Autore che sfugge a qualsiasi etichetta, ferocemente introverso, acuto osservatore del decadimento intellettuale e morale della società russa, Cechov anticipa caratteri e temi del moderno teatro novecentesco. L'attitudine rassegnata e dolente di fronte a un ineluttabile sempre sottinteso, l'attenzione quasi morbosa per il dettaglio psicologico aberrante e rivelatore, la capillare ricostruzione di atmosfere più che di vicende, sono alcuni degli elementi caratteristici del suo teatro, modellato sul tragico quotidiano, sul sentimento della "mancanza", sulle minute pene dell'esistenza umana che celano l'incapacità di trovare una ragione di vita. Il volume contiene le seguenti opere: Sulla strada maestra; Il canto del cigno; Sul danno del tabacco; L'orso; La proposta di matrimonio; Tat'jana Repina; Tragico suo malgrado; Le nozze; La notte prima del processo; L'anniversario; Ivanov; Il gabbiano; Zio Vanja; Tre sorelle; Il giardino dei ciliegi. Introduzione di Fausto Malcovati.
"Sottosuolo" è la sfera della vita psichica, nella sua intimità libera e irrazionale, necessariamente in urto con le leggi del mondo esterno. È disarmonia radicale tra l'informe privato e l'ordine "di facciata", che alimenta una perpetua e morbosa irritabilità, un costante senso di irrequietezza e di risentimento. È assenza di legge o convenienza imposta dalla società o dal prossimo. L'uomo autentico non è l'uomo esteriore, la maschera esibita per il mondo, ma quello interiore, che si rifugia e si nasconde nel proprio io. "Memorie dal sottosuolo" è un'opera fondamentale nel percorso dell'autore: d'ora in poi tutti i personaggi di Dostoevskij avranno un "sottosuolo" e vi si immergeranno per poi risorgere rigenerati o per affondarvi senza speranza. Introduzione di Fausto Malcovati.
Se l'Inferno è la cantica più drammatica, rutilante e movimentata, nel Purgatorio, l'unico regno oltremondano non eterno, predominano i toni elegiaci, i colori tenui della mestizia e del dolore che redime. Dal coro dolente e sospiroso dei peccatori che sono disposti sulle sette balze di una montagna dominata dal paradiso terrestre, non emergono più i lividi simboli della disperazione perenne, ma rassegnate e come velate creature che il poeta disegna affettuosamente.
Nell'atmosfera immateriale del "Paradiso" si stemperano, tra visioni ineffabili ed estatici rapimenti, i gorghi tumultuosi della natura umana. E la cantica di Beatrice, ormai beatificata, guida amorosa e teneramente sollecita dei misteri di Dio. Ma è anche la cantica del riscatto del poeta: la sorte personale di Dante raggiunge finalmente la catarsi. A lui, vittima dell'ingiustizia e dei disordini degli uomini, spetta il compito di rivelare le verità divine e il futuro avvento di un mondo giusto. Le invettive, le polemiche, le dure condanne di uno spirito forte si placano nell'ardore profetico, nella consapevolezza di una pace meritata, di una missione compiuta, di una pienezza raggiunta.
Faceva ancora il liceo Claudio Magris quando nella Trieste degli anni Cinquanta conobbe Biagio Marin, figura leggendaria di intellettuale e maestro, ma soprattutto poeta luminoso, ammirato dai critici seppure ancora lontano dalla fama nazionale che sentiva di meritare. Il quasi mezzo secolo di età che li separava non impedì lo sbocciare di un'amicizia febbrile, coltivata per quasi trent'anni attraverso incontri e, sempre più frequentemente, lettere che qui si pubblicano per la prima volta, grazie alla cura di Renzo Sanson. Gli scambi tra i due testimoniano di un rapporto tra allievo e maestro fatto di stima e ammirazione: Marin aveva perso in guerra il figlio Falco, e riversò l'affetto di un padre su Magris, "figlio d'anima"; Magris in Marin trovò il suo modello di libertà. Rivelano un affetto fortissimo, ma testimoniano senza pudori di scontri, asprezze e incomprensioni, raccontando due vite parallele che si intrecciano e si ritrovano nel corso degli anni: Marin vorrebbe Magris suo erede esclusivo, pur sapendo che sarà impossibile, e soprattutto gli chiede di aiutarlo a conquistare quel riconoscimento che ancora pare sfuggirgli; Magris, soprattutto negli anni della sua formazione e della crescita intellettuale, gli chiede spesso consiglio e conforto, ma non esita a replicare l'eterno dramma del conflitto con il padre quando avverte il peso della personalità e della irruenza di un uomo non a caso chiamato in famiglia "fronte di tempesta".
In quel fine ottobre del 1929, sferzato dal vento e da una pioggerella fastidiosa e insistente, a Bellano non succede nulla di che. Ma se potessero, tra le contrade volerebbero sberle, eccome. Le stamperebbe volentieri il maresciallo dei carabinieri Ernesto Maccadò sul muso di tutti quelli che si credono indovini e vaticinano sul sesso del suo primogenito in arrivo, aumentando il tormento invece di sciogliere l'enigma, perché uno predice una cosa e l'altro l'esatto contrario. Se le sventolerebbero a vicenda, e di santa ragione, il brigadiere Efisio Mannu, sardo, e l'appuntato Misfatti, siciliano, che non si possono sopportare e studiano notte e giorno il modo di rovinarsi la vita l'un l'altro. E forse c'è chi, pur col dovuto rispetto, ne mollerebbe almeno una al giovane don Sisto Secchia, coadiutore del parroco arrivato in paese l'anno prima. Mutacico, spento, sfuggente, con un naso ben più che aquilino, don Sisto sembra un pesce di mare aperto costretto a boccheggiare nell'acqua ristretta e insipida del lago. Malmostoso, è inviso all'intero paese, perfino al mite presidente dei Fabbriceri, Mistico Lepore, che tormenta il prevosto in continuazione perché, contro ogni buon senso, vorrebbe che lo mandasse via. E poi ci sono sberle più metaforiche, ma non meno sonore, che arrivano in caserma nero su bianco. Sono quelle che qualcuno ha deciso di mettere in rima e spedire in forma anonima ai carabinieri, forse per spingerli a indagare sul fatto...
Vuoi sposarmi?" Abby non ha dubbi: è Travis l'uomo che vuole accanto a sé per tutta la vita. Lui è l'unico in grado di leggerle dentro, l'unico a sapere cosa c'è nel profondo della sua anima. "Sì." La risposta di Travis viene direttamente dal suo cuore. Un cuore ferito. Un cuore che era chiuso in una corazza impenetrabile finché non è arrivata lei, Abby. Timida e silenziosa, ma la sua insicurezza nasconde in realtà un grande coraggio. Qualcosa di speciale unisce Abby e Travis. Qualcosa di intenso e indescrivibile. Ma lei sa bene che i guai non sono mai troppo lontani con un ragazzo come Travis nei paraggi. Per questo hanno davanti una sola scelta per realizzare il loro sogno: volare a Las Vegas. Quando il fatidico momento si avvicina Abby e Travis inaspettatamente sono nervosi. I loro dubbi si risvegliano all'improvviso: sono giovani e si conoscono da pochi mesi. E soprattutto, lui è il ragazzo sbagliato per eccellenza e lei una ragazza in fuga da sé stessa e da un segreto difficile da confessare. Eppure davanti all'altare, mano nella mano, occhi negli occhi, non c'è più nulla da temere. Ci sono solamente loro e tutto quello che li ha portati fin lì: quella scommessa da cui ogni cosa è cominciata, i tentativi di stare lontani l'una dall'altro, le promesse disattese, la scoperta di essere perdutamente innamorati. Finalmente sono marito e moglie, per sempre. Sono una cosa sola.
"Da dove veniamo? Il mondo nel quale viviamo ha avuto un inizio? Oppure esiste da sempre?". Sono domande che l'uomo non ha mai smesso di porsi. Attraverso le culture e le religioni di tutto il mondo, dall'antichità classica agli aborigeni australiani, dall'India buddhista al Corano, questo libro presenta le molteplici risposte elaborate dall'umanità. Si compone così un'antologia di testi primari, religiosi e no, che illustrano come la necessità di indagare l'origine del mondo sia un tratto fondante della storia dell'umanità intera, pur nelle sue mille sfaccettature. La lettura non mancherà di far discutere, soprattutto per la scelta di rileggere la teoria del Big Bang, vero paradigma della scienza del Novecento, come un racconto di mitologia contemporanea.
Francesco d'Assisi è il santo per eccellenza: patrono d'Italia, oggetto di una sterminata devozione, paladino di una religiosità umile e raccolta in sé stessa. Studiato, discusso e interpretato da quasi un millennio, Francesco è paradossalmente anche un autore poco letto. Per questo un'edizione complessiva dei suoi scritti, dalle regole dell'ordine al testamento del santo, sofferto e illuminante, può offrire al lettore moderno un'occasione di conoscere una delle personalità più rilevanti della spiritualità occidentale. Anche alla luce del nuovo impulso dato al suo messaggio dal carisma di papa Francesco.
Il libro di Qohelet - noto anche come Ecclesiaste - è uno dei testi più originali e controversi della Bibbia ebraica. Prendendo le mosse dal celebre motto Vanitas vanitatum, et omnia vanitas, il testo - con respiro poetico e religioso - si interroga sul senso della vita, sul valore della conoscenza, sul destino dell'uomo e sul suo rapporto con un divino spesso sfuggente e silenzioso. La riflessione di Qohelet, a tratti aspra e provocatoria, supera di slancio ogni possibile riduzione spiritualistica, ascetica o sapienziale che voglia censurare quanto sembri in contraddizione con il disegno della rivelazione. Qohelet è la testimonianza di una fede fermissima, capace però di esporsi a tutte le sfide del dubbio.
"Attraverso queste pagine, Giovanni XXIII si accosta familiarmente ai lettori, suggerisce pensieri alti e muove l'animo a sentimenti buoni. Lo si incontra lungo la strada o presso la pubblica fontana mentre parla con linguaggio ispirato ai temi biblici che scuotono e infiammano i seguaci di Cristo, non meno di tutti coloro che sono assetati di verità e pace. Nel suo presentarsi al mondo, il 4 novembre 1958, Papa Giovanni disse che non si cercasse in lui 'l'uomo di stato o il diplomatico, né lo scienziato o l'organizzatore della vita collettiva, ma il pastore'. Come la sua vita, così le parole di Papa Giovanni furono l'attuazione pronta ed energica di quella lezione evangelica e destarono ammirazione e consensi presso tutti i popoli, senza eccezione di contesti culturali e di ispirazione religiosa." (Dall'Introduzione di Loris F. Capovilla)
Dopo la morte di Gesù si diffuse in tutto il Medio Oriente una rigogliosa fioritura di narrazioni sulla vita e gli insegnamenti del Messia: la pluralità delle voci rifletteva il mondo composito delle primitive sette cristiane, e i racconti corrispondevano alla dottrina delle correnti gnostiche, o più semplicemente alla curiosità popolare intorno alla figura del Nazareno. Nei secoli successivi la Chiesa mise ordine all'interno di questa congerie di testi, eleggendo a Vangeli di riferimento quelli di Giovanni, Luca, Marco, Matteo. Ritenuti portatori di tradizioni misteriose o esoteriche, e quindi in contrasto con l'ortodossia, i Vangeli cosiddetti apocrifi (cioè "da nascondere") furono messi da parte e sono stati e continuano a essere poco considerati dalla Chiesa e dalla teologia ufficiale. Eppure sono moltissimi i dati e le informazioni in essi contenuti che la tradizione cristiana ha fatto propri nel corso dei secoli: dalla presenza del bue e dell'asino accanto alla culla di Gesù alla storia della Veronica fino a veri articoli di fede come la presentazione al tempio e l'Assunzione in cielo di Maria. In questo libro Vito Mancuso sceglie e presenta i più importanti apocrifi che tratteggiano la vita di Gesù: l'infanzia (evocata in pagine di grande poesia), l'affettuosa vicinanza ai genitori anche nella malattia e nella morte, la vita pubblica, la passione e la risurrezione...