La domenica di Pasqua del 1475, il cadavere di un bambino di due anni di nome Simone fu trovato nella cantina di una famiglia ebraica a Trento. I magistrati della città arrestarono tutti gli uomini ebrei che vivevano nella città con l'accusa di omicidio rituale: l'uccisione di un bambino cristiano per utilizzarne il sangue nei riti religiosi ebraici. Sotto tortura, gli uomini confessarono e furono condannati a morte; le loro donne, che erano state tenute agli arresti domiciliari con i figli, avevano denunciato sempre sotto tortura gli uomini, e alla fine si convertirono al cristianesimo. Fu così che ebbe inizio il culto di Simonino, abolito dalla Chiesa solo nel 1965 dopo il Concilio. R. Po-chia Hsia ricostruisce in modo avvincente tutti gli aspetti di questa tragica, infame vicenda, tratteggiando i personaggi coinvolti, svelando gli intrighi politici nei rapporti tra papato e impero e inquadrando il processo agli ebrei di Trento nella più ampia prospettiva dell'antigiudaismo medievale.
Cosa significa essere un musicista ebreo nel mondo cristiano? In che modo l'ebraismo ha influenzato o condizionato la vocazione di un compositore ebreo? Chiaramente non c'è una risposta univoca a tali interrogativi. A partire dal Rinascimento fino ai giorni nostri troviamo un numero crescente di musicisti, compositori ed esecutori ebrei; dal modo in cui essi hanno vissuto il proprio ebraismo si potrebbe ricostruire la storia ebraica di questi secoli: le persecuzioni, i movimenti di emancipazione e di assimilazione fino al sionismo e alla nascita dello Stato d'Israele. Attraverso questa ricerca la musica si rivela ancora una volta come una delle spie, forse insostituibile, per esplorare le vicende storiche e le avventure spirituali del popolo ebraico in questi ultimi secoli.
Come si potrebbe giungere con le proprie forze al Bene o a Dio se essi non avessero un legame incancellabile con il sé umano? Fin dall'antichità greca e biblica si è meditato su questo interrogativo per riflettere sulla conversione. Nel cuore della storia del XX secolo, malgrado l'impotenza del Dio biblico a manifestarsi, i pensatori presi in esame in questo libro hanno continuato a vegliare su questo legame. Convertirsi, in quelle circostanze, fu la loro maniera di resistere alla fatalità del male. Sia che il loro percorso sia stato filosofico (Henri Bergson), sia che sia stato accompagnato dalla meditazione dei libri ebraici (Franz Rosenzweig) e cristiani (Simone Weil, Thomas Merton) o di ambedue (Etty Hillesum), essi a poco a poco percepirono come il più profondo - l'anima o il sé umano - sia abitato dal "più alto". Andare verso Dio è dunque tornare a Lui. Tuttavia, nell'ottica biblica, questo tornare non somiglia al ritorno filosofico dell'anima verso una patria perduta, ma procede come un avvenire e una promessa.