In questo libro Vito Mancuso assume la passione come prospettiva da cui leggere il mondo. Il problema in particolare è l'amore, il suo posto nel mondo e nella logica che lo regge. Quando si ama, quando si vive per il bene e per la giustizia, si rafforza il nostro essere natura, oppure lo si indebolisce estinguendone la forza vitale? Mancuso ritiene che quando amiamo mettendo la passione al servizio dell'armonia delle relazioni raggiungiamo la pienezza dell'esistenza, perché il nostro amore riproduce una più ampia logica cosmica tesa da sempre all'armonia relazionale. La tesi va a toccare i fondamenti stessi del vivere e viene illustrata attraverso un confronto con le grandi tradizioni religiose, con le filosofie e con la scienza. Ma come si concilia una visione simile con l'universale esperienza del male? Nell'affrontare questo tema da sempre presente nel suo pensiero, Mancuso chiama sulla scena i Mostri, le Signorie cosmiche e le Potenze sataniche di cui parla la Bibbia, in una specie di corpo a corpo metafisico con le radici stesse del negativo. Il risultato è la denuncia dell'infondatezza del dogma del peccato originale mediante cui la Chiesa ancora oggi interpreta il caos come peccato. Affascinante racconto di una profonda avventura intellettuale, "Il principio passione" con la sua "formula del mondo" (Logos + Caos = Pathos) si offre alla mente perplessa come una nuova guida per rinnovare in modo responsabile la fiducia nella vita, e nell'amore quale suo scopo supremo.
Sei anni di incessante lavoro precedono l'uscita del libro, nel 1910, e dieci anni di "siccità" artistica la seguono. Sorta di romanzo-diario autobiografico in cui il protagonista, alter ego di Rilke, annota sogni, incubi, reminiscenze dell'infanzia e meditazioni sulla morte, Malte è la testimonianza artistica, e per molti aspetti rivoluzionaria, di una tormentosa condizione umana: quella dell'artista chiuso nella propria interiorità che, in una Parigi trasognata e allucinata, sperimenta la solitudine e la paura, la miseria ma anche l'ansia di Dio. Libro che riesce a tradurre in parola gli eventi infimi e impercettibili come anche l'orribile e il terribile, il "Malte" si colloca sulla soglia della modernità letteraria: prova sconcertante della crisi del romanzo ottocentesco, precorre la narrativa esistenzialista del secondo dopoguerra. Introduzione, traduzione e note di Furio Jesi.
"Sottosuolo" è la sfera della vita psichica, nella sua intimità libera e irrazionale, necessariamente in urto con le leggi del mondo esterno. È disarmonia radicale tra l'informe privato e l'ordine "di facciata", che alimenta una perpetua e morbosa irritabilità, un costante senso di irrequietezza e di risentimento. È assenza di legge o convenienza imposta dalla società o dal prossimo. L'uomo autentico non è l'uomo esteriore, la maschera esibita per il mondo, ma quello interiore, che si rifugia e si nasconde nel proprio io. "Memorie dal sottosuolo" è un'opera fondamentale nel percorso dell'autore: d'ora in poi tutti i personaggi di Dostoevskij avranno un "sottosuolo" e vi si immergeranno per poi risorgere rigenerati o per affondarvi senza speranza. Introduzione di Fausto Malcovati.
Definito dallo stesso Gide "un intermezzo semifrivolo tra due opere troppo serie", "Isabelle" (1911) è un'opera di laboratorio, un esercizio narrativo di storie non più autobiografiche, in direzione dell'impersonalità. Un castello, un innamoramento romantico, un delitto. In un'atmosfera inquietante e misteriosa, un sogno letterario rivela un'orrenda verità. Dietro il volto angelico e affascinante di Isabelle si nasconde una prostituta. La "Sinfonia pastorale" porta i segni evidenti della relazione con Marc Allégret e dei turbamenti morali che provoca in Gide. Il sentimento evangelico e l'amore terreno si sovrappongono e si confondono nel dolente rapporto tra un pastore protestante e una ragazza cieca. I temi gidiani della responsabilità individuale e del diritto a un'esistenza autentica sono indagati in un racconto che si caratterizza per un'estrema trasparenza strutturale e stilistica.
"L'immoralista" e "La porta stretta" sono due romanzi di ammirevole fattura stilistica che affrontano, da punti di vista differenti, lo stesso problema: nel primo l'esigenza di autorealizzazione di Michel e il suo nichilismo finiscono per uccidere la giovane moglie; nel secondo, Alissa percorre l'opposta strada della rinuncia e dell'ascesi spirituale fino ad annullarsi nella morte. La contraddizione tra le due opere rispecchia esemplarmente il conflitto interiore di Gide e il loro senso finale sembra essere che tanto l'immoralismo, quanto la virtù conducono alla dannazione dell'aridità. Saggiamente, lo scrittore rinuncia a risolvere il contrasto optando per l'ambiguità.
Scrittore tra i più rappresentativi e influenti del Novecento, Gide è stato il maestro di due generazioni, quella che si espresse nel movimento surrealista e quella "esistenzialista", e ha lasciato un segno profondo nella cultura e nel costume contemporanei. La rivolta contro la morale puritana e borghese, l'evasione e il ritorno, il fascino dell'altrove, l'aspirazione alla sincerità, il conflitto tra il demoniaco immoralista e il mistico spiritualista, sono alcuni dei nuclei tematici "forti" della sua opera. Nella strenua esplorazione degli spazi segreti dell'io, nel suo lavoro di autoanalisi, nel suo sforzo di far coesistere etica e istinti, Gide è riuscito a illuminare ampie zone della natura umana.
"Teresa Raquin", che inaugura la grande stagione artistica di Zola, è una delle opere più rappresentative del realismo francese. Sposata infelicemente a Camillo, un uomo debole e malato, Teresa si lascia sedurre da Lorenzo, ex pittore nullafacente, cinico, parassita. Insieme concepiscono e portano a termine l'assassinio di Camillo. In questo romanzo - definito dall'autore un "grande studio psicologico e fisiologico" - Zola vuole raccontare, nella secchezza bruciante di un referto clinico, la storia di una degradazione. Ne risulta un'opera scabrosa, vero e proprio romanzo nero insieme appassionante e inquietante.
A dispetto dell'eleganza stilistica, della sobrietà del linguaggio, del tono sicuro con cui Forster scandisce il ritmo della vita dei protagonisti, ognuno dei suoi libri trasmette una lieve inquietudine e un vago senso di precarietà. Con grande sottigliezza e acume lo scrittore inglese è capace di svelare le convenzioni sociali e i pregiudizi morali che imprigionano la sensibilità e che mettono in crisi i rapporti tra gli uomini.
Il volume raccoglie il meglio dei saggi letterari di Giorgio Caproni, protagonista discreto della vita culturale italiana del dopoguerra. Quello che ne esce è il percorso di un critico-poeta autorevole e lucido, grazie a una serie di doti indiscutibili: il fiuto nel riconoscere a colpo sicuro, non solo la qualità di un autore, ma anche il suo significato storico e le sue possibili linee evolutive, l'infallibile felicità nell'esprimere giudizi, la spregiudicata inventività nell'indicare connessioni e paralleli, a prima vista sbalorditivi ma illuminanti, l'assoluta non arroganza della scrittura.
Durante la guerra di Corea un vecchio contadino e sua moglie fuggono dal loro villaggio verso sud. Per evitare una colonna di carri armati americani si gettano in un fossato dove trovano un ragazzo privo di sensi. Con questo incontro si apre il romanzo che segue la drammatica fuga, attraverso gli orrori della guerra, di questa coppia di anziani e del giovane che soccorrono e portano con sè. Attraverso questa vicenda emergono i temi centrali delle altre opere di Potok: l'incontro-scontro tra culture, l'intreccio della nostra esperienza di egoismo e solidarietà, di solitudine e affetto.
Il primo dei tre racconti di questo volume, "Giorni aperti" (scritto nel '40), ha per protagonista un giovane soldato alle prese con l'esperienza della guerra: una situazione vissuta con terrore ma anche come un'avventura, con il gusto picaresco di una scommessa sulla scoperta della vita. "Labirinto" (composto durante la guerra) racconta la crudele caccia fratricida che conclude la fuga verso la salvezza di quattro partigiani. In "Il gelo della mattina" (che risale invece all'immediato dopoguerra) vediamo infine un uomo costretto a confrontarsi con l'ineluttabile, la morte della moglie, combattuto tra la propria viltà e un opposto sentimento di pietà, tra l'agitarsi di desideri inconfessabili e il peso del rimorso.