Molti si sono avventurati nella rappresentazione storiografica degli avvenimenti successivi alla Crocifissione del Cristo: la richiesta del corpo al tiranno romano, il penoso rito della sepoltura, la meraviglia della resurrezione. Nessuno mai ha descritto tali avvenimenti scrutando nell'animo delle persone coinvolte: gli Apostoli, Nicodemo, Giuseppe D'Arimatea, Pilato. La narrazione è in "Dolce Stil Novo", il più nobile e raffinato linguaggio che la cultura letteraria italiana abbia mai prodotto.
È il 1578. Il giovane missionario gesuita Matteo Ricci trascorre alcuni anni in India, a Cochin, porto del Malabar, emporio delle spezie, città di coabitazione tra comunità religiose ed etniche diverse. È inviato dai superiori del collegio in cui vive a rintracciare un antico missionario, Padre Alvaro Penteado. Abbandonato dai connazionali, ma considerato un uomo santo dagli indiani, il vecchio, che non ha quasi più nulla di europeo, sembra confuso e schiacciato dai suoi fallimenti. Ma il suo racconto trascina il giovane, lo sommerge come le acque torbide della laguna di Cochin, guidandolo alla scoperta di un mondo smisurato e conturbante, conducendolo dove egli, con tutta la sua scienza e la sua razionalità, non avrebbe mai voluto o pensato di spingersi.
È molto probabile che la novella sia stata portata al Nord dallo stesso Boccaccio, quando nel 1351 fu inviato in Tirolo come "ambaxiator solemnis" di Firenze, per farne dono propiziatorio a qualcuno. Qui Camilleri, oltre a raccontare come venne in possesso di una copia manoscritta dall'originale autografo, chiarisce anche le probabili ragioni che mossero Boccaccio a escludere questa novella, in origine forse destinata alla Giornata Terza del "Decamerone", dalla raccolta definitiva.