Caso o divina provvidenza. Ateismo o religione. Politica o chiesa cattolica. Satana o Spirito Santo? Questo volume mira ad aprire le menti, a presentare delle testimonianze per esaminare degli scritti nel pieno del giubileo straordinario della misericordia, indetto da papa Francesco con la bolla pontificia "Misericordiae Vultus". La colonna portante è il dattiloscritto "S. Ignazio licenziato" elaborato negli ultimi anni di vita di padre Antonio Caruso sacerdote gesuita che ha collaborato per quindici anni nella Segreteria di Stato Vaticano al servizio dei tre papi. Una riflessione specifica sulla Compagnia di Gesù, fondata dallo spagnolo Ignazio di Loyola, che istituì l'ordine religioso.
"Tredici uomini coraggiosi che ci mostrano quotidianamente cosa voglia dire la parola missione, cosa significhi amare il prossimo e cosa sia davvero la Chiesa. Questa carrellata di storie necessarie, di esperienze uniche, mostra chiaramente come dal racconto, dalla denuncia possa arrivare il riscatto. Come dal racconto di tredici vite eccezionali, fatte di vittorie e spesso di sconfitte, si possa comprendere una terra e amarla anche se non ci appartiene. Se poi quella è proprio la tua terra, quella in cui sei nato e cresciuto, ecco che queste esperienze ti danno le coordinate. Ti mostrano come poter vivere, come potercela fare. Come la disperazione può essere trasformata in speranza, in vita." (dalla Prefazione di Roberto Saviano)
Molti si sono avventurati nella rappresentazione storiografica degli avvenimenti successivi alla Crocifissione del Cristo: la richiesta del corpo al tiranno romano, il penoso rito della sepoltura, la meraviglia della resurrezione. Nessuno mai ha descritto tali avvenimenti scrutando nell'animo delle persone coinvolte: gli Apostoli, Nicodemo, Giuseppe D'Arimatea, Pilato. La narrazione è in "Dolce Stil Novo", il più nobile e raffinato linguaggio che la cultura letteraria italiana abbia mai prodotto.
La filosofia è trama di vita e di concetti, è testimonianza, di un pensiero vivente che attiva con un vivere-con, una costante sunousia, una convivenza nel pensare. La creazione di idee è filosofia se trascina e alimenta una prossimità estranea, se agita l'incontro tra vite pensanti. Il volume intende testimoniare, di un percorso filosofico, esperienza vissute, confronti reali, scambi amicali, pensieri in comune, provando a restituire una stratigrafia di trasformazioni personali di idee, domande, disposizioni, attenzioni, selezioni.
Edith Stein, filosofa ebrea, allieva di Husserl e di Scheler, intelligente, vivace iniziata in età precoce agli interessi culturali dai fratelli maggiori, nel 1910 si iscrisse all'università di Breslavia, unica donna a seguire, in quell'anno i corsi di filosfia. Nell'estate del 1921, Edith lesse - in una sola notte - la Vita di Santa Teresa d'Avila. Nel chiudere il libro alle prime luci del mattino, dovette confessare a se stessa: "Questa è la verità!". Si convertì alla religione cattolica e ricevette il battesimo qualche mese dopo con grande dolore della famiglia. Poco dopo Edith divenne monaca carmelitana. Nonostante ciò fu deportata ad Auschwitz e lì morì. Nel saggio l'autrice illustra chiaramente il messaggio della Stein circa la posizione della donna nella società moderna: un messaggio coraggiosamente lanciato circa ottanta anni fa in un clima di dichiarato anitfemminismo.
Il volume propone alcuni scritti del semitista e islamista italiano Giorgio Levi Della Vida. Filo conduttore dei saggi: le caratteristiche e le vicende storiche e religiose di due popoli, l'ebraico e l'arabo, i cui incontri e conflitti sono di grande attualità. Le tematiche affrontate sono di notevole interesse; tra di esse, un rilievo particolare occupano quelle relative al rapporto tra Oriente e Occidente, tra Ebraismo e Cristianesimo, la visione di Dio nell'Antico Israele ed il predominio europeo sul mondo arabo e la formazione degli Stati contemporanei. Nonostante la complessità degli argomenti, la prosa è chiara e accessibile.
Dopo "Forcella tra inclusione ed esclusione sociale", una nuova testimonianza del giovane don Luigi Merola che da anni vive sotto scorta che ama definire affettuosamente i miei "angeli custodi terreni".
È il 1578. Il giovane missionario gesuita Matteo Ricci trascorre alcuni anni in India, a Cochin, porto del Malabar, emporio delle spezie, città di coabitazione tra comunità religiose ed etniche diverse. È inviato dai superiori del collegio in cui vive a rintracciare un antico missionario, Padre Alvaro Penteado. Abbandonato dai connazionali, ma considerato un uomo santo dagli indiani, il vecchio, che non ha quasi più nulla di europeo, sembra confuso e schiacciato dai suoi fallimenti. Ma il suo racconto trascina il giovane, lo sommerge come le acque torbide della laguna di Cochin, guidandolo alla scoperta di un mondo smisurato e conturbante, conducendolo dove egli, con tutta la sua scienza e la sua razionalità, non avrebbe mai voluto o pensato di spingersi.
In questo libro, alla sua terza edizione, il grande storico pone al centro del discorso la storia, la realtà così com’è. Cultura e società vengono visti come ambiti aventi una loro logica. E l’insieme di questi ambiti costituisce il condizionamento storico e sociale senza il quale la realtà non può esistere. Una storia del Mezzogiorno illustrata in una nuova luce antropologica e storica con al centro l’uomo e il suo operato.
La globalizzazione è un prodotto della modernità occidentale, la conseguenza di un processo cumulativo e trasformativo scatenato dagli spettacolari sviluppi delle comunicazioni, della liberalizzazione economico-finanziaria e dell'apertura delle frontiere. Ormai la globalizzazione è un processo sociale irreversibile. Ogni Paese deve fare la sua parte nel mantenere sani i "fondamentali" dell'economia, nel migliorare le scuole, rispettare la legalità internazionale. La globalizzazione ha bisogno di una effettiva governance globale. Non di un utopico "stato mondiale", ma della cooperazione internazionale e della vasta rete di contatti tra individui e aziende, emersa negli ultimi venti anni. La leadership politica dovrebbe sentirsi attratta dall'opportunità di riformare le attuali istituzioni multilaterali (o di definire i contorni di istituzioni nuove) e aprire al mondo una nuova era di prosperità nella libertà e nella sicurezza. Una sfida intellettuale paragonabile a quella che si trovarono di fronte i padri fondatori degli Stati Uniti, quando vennero chiamati a disegnare le istituzioni per governare uno spazio senza frontiere e costruire una nazione "a pluribus unum": l'unità nella diversità della popolazione americana.
La decostruzione di Jacques Derrida può forse trovare un suo esemplare nella tecnica dello struzzo per mettersi al riparo dai pericoli narrata da Jacques Lacan, in un commento a una celebre novella di Edgard Allan Poe. "[...] esso scrive Lacan - meriterebbe di essere qualificato come animale politico, per il fatto di ripartirsi in tre partners, il secondo dei quali si crede rivestito di invisibilità per il fatto che il primo ha la testa affondata nella sabbia, mentre lui lascia che un terzo gli spenni tranquillamente il didietro". In qualche modo la decostruzione e il suo gesto attraversano il lavoro del terzo di questi partners. Nel senso almeno che essa interviene laddove ogni copertura lascia qualcosa di scoperto. Il filosofo è tuttavia assai più scaltro dello struzzo. Quando va a fondo, quando sprofonda nell'intensità concettuale, in qualche modo, copre, ricopre sempre, con un certo velo ciò che resta fuori copertura. I due movimenti non si dispongono in successione ma appartengono al medesimo atto della stessa scena. La direttrice principale del volume indaga la messa in opera di quest'arte della velatura, introduce la metonimia di una mano e chiede conto alla filosofia della "différance" se opera della filosofia e opera dell'arte abbiano a che fare con la medesima arte della velatura, con la medesima manualità, o in altre parole se la metafora della filosofia sia convertibile con la metafora dell'opera dell'arte.
Per la prima volta un'originale affresco di mille anni di storia dell'Europa, osservata attraverso i luoghi della vita che hanno contribuito a costruirne identità e tratti distintivi. Castelli, monasteri, villaggi, città sono state le sedi più importanti della vita organizzata in comunità, le forme associative in cui donne e uomini del nostro continente hanno potuto vivere insieme, provare sentimenti comuni, realizzare stili, valori, ideali su cui ancora oggi poggia la civiltà europea. Un libro non solo di storia, ma di architettura, di arte, di vita quotidiana, di psicologia e antropologia storica. Corredato di un apparato di circa 100 immagini tra colore e bianco/nero che costituiscono esse stesse un efficace "testo nel testo", quest'opera vuole anche suggerire percorsi e viaggi attraverso i luoghi della vita in Europa.