La storia di Sophie Germain, una delle più brillanti menti matematiche di sempre, vissuta a Parigi tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, è emblematica del rapporto tra donne e scienza e solleva questioni attuali ancora oggi. Con il suo originale lavoro di ricerca e i suoi importanti contributi scientifici, Sophie Germain si è opposta alla convinzione comune del suo tempo che le donne non fossero capaci di un lavoro scientifico indipendente, cambiando per sempre il concetto di studiosa donna e guadagnandosi il titolo di matematica rivoluzionaria. Nota per gli studi sulle superfici elastiche applicati alla Tour Eiffel, ma soprattutto per i risultati significativi raggiunti nel campo della teoria dei numeri, Sophie Germain si è dovuta in più occasioni fingere uomo per riuscire a coltivare la sua passione per questa disciplina. Dedita interamente alla scienza dall'età di 13 anni, ha dialogato alla pari con i più grandi matematici della sua epoca, ricevendo il plauso, tra gli altri, di Carl Friedrich Gauss, grazie al quale l'Università di Gottinga nel 1830 le riconobbe una laurea honoris causa. Nonostante ciò, i suoi meriti e la sua identità di scienziata sono stati a lungo negati dalla comunità scientifica.
Cina e Africa oltre i grandi numeri. Partendo dal racconto dei primi contatti avvenuti nella storia, Africa rossa cerca di restituire un'immagine a tutto tondo dei rapporti sino-africani, superando la dimensione puramente economica. Mentre la narrazione dei mass media propone in modo ossessivo quasi ogni giorno le statistiche del debito africano e degli investimenti cinesi, poco o nulla viene raccontato degli scambi politici e culturali tra i rispettivi popoli. Con l'invasione russa dell'Ucraina e il timore di una 'nuova guerra fredda', l'Africa e il Sud globale hanno acquisito un'importanza anche maggiore nell'agenda estera cinese. La Cina - che tutt'oggi si definisce 'il più grande paese in via di sviluppo' - sa di esercitare un notevole ascendente su quella parte di mondo che non si sente rappresentata da una 'comunità internazionale' a trazione occidentale. Può il 'modello cinese' dimostrarsi un mezzo di emancipazione sociale in quello che viene da molti considerato il continente del futuro? Attingendo ad aneddoti, fonti di prima mano e antiche storie dimenticate, il volume propone nuovi spunti di riflessione per comprendere civiltà, nei fatti, da noi ancora poco conosciute.
Nata dal progressismo di sinistra e dall'intento di costruire una 'democrazia sostanziale', la tecnocrazia è uno dei grandi progetti politici e sociali del nostro tempo e uno dei meccanismi fondamentali sul quale si basa il funzionamento del mondo globale. Definita spesso come 'governo degli esperti' o 'governo dei tecnici', da fatto politico la tecnocrazia diventa oggi, sempre più, fatto sociale. Un 'governo della tecnica' che, fuoriuscito dai ristretti confini dello Stato, invade le nostre vite attraverso le tecnologie digitali, l'intelligenza artificiale e l'onnipresenza degli algoritmi. Nessun regime politico e sociale della modernità ha mai potuto fare a meno di questa grande forza, nonostante la sfiducia crescente dell'opinione pubblica nelle capacità degli esperti di contribuire a risolvere i problemi e delle scienze sociali (prima fra tutte l'economia) di offrire soluzioni orientate verso l'interesse generale.È davvero pensabile una società democratica che faccia a meno del contributo degli esperti? Il progressismo, che ha inventato la tecnocrazia, può riprendere slancio ripensando il rapporto tra competenza, sovranità popolare e società? È a partire da queste e da altre domande sviluppate nel libro che è forse possibile ridare slancio alle nostre democrazie ferite.
L'Europa emerge distrutta dalla seconda guerra mondiale. Il suo ruolo nel mondo ha subìto un drastico ridimensionamento, ha perso il monopolio pressoché assoluto che aveva detenuto per secoli nella produzione di nuova conoscenza scientifica e di innovazione tecnologica, perché non ha saputo gestire quella modernità che aveva contribuito a creare. Ma dopo il conflitto, malgrado la 'cortina di ferro' che la divide, l'Europa riparte con rinnovata vitalità, seguendo un percorso di unificazione di cui la scienza è, ancora una volta, il collante culturale. Non a caso la prima istituzione comune che gli europei creano è il Cern, il grande laboratorio di fisica delle particelle di Ginevra. Per tutto il secondo Novecento lo sviluppo economico nella parte occidentale del continente si accompagna a una notevole espansione dei diritti civili e a una rinnovata eccellenza scientifica. La nuova globalizzazione trova, tuttavia, impreparata l'Europa. L'Unione Europea, in particolare, non riesce a tenere il passo del Nord America e dell'Asia orientale nella ricerca e nell'innovazione. Il welfare, che aveva caratterizzato il periodo precedente, di conseguenza ristagna. L'Unione si sente una 'fortezza assediata' ed eleva barriere. Nascono nuovi movimenti nazionalistici che mettono in discussione i capisaldi della democrazia. Le analogie con la prima parte del XX secolo sono molte. Riuscirà l'Europa a evitare gli errori del passato? Prefazione di Giulio Giorello.
Prima l'ascesa, luminosa. Poi la rapidissima caduta, disastrosa. Tutto nei primi anni del Novecento. Il lungo rapporto tra la scienza e l'Europa tocca il suo apice all'inizio del XX secolo, quando nel continente si verifica una seconda, grande rivoluzione scientifica che riguarda i fondamenti della matematica, lo sviluppo della fisica relativistica e quantistica, la sintesi neodarwiniana in biologia. La visione che l'uomo ha dell'universo che lo circonda viene modificata radicalmente, come mai forse era avvenuto in passato. Eppure questa rivoluzione viene prodotta mentre l'Europa entra in crisi, dilaniata dalla lunga guerra civile che la sconvolge per trent'anni: dal 1914, anno di inizio della prima guerra mondiale, al maggio 1945, quando termina la seconda guerra mondiale. Alla fine di questa catastrofe l'Europa ha perduto la sua leadership militare, economica e culturale nel mondo. Anche l'asse scientifico del pianeta si è spostato altrove, dopo che per tre secoli e più il piccolo continente ha mantenuto il monopolio mondiale della ricerca. Perché la crisi? In questo quarto volume della fortunata serie "La scienza e l'Europa", Pietro Greco ci fornisce in maniera chiara e quanto mai appassionante la risposta: l'Europa - e in particolare la Germania -non ha saputo governare la modernità, fondata sulla conoscenza scientifica, che essa stessa ha prodotto. Ha rotto il suo secolare rapporto privilegiato con la scienza.
La scuola, l'acquisizione della conoscenza, l'importanza della cultura: questi sono per Gramsci i temi che costituiscono l'essenza stessa della politica. Ne ha scritto moltissimo, ma questo inestimabile patrimonio di idee è andato disperso: strumentalizzato e spesso cancellato. Così come è stata cancellata la sua critica radicale all'ideologia religiosa, responsabile di aver condizionato la formazione degli italiani. D volume si pone l'obiettivo di recuperare l'organicità originaria del pensiero gramsciano, mostrandone la sua straordinaria attualità. Gramsci dice ai politici che hanno bisogno di cultura, agli intellettuali che devono essere politici, a tutti, come lui fa per l'intero arco della sua vita, che devono studiare e cercare, sempre. Contro la confusione, l'estemporaneità e l'indefinitezza delle ultime proposte per la scuola, scoprire e leggere Gramsci significa incontrare un pensiero non scisso tra teoria e prassi, potentemente coerente e contraddistinto da un interesse profondo per l'essere umano. Recuperare e restituire le idee di Gramsci sulla conoscenza che è vita, sulla storia degli esseri umani che è sempre progresso, sul sapere che non è mai facile, significa opporsi alla rassegnazione e all'idea della impossibilità di un cambiamento.
Nel XIX secolo la piccola Europa acquisisce la decisiva leadership mondiale. Non solo e non tanto perché assume il controllo militare di una parte notevole del resto del pianeta, ma anche e soprattutto perché diventa il luogo più ricco della Terra e il continente dove sono più avanzati i diritti civili e politici. Questa leadership è il frutto di una serie di grandi cambiamenti che si usa definire "rivoluzioni": la rivoluzione francese e anche quella americana alla fine del Settecento e la rivoluzione industriale all'inizio dell'Ottocento. Ebbene, all'origine di questi cambiamenti c'è un'altra rivoluzione: la rivoluzione scientifica del XVII secolo. Da Galileo a Newton, alcune decine di matematici e filosofi naturali disseminati per l'Europa producono una quantità di conoscenze sul mondo naturale senza precedenti, creando le premesse per il futuro sviluppo tecnologico e per la rivoluzione industriale. Ma gli uomini di scienza del Seicento danno vita anche a una comunità transnazionale che rappresenta un modello di trasparenza, democrazia, tolleranza e rigore che informerà di sé il secolo dei Lumi e la cultura del Vecchio continente, ponendo così le basi per la rivoluzione americana e la rivoluzione francese.
In un contesto straordinario e contraddittorio come quello tra Ottocento e Novecento dove "normali" difficoltà intralciavano la realizzazione dell'identità femminile, Camille Claudel riuscì ad affermarsi ritagliando uno spazio d'azione inedito e non piccolo all'arte e alle donne. Questa biografia ripercorre la vicenda della scultrice soffermandosi con sguardo critico sugli anni della sua stagione creativa, alla luce di alcuni snodi esistenziali che la influenzarono fortemente: il problematico rapporto con la famiglia, in cui s'intrecciarono istanze culturali e complessità patologiche; la storia d'amore e odio con lo scultore Rodin, egocentrico e geniale; il legame con il fratello Paul, esponente di rilievo di un cattolicesimo intransigente allora assai attivo in Francia; la malattia mentale e l'internamento in manicomio, che forse ostacolarono la completa maturazione del suo percorso artistico. L'autrice, con dovizia di particolari e argomentazioni, vuole dar conto dell'unicità di Camille Claudel, aprendo spiragli di ulteriore comprensione su una figura complessa il cui ruolo, nella Francia della Belle Epoque, merita di essere meglio precisato.
Nella seconda metà dell'Ottocento, nell'Italia postunitaria, si sviluppa un fervore d'idee e prassi che nei decenni contribuisce a definire una nuova scienza della niente dell'uomo; questo libro ne racconta un secolo e mezzo di storia. Vengono perciò esaminati gli atteggiamenti che medici e non (religiosi, filosofi, legislatori, psicologi) hanno avuto nei confronti della psiche e della sua malattia, sia dal punto di vista pratico che scientifico, dalle prime esperienze cliniche alle teorie che via via si sono contrapposte o intrecciate e che di volta in volta si sono affermate come dominanti. Esse hanno trovato espressione nelle varie prassi (custodialistiche, assistenziali, biofarmacologiche e psicoterapeutiche) e nelle diverse teorie (spirituali, filosofiche, psicologiche, biologiche). L'originalità di questa storia della terapia della mente sta nel proporre una visuale che di questi centocinquant'anni abbraccia, nello specifico, tutto il panorama culturale italiano e quindi esplora la psichiatria, la filosofia, la psicologia, la normativa psichiatrica e psicoterapeutica: dalla prima legge del 1904, alla parentesi del fascismo, ai fermenti degli anni Sessanta che confluiranno prima nella legge Ma-riotti e poi nella legge 180 del 1978, fino all'attuale sviluppo della psicoterapia italiana che mostra tratti di assoluta originalità.
Dalla condanna da parte del Cristianesimo dei sogni e dei loro interpreti fin dall'antichità, al pensiero nazista di Heidegger e l'estremo orrore dell'uccisione di milioni di persone fatte sparire come se non fossero mai esistite con le camere a gas e i forni crematori. Il j'accuse di Massimo Fagioli, che da oltre 40 anni denuncia la responsabilità criminale del pensatore tedesco, si svolge lungo la storia del pensiero, dai presocratici a oggi, intorno all'esistenza di una realtà umana oltre la coscienza. Quell'irrazionale che era per i greci l'animalità e che per la Chiesa cattolica ancora oggi è il male, il diavolo. All'idea di Heidegger di una violenza originaria umana che va oltre la distruzione delle cose, Fagioli oppone la scoperta della pulsione di annullamento, qualcosa che da dentro va verso l'altro essere umano, ma che alla nascita per la realtà biologica è fantasia di sparizione, capacità di immaginare, l'esatto opposto di "essere per l'eliminazione dell'altro".
Lise Meitner amava la fisica al punto da non riuscire a immaginare la sua vita senza. Terza di otto figli, ebrea, studentessa volenterosa sin dalla tenera età, Lise manifesta da subito interesse per la matematica e la fisica, che coltiva da sola, a casa. Nella liberale Vienna di fine Ottocento, infatti, le porte di molte delle scuole superiori sono chiuse per le donne e quelle dell'università del tutto sbarrate. Malgrado ciò Lise Meitner riesce a farsi strada, e diventa una delle poche donne a conseguire un dottorato in Scienze presso l'Università di Vienna e la prima in assoluto ad avere una posizione presso la Facoltà di Fisica dell'Università di Berlino. Costretta a scappare dalla capitale del Reich dopo l'annessione dell'Austria alla Germania nel 1938, nonostante ben dodici candidature non ottiene mai il premio Nobel, neanche dopo la scoperta della fissione nucleare. Con uno stile romanzato, ma strettamente ancorato ai fatti storici, Pietro Greco tratteggia l'affascinante profilo di una donna che ha dato un contributo fondamentale alla conoscenza del nucleo atomico e ha aperto una breccia nel muro della discriminazione femminile nell'ambito delle scienze.
Una donna controcorrente che ha attraversato il XX secolo a modo suo: né moglie, né madre, ma grande protagonista della scena scientifica. Questo libro è la prima biografia di Rita Levi-Montalcini pubblicata dopo la sua morte, un racconto della sua vita a cavallo tra l'Italia e gli Stati Uniti: i momenti di gloria e di sconforto, il laboratorio, la famiglia, il Nobel del 1986 e gli anni successivi, in cui c'è ancora tanta scienza ma pure impegno civile, sociale e politico. Sullo sfondo, le vicende cruciali della storia: il fascismo, le leggi razziali, il conflitto mondiale, la guerra civile, la rinascita postbellica, la prima e la seconda Repubblica. Con un linguaggio semplice e divulgativo, le due autrici tratteggiano il profilo di questa donna eccezionale e rendono accessibili a tutti le sue scoperte descrivendo il contesto scientifico nel quale avvennero. Nel filo della narrazione, costruita sulle tante testimonianze che lei stessa ha lasciato, si inseriscono le voci di Primo Levi, Pietro Calissano, Luigi Aloe e di altri che hanno conosciuto la 'Signora della scienza italiana', hanno lavorato con lei, le hanno voluto bene.