"Il più grande missionario", "il vero fondatore del cristianesimo", "l'enfant terrible delle origini cristiane": sono alcune delle definizioni che sono state date di Paolo, una delle figure più affascinanti della cristianità. Ma chi era veramente Paolo di Tarso? Il libro ne ripercorre la formazione culturale, le esperienze e le traversie, i viaggi missionari, illustrando la forza rivoluzionaria del suo pensiero.
In certi momenti vien voglia di mandarlo al diavolo, dal quale egli forse proviene; in altri, di tenercelo stretto come un compagno di viaggio che instilla dalla soglia della nostra coscienza il tormento e la suggestione del nulla Che cosa sono queste «vanità delle vanità» di cui ci parla il Qohelet? Un messaggio di disperazione o un appello alla libertà? Per millenni questo enigmatico libro della Bibbia è stato interpretato come un'eccezione, anzi una contraddizione o uno scandalo nel messianismo ebraico e cristiano, il quale insegna a non disperare, poiché la storia ha un senso che ci condurrà alla «pienezza dei tempi». Ma nel frattempo dobbiamo forse annichilirci, impazzire di disperazione e riempire le nostre giornate con la ricerca di vani, insensati e fuggitivi piaceri, per non farci annientare dalla consapevolezza della nullità delle nostre vite? Meglio allora per l'uomo non esser mai nati: è questo che dobbiamo concludere? Ma perché dovremmo condannare come illusoria l'azione rivolta a costruire, nella vita individuale e in quella collettiva, qualcosa che vano non sia? Una lettura controcorrente che cerca di vedere un poco più chiaro nella potente poesia di questo testo apocalittico.
La Bibbia non è solo «il» libro della religione ebraica e cristiana; è anche uno sterminato magazzino di storie e immagini che hanno influenzato nel profondo l'arte occidentale. Poeti, romanzieri, pittori vi hanno regolarmente attinto rendendo spesso il loro lavoro, consapevoli o meno, un'eco, un riflesso di quelle storie, in breve una sorta di riscrittura delle Scritture. Così come aveva fatto raccontando in un libro fortunato le reincarnazioni di Ulisse lungo i secoli della letteratura europea, Boitani rintraccia qui il riaffiorare della Parola in una pluralità di autori lontani e diversi, da Dante a Saramago, da Shakespeare a Faulkner, da Milton a Thomas Mann. È un viaggio vertiginoso, iniziato oltre vent'anni fa, che testimonia quante sorprendenti ricchezze ancora ci può riservare la nostra tradizione culturale quando è esplorata per sentieri originali da un lettore come Piero Boitani.
Il libro indaga i diversi usi del vocabolo exodos, a partire dalla letteratura greca antica fino alla letteratura cristiana dei primi secoli, attraverso un percorso unitario e sistematico. Sono tre le domande principali che costituiscono il filo conduttore della riflessione: perché la partenza degli israeliti dall'Egitto viene chiamata exodos? la storia di tale sostantivo nella letteratura di lingua greca può spiegare questa scelta terminologica? fino a che punto tale scelta ha influenzato la ricezione dell'idea dell'esodo? Nella ricerca storica, filologica e biblica questa tematica non era stata finora affrontata in maniera sistematica ed esaustiva. Utilizzando un approccio lessicale, filologico e storico, il volume intende colmare una lacuna importante nella conoscenza di un termine che ha segnato la nostra storia sin dall'antichità.
A esplorare l'intreccio incandescente fra religione e violenza ci conduce in queste pagine una guida d'eccezione. Ecco le guerre di Dio, la violenza che reca il marchio sacrale: presente in molti luoghi dell'Antico Testamento, dal conflitto fra tribù alla guerra santa, quasi scompare nei Vangeli, alla luce del dirompente messaggio di Cristo. Poi è la volta del fondamentalismo, «la lettera che uccide», un fenomeno che oggi riguarda soprattutto l'islam, ma che si inscrive anche nella tradizione ebraico-cristiana. Infine, tocchiamo il tema, vivo e lacerante ai nostri giorni, del rapporto con lo straniero: un incontro che può generare esclusione e rigetto, come emerge in vari passi biblici nazionalistici o etnocentrici, ma che può diventare anche dialogo, aprendosi all'universalismo della salvezza e all'uguaglianza di tutti gli esseri umani.
La Bibbia - Antico e Nuovo Testamento - ha impregnato di sé la storia dell'Occidente. Lo ha fatto in modo diretto nella sua duplice, forte tensione interna ebraico-cristiana e, in modo indiretto, attraverso gli influssi che ha esercitato sull'islam e sulla stessa cultura laica. Nel fornire una introduzione alla Scrittura che ne valorizza la ricca veste letteraria e i molteplici contenuti, l'autore ripercorre le tappe di formazione del testo biblico, i modi in cui è stato interpretato, i grandi temi del suo messaggio, e ne illustra alcuni personaggi chiave.
«Grande codice dell’Occidente», «giacimento culturale», «guida sapienziale», «libro-mondo», «grammatica dell’esistenza», «testo dell’essere nella storia e dell’esserci della storia», «specchio dell’invisibile volto di Dio»: l’elenco delle definizioni, sacre o profane, rigorose o evocative, potrebbe continuare. Nelle sue varie versioni, la Bibbia è il testo sacro per ebrei e cristiani; inoltre molte delle sue storie sono presenti nel Corano. La sua grande forza germinativa è attiva da secoli, oltre che nelle tradizioni religiose, nella cultura, nell’arte, nelle letterature, nella riflessione filosofica e politica, nella sfera civile. È possibile trovare il bandolo per raccontare il «Racconto dei Racconti», nella sua peculiarità di testo «rivelato» che rimanda alla fede, e di testo «secolare» che rimanda alla cultura? Sì, e il risultato sarà tanto più avvincente quanto più si terrà conto – come fanno queste pagine – che si è di fronte a un’opera nella quale le visioni di fede si esprimono attraverso un linguaggio radicato nella concreta esperienza umana. Troviamo infatti, nelle parabole e negli apologhi, nelle figurazioni, nelle vicende narrate, prove morali e materiali, conquiste spirituali, fraternità, inimicizie, fiducia, disperazione, cadute terrene, riscatti, e nel fondo un inestinguibile desiderio di pace.
Piero Stefani insegna Bibbia e cultura nella Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano ed è presidente del Segretariato Attività Ecumeniche (SAE). Fra i suoi libri ricordiamo «L’Apocalisse» (2008) e «Gesù» (2012) per il Mulino; l’edizione di Qohelet (Garzanti, 2014); «L’esodo della Parola. La Bibbia nella cultura dell’Occidente» (EDB, 2014); «La Bibbia di Michelangelo» (Claudiana, 2015) e «Sulle traccedi Dio» (Qiqajon, 2017).
Nel Vangelo di Luca si narra di Lazzaro, un povero mendicante affamato e piagato alla porta di un ricco gaudente. La parabola ebbe grande fortuna nell'Italia e nell'Europa fra tardomedioevo e prima età moderna, grazie ai predicatori che ne fecero il loro cavallo di battaglia. Seguirne le metamorfosi - come fa questa documentata ricerca - significa pertanto approfondire i modi in cui una articolata comunicazione religiosa rappresentava la società del tempo, attraverso una serie di tematiche come le vesti, i segni del lusso, le regole della carità e la sfuggente identità del povero, la tensione fra ricchezza mondana e destino eterno, le strategie per coniugare denaro e salvezza, l'immaginario dell'aldilà.
Una parola che evoca eventi ineluttabili, senso di angoscia, visioni enigmatiche, simboli indecifrabili: Apocalisse significa rivelazione; di che cosa? Di una serie di catastrofi che preannunciano la fine del mondo? Dell'avvento di una realtà nuova piena di gioia e priva di morte? Della signoria di Gesù Cristo sulla storia? Parlare di Apocalisse significa riferirsi a un genere letterario e una corrente religiosa, ma soprattutto all'ultimo testo del Nuovo Testamento, conosciuto come Apocalisse di Giovanni. Il volume, attraverso la storia, la letteratura, l'arte, propone un viaggio nel mondo visionario e simbolico della rivelazione che sigilla la Scrittura.
Oggetto del libro sono alcuni temi morali e religiosi, o filosofici e religiosi, che trovano incarnazione in determinati libri o passi della Bibbia. Così il tema della vita guardata dalla prospettiva della morte, che è il tema per eccellenza dell'Ecclesiaste; e il tema del dolore, soprattutto del dolore immeritato, che ha la sua incarnazione nel Giobbe; poi Abramo e l'intercessione del giusto che ottiene la misericordia di Dio; l'esodo degli ebrei dall'Egitto e l'aspettativa della liberazione; infine le visioni del giudizio e della fine nell'Apocalisse.
La storia della torre di Babele e della confusione delle lingue, raccontata in venti righe dal significato non chiaro incuneate nel testo della Genesi, è penetrata durevolmente nell'abbecedario simbolico dell'Occidente. Nel suo libro l'autore esamina innanzitutto il racconto della Genesi con le armi della filologia e ricapitola i tentativi che si sono fatti di identificare il fatto storico all'origine del racconto e di localizzare la torre stessa. Quindi racconta le interpretazioni date nell'ermeneutica ebraica, nella cultura medioevale, nella pittura. Infine si chiede: che cosa vuol dire per noi Babele? Il mito di Babele si offre per una intensa riflessione sulla condizione dell'uomo di oggi e sulla condizione umana in genere.