"Non si è trattato, e non poteva essere diversamente, solo di una esperienza individuale e privata, tesa a gratificare un mio narcisismo interiore.
Fino ad ora lo sguardo di questa cronaca é stato molto centrato su di me e sulle mie percezioni. Ma, ovviamente, non ero solo anche se a volte mi sentivo davvero solo (positivamente) anche in mezzo a tutti i pellegrini. Positivamente solo, perché la questione della fede si vive in comunità, ma passa inevitabilmente per una scelta ed una consapevolezza individuale [...] -Lino Morato (dall'interno)
L'autrice manifesta una crescita umana e letteraria attraverso questa sua quarta raccolta di poesie che denota un approfondito confronto con se stessa. La sua fede si rivela il fattore differenziale per la meta positiva di questa raggiunta maturazione.
“Non cercare altre mete che, essendo molto meno esigenti, sembrano per questo apparentemente più raggiungibili. Puntare al poco, significa voler essere poco; limitarsi al minio, corrisponde a voler essere minimi. No. Tu punta in alto, prendi una larga misura di riferimento (crf. Lc 5,4), non accontentarti di un orizzonte a corto raggio. Essere umili vuol dire mirare alla mediocrità, dire: “Ecco, mi accontento di poco”, se quel poco corrisponde a ciò che invece molto dovrebbe essere in termini morali e spirituali. Guarda me. Fissa me. Prendimi a tuo continuo riferimento. Ivi vi è infatti umanità perfetta e perfetta divinità. Il tuo modello è dato”.
Francesco G. Silletta è dottore in teologia. Ha pubblicato diverse opere con in distinte collane delle Edizioni La Casa di Miriam (Teologia, Spiritualità, Narrativa).
"Parlo con te, conoscendoti.
Sapendo cioè del desiderio transitivo che percepisci quando ti parlo: comunicare ad altri ciò che ti dico.
In questo modo, parlandoti, già vedo le mie parole trasmesse a coloro a cui tu a tua volta le comunicherai, percepisco ~ loro
commenti, i dissapori, ma anche le eventuali armonie che la tua trasmissione creerà in loro
Un parlare orchestrale che io accetto.
Non stupirti, però, se altri si comportano diversamente da te.
Ognuno di voi è diverso, ha una propria sensibilità che io non trascuro né violo.
Mai faccio forza rispetto a certe discrezioni [...]".
Non si tratta qui di una forzata ricerca interiore (conscia od inconscia), quasi che quanto scritto dipenda da un mio previo sforzo nell'acquisizione di determinati contenuti [...]. Libero da impedimenti di ordine volitivo, [...] mi inchino semmai al mistero di un fenomeno che certamente è reale nella sua forma ivi presentata [...]
"La meditazione di un evento, di una realtà, di un'opera letteraria, di un fatto storico, di un dato immaginativo o di altre cose ancora, in fondo è proprio questo: un atto uditivo (pur con modalità di unione diverse, a seconda del soggetto agente) degli elementi costitutivi la realtà posta ad oggetto di riferimento, di 'meditazione'.
Si tratta di una 'riflessione'[…], di un far accadere di nuovo, alcune scene accadute, certi momenti esperiti
una riflessione che evidentemente conduce il soggetto che la vive ad un progresso di conoscenza rispetto alla realtà in questione, appunto perché adesso 'rielaborata'[…], resa in un certo modo mansueta rispetto alla primitiva irruzione sensibile nella coscienza".
"Io lo so che mi stai cercando. Tu stesso ti percepisci in una condizione di ricerca. Pur tuttavia ti pare di non trovare tanto la mia meta, quanto il tuo stesso approdo. Né me, né te, avverti solo un profondo caos interiore. E ti agiti. La forza della tua agitazione, se fosse tradotta in santità, sarebbe quasi perfezione. Martirio. La natura del suo ordine è però un vento impetuoso. Non dolce alito vivificante. Tra me e te ti pare di percepire un abisso. Non in senso assoluto. Sai benissimo quali siano i rispettivi poli di abitazione. E ti scoraggi. Non che io non avverta il tuo grido, pur essendo alle volte sprezzante, altre volte afono, amalgamato in mezzo a tanti sussulti, ricerche interiori che intraprendi. Io ti esorto. Freno la tua corsa verso il niente. E mi basta quel poco di ascolto che mi dai."