C'è un interrogativo che sale dal cuore della terra e che nel Figlio di Dio è divenuto un lacerante grido al Cielo: «Perché?». Fin dalla notte dei tempi l'umanità si è scontrata con la dura roccia del dolore, talora urtando violentemente contro di essa, altre volte fuggendola con orrore oppure cercando di scalarla per dominarla. Ma il gemito del morire di Gesù - che riassume quello di ogni figlio dell'uomo - si è fatto, al mattino di Pasqua, grido di gioia, nel cuore della Madre Chiesa, per la nascita dell'uomo nuovo. Le pagine del seguente volume, nate in un contesto di lectio divina, fanno risuonare dapprima il lamento di Giobbe, che si innalza fino alla bestemmia disperata e impotente, e poi quello di Gesù, il «Santo che soffre» (G. Ungaretti), nel quale si rivela l'amore di Dio, che non vuole la morte dell'uomo, ma che egli viva e assuma la sua esistenza come una vocazione e un compito da realizzare in alleanza con Lui. «È noto l'interrogativo degli antichi: «Se c'è un Dio giusto, perché il male? E se c'è il male, può esserci un Dio giusto?». Chi, come Giobbe, pone domande a Dio, e lo fa con coraggio, non troverà risposte razionalmente esaurienti al perché della sofferenza, ma troverà Dio stesso in persona, nella cui luce si svela il senso profondo del vivere e del morire» (Sandro Carotta).
Nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate il Papa ha dedicato un intero capitolo alle forme moderne di pelagianesimo e gnosticismo, definiti i «due nemici della santità». A sua volta, la Congregazione per la Dottrina della Fede nella Lettera Placuit Deo ha approfondito il contenuto teologico del frequente richiamo alle antiche eresie da parte dell’attuale magistero pontificio.
In numerosi pronunciamenti, dall’Esortazione apostolica Evangelii gaudium – documento programmatico del pontificato – al Discorso al Convegno di Firenze, Francesco riconosce nelle eresie pelagiana e gnostica alcuni tratti comuni che rappresentano «pericoli perenni di fraintendimento della fede biblica», dai quali conseguono atteggiamenti pastorali che il Papa non esita a definire espressioni di «un cristianesimo senza Cristo».
Il presente volume intende cogliere le ragioni di questa sorprendente insistenza con cui Francesco descrive le tentazioni della Chiesa contemporanea e mettere in luce il suo invito a superare ogni riduzione etica o dottrinale del cristianesimo e a riscoprire la coincidenza del metodo e del contenuto dell’esperienza cristiana, ricentrando così la teologia e la pastorale nella «carne di Cristo».
«L’autore ha avuto il coraggio di entrare in una questione complessa, affrontando uno dei temi fondamentali – per non dire il fondamentale – del magistero di papa Francesco: “la carne di Cristo”. Lo ha fatto con una documentazione ampia, rimandando continuamente alle fonti e tracciando un filo conduttore lineare».
Dalla prefazione di mons. Erio Castellucci
"In questi Esercizi ho scelto di soffermarmi sul tema centrale del cristianesimo, vale a dire sull'amore come essenza di Dio che si è rivelato in Cristo. Di nulla abbiamo bisogno, noi e il nostro mondo, più che di Dio. Viviamo in un tempo di sofferenza senza precedenti. E la sofferenza, almeno quando è vissuta con purità e semplicità, dissipa gli idoli ai quali l'uomo si afferra e apre il cuore a Dio. Egli si è rivelato in Cristo come amore Trinitario, come comunione di persone. Solo alla luce del suo amore possiamo scoprire il nostro vero volto e possiamo essere noi stessi. Vivendo un rapporto vero e profondo con Lui, possiamo anche ridestare il mondo alla Sua presenza" (dall'introduzione dell'autore).
Queste meditazioni teologiche ci offrono un originale approccio alla fede come il "grande affare". Gesù stesso amò parlare del regno di Dio con immagini di tipo economico: la perla preziosa o il tesoro nascosto per i quali vale la pena lasciare tutto in vista del centuplo. Del resto come può essere credibile e desiderabile il dono della fede se esso non si mostra conveniente, "capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda anche in mezzo alle prove?" (Francesco), se esso non risulta utile per affrontare le sfide del vivere, a compiere ciò che di più vero e di più profondo il cuore desidera?