L'autore. studioso e coraggioso anticonformista, analizza in termini culturali e filosofici il percorso tortuoso e complesso dell'Italia unita dal particolare punto di vista dello Statao nazionale. Un compendio di storia italiana dal 1861 a oggi.
Dopo settant’anni il nome di Aldo Gastaldi (Genova 17 settembre 1921 – Desenzano del Garda 21 maggio 1945) continua a risuonare nella memoria di chi ha preso parte alla lotta di liberazione.
Sottotenente del 15° Reggimento Genio, a pochi giorni dall’armistizio sale in montagna e nel giro di pochi mesi, con il nome di “Bisagno”, diventa il comandante più amato della Resistenza in Liguria.
Gastaldi interpreta il ruolo non come potere, ma come servizio: è il primo a esporsi ai pericoli e l’ultimo a mangiare, riserva a se stesso i turni di guardia più pesanti. Si conquista così l’amore e la stima degli uomini e delle popolazioni contadine, senza il cui sostegno la lotta partigiana sarebbe stata impossibile.
Cattolico, apartitico, con un carisma straordinario, si oppone con decisione a ogni tentativo di politicizzazione della Resistenza. È ricordato come “primo partigiano d’Italia”. La sua statura umana e cristiana ha segnato la vita di molti compagni.
Settembre 1944. Un ragazzo è fatto prigioniero dai tedeschi durante un rastrellamento. Riesce a fuggire in modo avventuroso dal carcere di Peschiera e si nasconde per un lungo inverno nei boschi sul monte Baldo, dove si fronteggiano tedeschi e partigiani.
La scrittura essenziale e coinvolgente dell’autrice ci restituisce il fascino del racconto che amava ascoltare dalla viva voce dello zio Nello e ci fa rivivere un momento drammatico della nostra storia, rischiarato da gesti di umanità, di solidarietà e di amicizia.
La Primavera di Praga rivela come la contraddizione fra libertà e ideologia non può non emergere dove l'uomo guarda con realismo alla sua dignità e al suo compito storico. «La Primavera è stata vista come lo scontro fra quelli che volevano conservare il sistema così com'era e quelli che lo volevano riformare. Così facendo si dimentica che questo scontro era solo l'ultimo atto di un lungo dramma condotto nell'ambito dello spirito e della coscienza della società. All'inizio di questo dramma ci furono da qualche parte degli individui che anche nei momenti più duri riuscirono a vivere nella verità. Il tentativo di una riforma politica non fu la causa del risveglio della società, ma il suo esito ultimo». V. Havel Antologia di documenti realizzata in occasione della mostra presentata alla XXIX edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli di Rimini.
Questo compendio, nato da una lunga esperienza di insegnamento, propone una sintesi ragionata del processo di formazione della cultura italiana ed europea, che fin dal Medio-evo ha messo l'uomo al centro. Una visione antropocentrica assolutamente originale, quella medievale, compenetrata di teocentrismo, nella quale la fede alimentava lo sguardo dell'intelligenza, lo slancio ideale del fare, l'immaginazione creativa. Lo splendore della Scolastica di san Tommaso e della poesia di Dante sono il vertice di un millennio di imprevedibile ricchezza di civiltà. L'autunno del Medioevo si avverte già nel Trecento: sono anticipati gli aspetti di un profondo cambiamento culturale, che si manifesta progressivamente nei due secoli successivi nei diversi ambiti della vita. Con la Riforma luterana e le successive ramificazioni, il tessuto unitario dell'Europa medievale viene lacerato e diversamente ricomposto; infine, la riscoperta dei classici greci e latini diventa motore di una nuova antropologia. La centralità dell'uomo rimane, ma suffragata dalla categoria dell'autonomia. Nel XVII secolo, poi, la scienza e la gnoseologia ribaltano il primato della metafisica e i laboratori della politica elaborano meccanismi del potere, sempre più autosufficiente e autoimmanente.
L'Età dei Lumi mette a fuoco l'autosufficienza dell'uomo, appellandosi alla sua razionalità: la ragione è elevata a signora del mondo fisico e del mondo etico e la nuova scienza della natura documenta la sua potenza. La ragione ha il compito di rischiarare la realtà, combattendo le tenebre dell'ignoranza. Prende forma per la prima volta nella storia un'ideologia che ha l'ambizione di guidare le coscienze, interpretando il cosmo e governando il cambiamento della società. Si afferma una nuova antropologia, le cui categorie fondamentali sono il cosmopolitismo e l'individualismo, e si attua una profonda rottura con la tradizione religiosa, culturale e istituzionale dell'Europa. «E io, che sono?» La domanda leopardiana sintetizza la svolta della sensibilità romantica. La questione del significato delle cose e dell'esistenza individuale impegna tutte le facoltà e occupa ogni dimensione dell'uomo. L'uomo ha un destino che lo chiama a guardare oltre la finitezza della ragione e ad affacciarsi sull'infinito. La cultura dell'Occidente europeo riprende confidenza con il senso del mistero e dell'unicità originale dell'io.
La seconda metà del XIX secolo sembra avverare il sogno antropocentrico secolarizzato e realizzare il vaticinio baconiano, che annunciava l'alleanza tra sapere e potere. L'industrializzazione promette un mondo rifatto dall'opera dell'uomo grazie alle virtù del sapere scientifico. La cultura del Positivismo celebra la fede nuova nell'uomo e nel progresso. Il XX secolo, uno tra i più tragici della storia, si apre annunciato da un'atmosfera di ebbrezza spensierata. Si tratta però di un velo, destinato a coprire ancora, solo per poco tempo, l'insospettata realtà delle cose, cioè che il disegno di un mondo tutto e solo umano, oltre che una chimera irragionevole e irrealizzabile, è una minaccia per l'uomo stesso. La cultura del XX secolo è il testimone involontario e sofferto di un disegno andato in frantumi. Essa scopre la terra desolata dell'esistenza, invasa dall'inarrestabile logica della massificazione sociale, economica e politica, e dalla corruzione di ogni significato. Tuttavia non è solo constatazione di uno smacco: il desiderio di vero e di bene, l'agostiniana inquietudine del cuore tornano ad affacciarsi come attesa di una grazia che sia risposta alla domanda dell'uomo.
La storia dei fratelli Hans e Sophie Scholl che diedero vita al movimento di opposizione al nazismo e che furono giustiziati il 22 febbraio 1943. Attraverso il racconto della sorella Inge, di amici e di testimoni delle loro ultime ore, emerge una passione per la vita che nemmeno il terrore del regime potè soffocare. «Possiamo veramente chiamarli eroi? Non hanno fatto nulla di sovraumano. Hanno difeso una cosa semplice, sono scesi in campo per una cosa semplice: per i diritti e la libertà dei singoli, per la loro libera evoluzione e per il loro diritto a una vita libera. Non si sono sacrificati per un'idea fuori del comune, non perseguivano grandi scopi. Ciò a cui aspiravano era che gente come te e me potesse vivere in un mondo umano. Il vero eroismo consiste forse proprio nel difendere con costanza la vita quotidiana, le cose piccole e ovvie» (Inge Scholl).
Il 22 febbraio 1943 i fratelli Scholl furono giustiziati per alto tradimento del popolo tedesco in quanto appartenenti al gruppo della Rosa Bianca. Solo quattro giorni prima erano stati arrestati all'Università di Monaco mentre distribuivano volantini. Avevano 24 e 21 anni. Il loro non fu il gesto eroico di un momento. Le lettere e i diari, che coprono un arco di sei anni, ci introducono nel cuore di Hans e di Sophie e ci fanno scoprire un indomabile desiderio di vita che neppure il drammatico contesto del nazismo e della guerra poté soffocare. Quell'ora buia fu la circostanza nella quale sbocciò il fiore di una umanità straordinaria resa feconda dall'esperienza di qualcosa capace di rendere la vita piena di letizia. Fino al sacrificio di sé.
Nell'estate del 1942 e nel febbraio del 1943 alcuni studenti della facoltà di medicina di Monaco di Baviera distribuiscono volantini firmati «Rosa Bianca» che incitano alla resistenza contro Hitler e chiedono libertà per il popolo tedesco. Perché rischiano la vita? Che cosa li unisce? Da dove nasce in loro il coraggio e il giudizio? La «Rosa Bianca» non è innanzitutto un gruppo di resistenza, quanto piuttosto un gruppo di persone unite da una profonda amicizia: Alexander Schmorell, Sophie Scholl, Hans Scholl, Willi Graf, Kurt Huber, Christoph Probst, Traute Lafrenz e altri. «Del gruppo che qui ho messo assieme avrai già sentito parlare. Gioiresti di questi volti, se tu li potessi vedere. L'energia che uno dedica a quei rapporti rifluisce tutta intera nel proprio cuore», scrive Hans Scholl. Catalogo della mostra organizzata in occasione della XXVI edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli (Rimini).