"Qohelet Rabbah" cerca di dare ragione delle tante enigmatiche affermazioni di Qohelet (Ecclesiaste), uno dei testi più enigmatici della letteratura biblica. Redatto in Palestina tra VIII e IX secolo e.v. in ebralco e aramalco, il Qohelet Rabbah, qui tradotto per la prima volta in italiano, è un midras esegetico che analizza e interpreta il testo di Qohelet da vicino, versetto per versetto, addirittura parola per parola, servendosi di materiale tratto da midrasim più antichi - soprattutto Genesi, Levitico e Lamentazioni Rabbah - e da altre opere della tradizione rabbinica, tra cui i Talmudim di Palestina e di Babilonia e i Pirqé Avot.
Nell'ambito del nuovo indirizzo dell'ermeneutica dantesca, che sottolinea la necessità di uno studio che chiarisca i nessi con altre tradizioni simboliche ed esegetiche, questa ricerca evidenzia il sostrato, di base neoplatonica comune alla mistica ebraica e a quella cristiana. Partendo da un esame dello stilnuovo come un processo mirante a ricontestualizzare i topoi neoplatonici di stampo sapienziale della lirica occitanica e siciliana, per rinnovarli in una direzione mistica che sfrutta la qabbalah come deposito di tecniche utili per il raggiungimento dell'estasi, il lavoro propone una lettura in cui le diverse opere rappresentano gli stadi successivi dell'iter mistico che il poeta intende esemplificare.
In questo saggio, pubblicato nel 1938, in piena dittatura hitleriana, Leo Baeck si pone un doppio obiettivo: reinserire i Vangeli nel loro contesto originale ebraico e rivendicare per le parole e le gesta di Gesù l'autentica tradizione ebraica. Baeck sostiene che l'insegnamento di Gesù, prendendo come base i Vangeli originali, non conteneva alcuna messa in discussione fondamentale dell'ebraismo, ma che fu soprattutto Paolo il responsabile della deriva antiebraica della Chiesa primitiva, colui che incarnò lo spirito pagano al punto da far trionfare il pagano-cristianesimo sul giudeo-cristianesimo. Il saggio è preceduto da un'introduzione di Maurice-Ruben Hayoun che inquadra tutta l'opera di Leo Baeck nel contesto del pensiero ebraico-tedesco.
Nell'ambito dell'esegesi biblica, la voce femminile è stata finora una pausa. Le donne iniziano a entrare nel mondo dello studio sistematico delle Scritture, che non è più precluso loro come in passato. Si tratta di una rivoluzione "da dentro". Già da alcuni anni sono nate, in Israele, scuole per esperte di legge halakhica con il compito di collaborare con i giudici dei tribunali rabbinici per evitare ogni possibilità che le donne vengano penalizzate dalle sentenze; vi sono, inoltre, le midrashot, scuole di esegesi che hanno portato all'uguaglianza intellettuale con i commentatori biblici di sesso maschile. Il volume riporta la rielaborazione scritta di un ciclo di conferenze che Yarona Pinhas ha tenuto a Roma nel 2000.
Che cosa significa "fare le orecchie alla Torà"? Fra le molte metafore con cui un noto midrash loda l'opera dell'ermeneuta, c'è quella di un pentolone bollente che non si può maneggiare finché qualcuno non gli fa un paio di maniglie, che in ebraico si dicono oznayim, come le orecchie. Ma il Midrash fa anche qualcosa di più: rende quel Libro non solo leggibile e intelligibile, ma anche intelligente; non solo fruibile (con le maniglie), ma anche capace di ascolto (con le orecchie). E infatti midrash significa innanzitutto interrogazione e domanda, sollecitazione, provocazione e ricerca di un senso che si rinnova e non si esaurisce.
"Forse il miglior modo per farsi un'idea di quest'opera consiste nel considerare che non esiste nessun altro libro come il Talmùd, in nessuna letteratura. Si può affermare che la maggior parte del Talmùd è composta da discussioni sulla legge ebraica. E, dal momento che la legge ebraica abbraccia pressoché ogni aspetto della vita, queste discussioni sono altrettanto sfaccettate. Il Talmùd non pretende di essere un'enciclopedia, tuttavia si occupa di tutto, dall'astrologia alla zoologia, dalla medicina all'economia, così come tratta di demoni e di angeli. Il suo stile è conciso, fino a risultare criptico." (dalla Prefazione di A. Steinsaltz)
"E venne la notte" è la storia di una presa di coscienza, quella di un bambino ebreo in un paese arabo che, travolto da una improvvisa guerra, riesce a comprendere il tegame fra la propria esperienza e la memoria storica della sua famiglia, a trasformare una drammatica vicenda personale in una preziosa lettura del mondo e della natura umana. Ma è la stessa storia della sua famiglia, cacciata nel 1490 dalla Spagna della Santa Inquisizione e condannata a vagare per l'Europa fino all'approdo in Africa nel 1900, a ben rappresentare il desiderio e il dono di una cultura non rassegnata a difendere la propria specificità a discapito dell'apertura verso l'altro e verso il mondo.
La prima parte del libro, "L'ebraismo e le culture del Mediterraneo", approfondisce i rapporti tra le comunità ebraiche della Turchia dopo la prima guerra mondiale, delle colonie italiane nel Mediterraneo, Libia e Rodi, e le altre culture con le quali ebbero contatti. La seconda parte, "L 'ebraismo e la Sardegna", getta luce sulle presenze ebraiche nell'isola a partire dal XVIII secolo, attraverso l'ausilio di documenti in gran parte inediti. Vengono infine messi in luce gli effetti delle leggi razziali del fascismo sulla piccola comunità ebraica sarda e, in particolare, su alcuni docenti delle università di Cagliari e Sassari che furono costretti a lasciare le loro cattedra.