stessa logica del valore di scambio esplorata da Marx continua a seguire il proprio percorso, la propria "danza folle", senza alcuna considerazione per le esigenze reali delle persone. Dopo L'enigma del capitale e Diciassette contraddizioni e la fine del capitalismo, Harvey propone una nuova lettura del gigante del pensiero economico e del suo classico monumentale, "Il capitale", per rivelarne la straordinaria attualità rispetto alle teorie contemporanee, che con la crisi finanziaria del 2008 si sono rivelate insufficienti. Per mostrare a tutti, lettori più o meno esperti, che l'opera di Marx è il miglior manuale d'interpretazione non solo dell'economia contemporanea, ma anche del mondo in cui viviamo.
Sono passati più di dieci anni da quando l’Italia ha scoperto gli intrighi dei “furbetti del quartierino”, con le scalate bancarie che avevano già sconvolto il nostro sistema finanziario. Cosa lega quelle vicende agli scandali che oggi hanno fatto perdere 800 milioni di euro a migliaia di risparmiatori, riducendo sul lastrico alcune banche dell’Italia più ricca? Come è stato imbastito il grande imbroglio che, con la collaborazione di istituti finanziari di mezzo mondo, ha rischiato di affossare un pezzo importante del nostro paese?
“In Italia la reazione a catena partita da Siena e alimentata dalla crisi fa saltare una dopo l’altra le banche delle regioni ricche, quelle che foraggiavano i distretti industriali. Salta la Cassa di risparmio di Ferrara. Salta Banca Marche. Salta la Cassa di risparmio di Chieti. Salta la Banca popolare dell’Etruria. Salta la Popolare di Vicenza. Salta Veneto Banca. E il virus continua a camminare. La storia è comune. Ha a che fare con la modestia oggettiva di una classe dirigente scelta con criteri discutibili che si installa sul ponte di comando delle banche grazie a relazioni di potere. Quando non per meriti politici se non direttamente partitici, come avvenuto al Monte dei Paschi di Siena.”
E proprio la banca senese, che ha dato inizio al contagio, ha fatto anche virare lo scandalo in tragedia, con la morte misteriosa di David Rossi, il capo della comunicazione della banca, precipitato dalla finestra del suo ufficio.
In un’inchiesta capace di fare chiarezza una volta per tutte sui meccanismi malati e i rapporti di forza del sistema bancario, Sergio Rizzo racconta “una stagione terribile dove non è mancato proprio nulla. Neppure il sangue”. E compie un viaggio nella provincia profonda, da Siena a Vicenza ad Arezzo, alla ricerca dell’origine del veleno che sta inquinando il potere finanziario italiano.
“Il conflitto d’interessi è la regola, le consulenze inutili e i favori agli amici all’ordine del giorno, la trasparenza una fastidiosa incombenza da evitare.”
Un’inchiesta senza precedenti sulla miscela esplosiva che ha distrutto i nostri risparmi.
“L’economia italiana è cresciuta poco negli ultimi vent’anni. Ha accelerato un po’ nel 2017, ma hanno accelerato anche tutti gli altri paesi. Se fosse una corsa ciclistica, sarebbe come rallegrarsi di andare più veloci senza accorgersi di avere iniziato un tratto in discesa. In realtà, anche in discesa il distacco dal gruppo sta aumentando.”
Perché l’economia italiana non riesce a recuperare? Secondo Carlo Cottarelli esistono alcuni ostacoli molto ingombranti. Sono i sette peccati capitali che bloccano il nostro paese: l’evasione fiscale, la corruzione, la troppa burocrazia, la lentezza della giustizia, il crollo demografico, il divario tra Nord e Sud, la difficoltà a convivere con l’euro.
Quali sono le cause di questi peccati? Davvero commettiamo più errori degli altri paesi? Ma, soprattutto, ci sono segnali di miglioramento e speranza per il futuro?
Dopo un’esperienza decennale da dirigente del Fondo monetario internazionale, Cottarelli torna in Italia e risponde a queste domande con un linguaggio semplice ma rigoroso. Dimostra che se i segnali positivi sono ancora parziali e moltissimo resta da fare, la precarietà che impedisce la nostra ripresa non è legata a un destino che siamo costretti a subire.
Un saggio necessario che guarda al futuro con realismo, ma anche con una consapevole fiducia. Correggere i nostri errori e smettere di peccare è ancora possibile.
Ecco perché nel nostro paese la crisi sembra non finire mai.
Sono decenni che gli italiani lo sanno: il debito pubblico è un problema spaventosamente grande, tanto che sembra troppo enorme per essere affrontato. Solo Carlo Cottarelli può riuscire a raccontare in termini chiari e trasparenti come stanno davvero le cose, spiegando i concetti fondamentali senza tecnicismi e utilizzando una miriade di esempi che nascono dalla sua esperienza di dirigente al Fondo monetario internazionale e di commissario per la Revisione della spesa. Dopo il successo conseguito con «La lista della spesa», Cottarelli torna quindi a illuminare i conti pubblici italiani, puntando l'attenzione sul debito: come si forma? Perché è così difficile ridurlo? Come mai è così importante per l'economia delle nazioni? Ci si può convivere, e in che modo? Cottarelli ha avuto esperienza diretta di molte crisi generate dal debito pubblico, come quella italiana che portò alla caduta dell'ultimo governo Berlusconi e quella greca degli ultimi anni, e può quindi illustrare rischi e opportunità delle varie, possibili soluzioni del problema: da quella più combattiva (non ti pago!) a quella più ortodossa (l'austerità), fino al cauto ottimismo di una possibile via di buon senso, fatta di credibilità, crescita e attenzione al lungo periodo.
La rivoluzione industriale ha dato luogo alla più rapida e ripida crescita (di popolazione, di reddito, di produttività) della storia. In due secoli ha cambiato il volto del pianeta e la vita degli uomini, portando ricchezza e nuove possibilità, ma anche sfruttamento, inquinamento, impoverimento e distruzione di molti stili di vita tradizionali. In questo libro, gli economisti del Mit Erik Brynjolfsson e McAfee sostengono che è arrivato il momento per una nuova rivoluzione, che questa volta non meccanizzerà il lavoro manuale, ma quello mentale. Mentre le macchine che si guidano da sole di google macinano migliaia di chilometri per le strade della California e in ogni tasca c'è quello che dieci anni fa sarebbe stato un supercomputer, si comincia a intravedere dove può portare la convergenza digitale di hardware sempre più veloci e meno costosi e software sempre più sofisticati e adattabili: a un mondo in cui, semplicemente, molti lavori di concetto non esisteranno più, perché saranno svolti dai computer; in cui avremo accesso a un'abbondanza mai vista prima di tecnologie che ci aiuteranno in ogni ambito della nostra vita; in cui molto del nostro modello economico, e modo di vivere, sarà antico, superato, distrutto. Lavorando a partire da decenni di ricerca originale, Brynjolfsson e McAfee mostrano come siamo ormai arrivati al punto di svolta, e soprattutto offrono molte idee per affrontare questo cambiamento epocale, senza rimanere schiacciati dalla sua velocità e ampiezza.
Non c'è stata alcuna "fine della storia", nessuna affermazione globale della democrazia liberale. Piuttosto, assistiamo a una grande regressione. Mentre lavoro, ricchezza e stabilità si assottigliano pericolosamente nelle società occidentali, la retorica della sicurezza prende il posto della rivendicazione dei diritti umani e civili e i principi di cooperazione transnazionale sono sostituiti da violenti appelli per il rafforzamento della sovranità degli stati, come "Make America Great Again!" e "Les Français d'abord!". I flussi migratori diretti verso i paesi dell'Unione europea aumentano giorno dopo giorno. La crisi economica, forse, non è mai finita. E improvvisamente ci troviamo di fronte alla necessità di misurarci con alcuni fenomeni che credevamo appartenere a un'epoca passata: l'ascesa di partiti nazionalisti come il Front National francese, l'imporsi di una demagogia come quella impersonata da Donald Trump, le tendenze autoritarie che attraversano l'Europa centrale e orientale, un'ondata di xenofobia e odio, la brutalizzazione del discorso pubblico, l'inversione protezionistica della Brexit. Di fronte a questi fenomeni dobbiamo prendere atto che tutti gli strumenti che consideravamo efficienti per affrontare le crisi si sono esauriti. È questa la denuncia di quindici grandi intellettuali da tutto il mondo, da Bauman a Zizek, da Arjun Appadurai a Paul Mason, che ragionano insieme per scoprire e analizzare le radici di questa involuzione, e cercano di inserirla nel suo contesto storico, di tracciare gli scenari possibili e di ideare le strategie per contrastare le tendenze inquietanti che stanno dando forma a un mondo nel quale non vogliamo vivere. Quindici voci diverse e autorevoli, riunite per la prima volta in un libro che fornisce le coordinate necessarie per orientarsi nel nostro tempo.
La gentilezza custodisce il segreto per instaurare relazioni solide, autentiche, di fiducia, che ci aiutano a conseguire i risultati desiderati in tutti gli ambiti della nostra esistenza privata e sociale. Non ha niente a che vedere con la manipolazione né con l'essere ben educati o manierosi. La gentilezza è un bene complesso e potentissimo, che appartiene a ciascuno di noi, ma che va riscoperto e praticato quotidianamente, perché porti i suoi frutti migliori.
Tutti i cittadini italiani sanno che è difficilissimo cambiare le cose in Italia, soprattutto quando si parla di spesa pubblica, impieghi statali, poltrone. Le giustificazioni di questo stato di cose sono infinite, le ragioni storiche spesso indagate, ma la realtà resta nascosta: come si prendano le decisioni nelle stanze del potere non è dato sapere. Roberto Perotti ha frequentato per oltre un anno quelle stanze. E quel che ha scoperto, nel merito e nel metodo, getta una luce del tutto nuova sulle ragioni per cui in Italia è così difficile cambiare le cose. Certo, le riforme non si fanno, o si fanno male, anche per il solito problema degli interessi di parte e dei veti incrociati. Ma secondo Perotti il motivo principale è molto spesso diverso: pigrizia intellettuale, mancanza di informazione sui problemi, formalismo giuridico senza molta preoccupazione per i risultati, disorganizzazione, disinteresse dei vertici per i dettagli, e la colpevole illusione che a piccole misure possano corrispondere grandi effetti salvifici. E poi la regola aurea della politica: mai toccare i privilegi esistenti. Dai costi della politica al Jobs Act, dalla Buona Scuola ai programmi per la lotta alla povertà, Perotti passa in rassegna i tentativi di cambiare le cose in Italia e, da economista quale è, analizza le cifre, si affida a studi quantitativi, sottrae le questioni al tiro incrociato delle polemiche politiche, mettendo sotto gli occhi dei lettori la realtà nuda e cruda.
Sono decenni che gli italiani lo sanno: il debito pubblico è un problema spaventosamente grande, tanto che sembra troppo enorme per essere affrontato. Solo Carlo Cottarelli può riuscire a raccontare in termini chiari e trasparenti come stanno davvero le cose, spiegando i concetti fondamentali senza tecnicismi e utilizzando una miriade di esempi che nascono dalla sua esperienza di dirigente al Fondo monetario internazionale e di commissario per la Revisione della spesa. Dopo il successo conseguito con "La lista della spesa", Cottarelli torna quindi a illuminare i conti pubblici italiani, puntando l'attenzione sul debito: come si forma? Perché è così difficile ridurlo? Come mai è così importante per l'economia delle nazioni? Ci si può convivere, e in che modo? Cottarelli ha avuto esperienza diretta di molte crisi generate dal debito pubblico, come quella italiana che portò alla caduta dell'ultimo governo Berlusconi e quella greca degli ultimi anni, e può quindi illustrare rischi e opportunità delle varie, possibili soluzioni del problema: da quella più combattiva (non ti pago!) a quella più ortodossa (l'austerità), fino al cauto ottimismo di una possibile via di buon senso, fatta di credibilità, crescita e attenzione al lungo periodo.