«Una società libera è una conquista morale. Negli ultimi cinquant'anni, in Occidente, questa verità è stata dimenticata, ignorata o negata. Ecco perché oggi la democrazia liberale è in pericolo. La libertà della società non può essere sostenuta soltanto dall'economia di mercato e dalla politica democratica liberale. Ha necessità di un terzo elemento: la moralità, un interesse per il benessere degli altri, un impegno attivo nei confronti della giustizia e della compassione, una volontà di chiedere non soltanto ciò che è bene per me ma ciò che è bene per tutti-noi-assieme». Jonathan Sacks, tra i più amati Maestri contemporanei, ci guida in un viaggio salvifico, dalle misere sponde dell'«Io» agli spazi nobili del «Noi», verso una società più prospera e retta. In "Moralità", l'autore si misura con le sfide più ardue del mondo contemporaneo: l'individualismo, l'alienazione dovuta ai social, la crisi della famiglia e della comunità, la mancanza di princìpi nell'economia e nella politica, le minacce alla libertà di espressione. Sacks completa così la lezione iniziata con "Non nel nome di Dio" e ci consegna il suo testamento spirituale. Un messaggio carico di lucidità e speranza, un'esortazione a ripristinare la nostra umanità e a usare il bene comune come bussola per ogni scelta futura.
Nelle sue pagine, Arendt intende offrire un volto alternativo della condizione ebraica nella modernità, attraverso le figure di Heinrich Heine, Bernard Lazare, Charlie Chaplin e Franz Kafka. Esse costituiscono, in maniera paradigmatica, la "tradizione nascosta" di quegli ebrei che avrebbero preferito restare degli emarginati, degli Aussenseiter, o, per riprendere la categoria di Max Weber che offre il titolo al saggio, dei paria - più o meno consapevoli - piuttosto che diventare dei "nuovi ricchi" integrati e conformi ai dettami della società, ovverosia dei parvenus. Paria e parvenus rappresentano, nella teorizzazione proposta da Arendt, due poli contrapposti e sovente confliggenti dell'emancipazione e dell'assimilazione ebraica - reperibili, nella fattispecie, nella storia dello Stato prussiano, e nel suo concedere (e quindi sottrarre) diritti "umani" all'ebreo, a patto che questi rinunci al proprio ebraismo. Rifiutando una simile offerta, il paria vive una libertà irriverente e paradossale. Essenzialmente "fuori luogo", posto ai margini della società, egli non accetta di abiurare e di rendersi così indistinguibile dalla medesima, testimoniando in tal modo la propria insuperabile alterità ebraica.
Religioso è quel nichilismo che in particolari momenti di crisi si presenta in nome di esigenze religiose e pretende di essere una religione. Se ogni religione è una risposta al problema della morte, non ogni nichilismo è negazione della vita. Dallo gnosticismo e misticismo del cristianesimo alla tradizione mistica dell'islam fino all'ebraismo, analoghi movimenti di liberazione ed emancipazione rivendicarono un senso dell'esistenza dovendo come eresie sottrarsi alle persecuzioni religiose prima di manifestarsi in ambito profano nel passaggio dall'immaginario rivoluzionario a quello illuministico. Un fenomeno complesso e controverso, che rischia di rovesciarsi dialetticamente in una ideologia della morte oppure della vita, strappato a secoli di oblio da Gershom Scholem grazie alle sue ricerche sulle grandi correnti della cabbalà, per arrivare nel presente testo a mostrare questo fenomeno come aspetto mistico dell'illuminismo.