"Sono gli anni in cui dalle nostre parti, in Europa e in giro per il mondo, la sinistra conosce un inesorabile destino di perdita e dissipazione. Perdita di popolo e di consenso e dissipazione di culture che sono eredi, nel bene e nel male, di una grande storia che sembra ormai irrevocabilmente alle nostre spalle." Per la prima volta nella nostra storia repubblicana una politica populista e sovranista occupa il discorso pubblico e lavora per smantellare la prospettiva di civiltà e di arte della convivenza nella diversità. Secondo Salvatore Veca, c'è un compito difficile ma ineludibile al quale non possiamo sottrarci: "Ragionare insieme sulla prospettiva alternativa di una sinistra europea per il ventunesimo secolo". Rinunciare a questa sfida significa arrendersi a una classe politica disposta a cancellare il principio della pari dignità per tutti e l'impegno a rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona. Eppure, abbiamo ragioni fondamentali contro la trasformazione della democrazia in oligarchia, in dominio della maggioranza, in tirannia populistica. Abbiamo ragioni fondamentali contro la demonizzazione del disaccordo e del dissenso, che sono invece il succo della democrazia. Abbiamo ragioni fondamentali contro lo spettro che ritorna e si aggira, dalle nostre parti, di una società castale, caratterizzata da una crescente e intollerabile forbice delle disuguaglianze economiche e sociali. Questo libro ricorda alla sinistra ciò che ha perso: l'idea di sviluppo umano come libertà di chiunque, ovunque. E compie il gesto coraggioso di aprire un dibattito, per ragionare insieme e restituire al presente un futuro disegnato da una nuova visione politica.
La filosofia è un'attività naturale. Ci accompagna in ogni nostro gesto e decisione. Se esistesse un contapassi filosofico, ci direbbe che c'è filosofia anche nella scelta di uno spazzolino da denti, di un cibo o di una vacanza, nel tragitto che affrontiamo per raggiungere il posto di lavoro e nella cerchia di amici che decidiamo di frequentare. Il problema dunque non è "se filosofare", bensì "quanto e come filosofare". Ognuno di noi lo fa tutti i giorni, sebbene non consapevolmente e con metodo. Ciascuno ha un identikit filosofico che lascia le sue tracce in ogni circostanza che ci troviamo a vivere: qual è il vostro? Scopritelo grazie alle schede di autovalutazione che l'autrice vi propone. Con esempi tratti dalla realtà, e accompagnati dagli insegnamenti dei grandi maestri del pensiero, emergerà la vostra filosofia di vita dominante, e non potrete più fare a meno di esercitare la mente in senso filosofico e trarne vantaggio. La filosofia infatti è riflessione, consolazione, speranza, perfino gioco. Ci insegna a controllare i nostri impulsi e a calmare le angosce; ci porta a conoscerci meglio, diventare più forti, dominare il nostro orizzonte mentale e affinare le nostre capacità spirituali e intellettuali. Ci guida al rispetto della nostra umanità e di quella degli altri, a saperci adattare ai fatti e agli eventi, e a interpretarli rettamente. E infine ci insegna che tra le tante scelte a nostra disposizione ce n'è sempre una "più giusta".
Negli ultimi decenni le nostre società sono diventate più repressive, le leggi più severe, i giudici più rigidi, e questo senza che ci sia alcun legame diretto con la criminalità. Didier Fassin si sforza di cogliere, con un'analisi genealogica ed etnografica, la posta in gioco di questo momento punitivo. Per farlo, è necessario aggiornare quello che sappiamo sulla stessa "strana pratica, e la singolare pretesa, di rinchiudere per correggere, avanzata dai codici moderni" di cui parlava Foucault. Quella nuova tecnologia chiamata punizione. Che cosa c'è da punire? Perché abbiamo bisogno di imporre punizioni? E contro chi? Queste tre domande disegnano il campo di un dialogo critico tra la filosofia morale e le teorie del diritto. Con un'indagine sulle diverse configurazioni della punizione nella storia e nelle nazioni, Fassin mostra che non sempre il crimine è stato disciplinato da sofferenze inflitte per legge e che non necessariamente la punizione appartiene a logiche razionali, usate per legittimarla. Per di più, l'inasprimento delle pene e la disuguaglianza nella loro distribuzione rendono la società meno sicura e meno giusta. Quello di Fassin è un saggio attualissimo in tempi di trionfo del populismo, perché offre gli strumenti per una revisione delle premesse che alimentano la passione punitiva e invita a ripensare la sua collocazione nel mondo contemporaneo.
Come funziona la circolazione del capitale? Quali sono le regole della sua accumulazione? Ma soprattutto, è vero che l'economia di mercato favorisce un aumento del nostro benessere? Secondo David Harvey, "le analisi di Marx sono ancora più pertinenti oggi di quanto non fossero all'epoca in cui scriveva. Quello che ai suoi tempi era un sistema economico dominante solo in un piccolo angolo del mondo ora si estende su tutta la terra". Harvey si mette sulle tracce del pensiero di Marx per ricostruire l'architettura del capitale e aggiornare all'evoluzione tecnologica e industriale degli ultimi centocinquant'anni le analisi del filosofo tedesco che ha cambiato definitivamente il modo di pensare l'economia, stravolgendo il destino di popoli e Paesi. E va alla ricerca di casi esemplari delle nuove forme di alienazione e di disuguaglianza, per provare che oggi la stessa logica del valore di scambio esplorata da Marx continua a seguire il proprio percorso, la propria "danza folle", senza alcuna considerazione per le esigenze reali delle persone. Dopo L'enigma del capitale e Diciassette contraddizioni e la fine del capitalismo, Harvey propone una nuova lettura del gigante del pensiero economico e del suo classico monumentale, "Il capitale", per rivelarne la straordinaria attualità rispetto alle teorie contemporanee, che con la crisi finanziaria del 2008 si sono rivelate insufficienti. Per mostrare a tutti, lettori più o meno esperti, che l'opera di Marx è il miglior manuale d'interpretazione non solo dell'economia contemporanea, ma anche del mondo in cui viviamo.
Il pensiero occidentale è da sempre caratterizzato da un pensiero binario asimmetrico, di cui le opposizioni uomo/donna e mente/corpo rappresentano solo due tra gli assi concettuali più importanti. Si tratta di opposizioni tra termini mai tra loro equivalenti, dualismi da sempre funzionali alle pratiche del dominio: sulle donne, sulla gente di colore, sulla natura, sui lavoratori, sugli animali. La nascita del cyborg, da metafora fantascientifica a condizione umana, però cambia questo stato di cose. Perché il cyborg è al contempo uomo e macchina, individuo non sessuato situato oltre le categorie di genere. La pretesa naturalità dell'uomo è quindi solo una costruzione culturale, poiché oggi tutti noi siamo in qualche modo dei cyborg. L'uso di protesi, lenti a contatto, by-pass è solo un esempio di come la scienza sia compenetrata nel quotidiano e abbia trasformato il corpo. Se il corpo può venire trasformato e gestito, esso non è più sede di una presunta naturalità contrapposta all'artificialità e non possiamo più pensare all'uomo in termini esclusivamente biologici. Il cyborg non è quindi né macchina né uomo, né maschio né femmina, situato oltre i confini delle categorie che normalmente utilizziamo per interpretare il mondo.
“Quando i giorni del Messia saranno vicini, in quel tempo il Libro dello Zohar sarà rivelato a tutti”
Lo Zohar (Libro dello Splendore) è una fonte senza tempo di saggezza ed è la base della letteratura kabbalistica. Fin dalla sua comparsa, circa duemila anni fa, esso è stato la fonte primaria, e spesso l’unica, usata dai kabbalisti. Per secoli la Kabbalah è rimasta nascosta al grande pubblico, che si riteneva non fosse pronto per riceverla. Tuttavia, la nostra generazione è stata designata dai kabbalisti come la prima pronta ad acquisirne i concetti. Scritto con un linguaggio unico e metaforico, lo Zohar arricchisce la nostra conoscenza della realtà ed espande la nostra visione del mondo, ma non va letto in modo classico. Dobbiamo riflettere pazientemente e ripetutamente su ogni frase, per cercare di penetrarne il pensiero, per estrarne tutte le sfumature. Anche se il testo ha un unico soggetto, la relazione con il Creatore, l’approccio ha varie angolature. Questo consente a ognuno di noi di trovare quella particolare frase o parola che ci aiuta a conoscere questa sapienza così profonda ed eterna. Il professor Michael Laitman prosegue la divulgazione della saggezza della Kabbalah, proponendo qui la sua traduzione e il commento a estratti dello Zohar e del Commentario di Rabbi Yehuda Ashlag. Il suo lavoro ha il grande merito di liberare lo studio dello Zohar da qualsiasi tentativo di ridurne il senso storico e spirituale profondo, e di restituirlo nella sua effettiva complessità.
Giorgio Agamben è uno dei maggiori filosofi viventi. Il suo pensiero è studiato in tutto il mondo. La sua opera si costituisce di incontri ripetuti e profondi con i problemi e i protagonisti della filosofia occidentale. Da Aristotele a Leibniz, da Carl Schmitt a Walter Benjamin, da Heidegger a Foucault, le voci più autorevoli della storia del pensiero occidentale sono presenti in un confronto serrato sui temi della filosofia del linguaggio e della rappresentazione, della storia e della temporalità, della forza della legge e della biopolitica.
Riccardo Panattoni ha deciso di avventurarsi nell’orizzonte di senso di Giorgio Agamben e per ripercorrere i suoi scritti si lascia guidare dal filo rosso della clandestinità. La clandestinità appartiene alla natura della nostra vita. Caratterizza l’esperienza e si manifesta nella nostra incapacità di appropriarci del nostro corpo, come nei disturbi della parola e della gestualità. È testimoniata dal concetto di inconscio, che irrompe per deludere ogni illusione di integrità di un qualche Io, di un’identità personale.
Panattoni si mette sulle tracce del grande filosofo italiano e costruisce una guida rigorosa e appassionante attraverso le sue parole.
“L’incommensurabile clandestinità a cui soggiace la nostra vita privata, presa in tutti i suoi risvolti, anche quelli più ridicoli, sembra presentare un passaggio essenziale per cogliere il legame costitutivo che persiste tra la politica e la vita.”
“Il paradigma dell’incompletezza, in ogni caso, ci induce a riflettere sui limiti”
Salvatore Veca affida a questo libro gli esiti di una lunga ricerca filosofica che prende le mosse dal suo volume più importante, Dell’incertezza. Qui la questione centrale coincideva con l’esame delle differenti circostanze in cui si formulano le domande di teoria: nello spazio dell’impresa scientifica, dell’indagine etica e politica, nell’ambito delle questioni d’identità. Le lezioni sull’idea di incompletezza esplorano ora la natura delle risposte che noi diamo, in una varietà di circostanze, a quelle domande di teoria. Insieme, incertezza e incompletezza diventano dunque le due modalità fondamentali di un pensiero filosofico che coerentemente non si ritira di fronte ai limiti della conoscenza e neppure si erge a suo arbitro: l’incertezza della teoria non ci deve fare arretrare, e l’incompletezza delle risposte è specularmente l’opportunità, e forse il motore, che ci consente l’aggiustamento teorico. La convinzione che emerge da queste pagine, ricche di riferimenti alla storia delle idee, alla letteratura, all’arte, alla scienza e alla religione, è che l’incompletezza si addica perfettamente alla filosofia stessa. L’incompletezza ci induce a esplorare lo spazio delle possibilità e delle alternative. Uno spazio in cui i confini fra i saperi si fanno porosi, e la cui fisionomia è esposta incessantemente alla sorte del mutamento e della metamorfosi.
Questo libro è un elogio della libertà di esplorare mondi possibili. Essere aperti al mondo significa trovarsi nella condizione di sperimentare costantemente una molteplicità infinita di incontri possibili con il mondo stesso e scoprire, al contempo, il valore inestimabile della sua incompletezza. Sono due le figure che fanno da guida lungo questo percorso alla scoperta del senso della possibilità: l’esploratore di connessioni e il coltivatore di memorie. Il primo va alla ricerca di verità e di validità e s’imbatte in un ventaglio di alternative, mentre il secondo ha lo sguardo rivolto al passato, repertorio sconfinato di possibilità. La tensione tra queste due figure spalanca una consapevolezza: l’utopia è un mondo sociale possibile, costruito con i materiali del mondo attuale. “I frammenti di un discorso utopico ci invitano a esplorare lo spazio delle possibilità, entro i confini che il mondo ci concede.” In un confronto serrato con i più grandi pensatori della filosofia occidentale, Veca dimostra che il senso della possibilità si nutre di incertezza e di incompletezza e si oppone a ogni dittatura del presente, tutelando invece lo spazio per gli esercizi dell’immaginazione, e dunque per la visione politica e per la libertà. Un saggio necessario per riconquistare il futuro senza arrendersi mai nella ricerca incessante della giustizia sociale.
Achenbach è il fondatore della "Philosophische Praxis", forma principale di consulenza filosofica. Il volume raccoglie i saggi fondamentali, in cui ha presentato il suo lavoro e ne ha discusso finalità e modalità. Per Achenbach la consulenza filosofica "non si occupa dei sistemi filosofici, non prescrive alcun filosofema, non costruisce alcuna filosofia, non somministra alcuna visione filosofica, ma mette in movimento il pensiero: filosofa", quindi deve riflettere produttivamente su casi concreti. Insomma: l'aiuto che il consulente filosofico può dare a chi lo consulta non sta nel "curarlo" o nel fornirgli una "verità" preconfezionata, ma nel metterlo in grado di pensare, nel dialogo con altri.
Nel 2007 Umberto Galimberti ha pubblicato un libro, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, in cui descriveva il disagio giovanile da imputare, a suo parere, non tanto alle crisi psicologiche a sfondo esistenziale che caratterizzano l’adolescenza e la giovinezza, quanto a una crisi da lui definita “culturale”, perché il futuro che la cultura di allora prospettava ai giovani non era una promessa, ma qualcosa di imprevedibile, incapace di retroagire come motivazione a sostegno del proprio impegno nella vita.
A distanza di anni cos’è cambiato di quell’atmosfera che Galimberti aveva definito “nichilista”? Non granché, fatta eccezione per una percentuale forse non piccola di giovani che sono passati dal nichilismo passivo della rassegnazione al nichilismo attivo di chi non misconosce e non rimuove l’atmosfera pesante del nichilismo senza scopo e senza perché, ma non si rassegna. E dopo un confronto serrato con la realtà, si promuove in tutte le direzioni, nel tentativo molto determinato di non spegnere i propri sogni.
La parola ai giovani raccoglie la voce di questi giovani, che hanno un gran bisogno di essere ascoltati per poter dire quelle cose che tacciono ai genitori e agli insegnanti, perché temono di conoscere già le risposte, che avvertono lontane dalle loro inquietudini, dalle loro ansie e dai loro problemi. E allora si affidano a un ascoltatore lontano, che prende a dialogare con loro, non per risolvere i loro problemi, ma per offrire un altro punto di vista che li faccia apparire meno drammatici e insolubili.
“Al nichilismo passivo della rassegnazione, non sono pochi i giovani che sostituiscono il nichilismo attivo di chi, prendendo le mosse proprio da quel desolante scenario, e non da consolanti speranze o inutili attese, inventa il proprio futuro.”
“Sono pensieri ancora tutti da pensare”
“Il paesaggio dispiegato dalle parole nomadi è già la nostra instabile, provvisoria e inconsaputa dimora.” Perché “se siamo disposti a rinunciare alle nostre radicate convinzioni, allora il nomadismo delle parole ci offre un modello di cultura che educa perché non immobilizza […], dove è scongiurata la monotonia della ripetizione, dell’andare e riandare sulla stessa strada, con i soliti compagni di viaggio, senza nessuno da incontrare”.
Adolescenza, Alterità, Amore, Anima, Antropologia, Arte, Censura, Clinica, Corpo, Creatività, Critica, Democrazia, Dio, Dipendenza, Droga, Epistemologia, Ermeneutica, Erotismo, Fede, Femminilità, Filosofia, Follia, Gelosia, Gnosi, Guerra, Identità, Impegno, Incarnazione, Innocenza, Interpretazione, Invidia, Legge, Linguaggio, Logica, Malinconia, Memoria, Metafora, Metodo, Mistero, Mito, Mondo, Musica, Nevrosi, Nostalgia, Occidente, Partito, Passione, Passività, Peccato, Pluralismo, Politica, Popolo, Prassi, Progresso, Psicologia, Psicopatologia, Ragione, Rappresentazione, Religione, Saggezza, Salvezza, Schiavitù, Scienza, Scuola, Sessualità, Silenzio, Simbolo, Sonno, Spirito, Tecnica, Televisione, Tempo, Trascendenza, Ulteriorità, Uomo, Usura, Verità, Viaggio, Virtualità, Visione.