Le Lettere circolari ai Salesiani di don Filippo Rinaldi (1856-1931), Rettor Maggiore dal 1922 al 1931 e III successore di don Bosco, sono raccolte in quest’opera unica, per cogliere la paternità del beato e l’originalità dell’attualizzazione del sistema preventivo, connessa tradizionalmente allo spirito salesiano di don Bosco, ma anche flessibile alle nuove sfidanti esigenze della modernità. Don Rinaldi viene eletto alla guida della Congregazione al seguito di don Albera dopo aver praticato il servizio di Prefetto generale per più di vent’anni.
Queste lettere sono «un monumento di saggezza e di ascetica salesiana; riscossero approvazioni ed elogi nel mondo dei confratelli, e suscitarono tensioni spirituali ed apostoliche, e risoluzioni di santità. Lo stile è piano e discorsivo, come quello di Don Bosco; la forma, semplice e senza orpelli di ingombrante cultura; la dottrina chiara e sicura. Il Rettor Maggiore fornisce notizie di famiglia, commemora e commenta avvenimenti e ricorrenze, e soprattutto anima e sprona alla pietà e alla perfezione» (Castano).
Marco Bay SDB, attualmente collabora con la Segreteria generale presso la Sede Centrale e ha pubblicato altre opere compilative per la editrice LAS con riferimento a don P. Chávez Villanueva, don J.E. Vecchi e don R. Ziggiotti.
Il volume che presentiamo inaugura una Collana di Quaderni destinata ad ospitare i risultati del Progetto di ricerca "Giovani, affetti, identità", attraverso cui l'Università Pontificia Salesiana intende mettere a fuoco una questione tanto importante quanto delicata: l'educazione dei giovani all'amore. L'iniziativa nasce dalla consapevolezza che i profondi cambiamenti della cultura affettiva che sono in atto nel mondo occidentale stanno avendo una forte incidenza sulla crescita delle nuove generazioni. La natura di tali cambiamenti, peraltro, è così articolata e complessa da non essere riconducibile a descrizioni sommarie e interpretazioni sbrigative. Il tratto più qualificante dell'evoluzione in corso consiste, infatti, nell'ambivalenza dei fenomeni in cui si manifesta: tendenze devianti si mescolano con acquisizioni positive, da cui traggono strumentalmente efficacia persuasiva presso l'opinione comune. Una nuova attenzione al mondo delle relazioni, al rispetto dei vissuti individuali, al ruolo della donna, alla libertà e responsabilità nell'atto della generazione si intrecciano con un approccio ludico alla sessualità, una mentalità contraccettiva, un'incertezza diffusa sul senso della differenza sessuale, una costruzione sociale dell'immaginario affettivo assai discutibile. Tale ambivalenza alimenta nei ragazzi, negli adolescenti e nei giovani il diffondersi di confusione antropologica e disorientamento etico, rispetto ai quali gli educatori non possono restare spettatori rassegnati. La presa di coscienza da parte del mondo cristiano della portata - socio-culturale e teologico-ecclesiale - di questa complessità,è stata finora al di sotto delle esigenze di interpretazione, di discernimento e di elaborazione educativa e pastorale. Per questo molti genitori, educatori, insegnanti, consacrati/e, sacerdoti si dichiarano impreparati a rendere ragione alle nuove generazioni delle con vinzioni antropologiche ed etiche che pure nutrono circa il senso e la destinazione degli affetti. È indispensabile dunque che le istituzioni culturali della Chiesa si impegnino ad elaborare un linguaggio cristiano che sappia interloquire con tale complessità culturale e sociale. La fede non segue pedissequamente la mentalità del mondo, ma non si sottrae al confronto con le forme della cultura: una fede che rinunciasse a irrigare la storia per trasformarla, tradirebbe se stessa. Il Progetto di ricerca di cui questi Quaderni intendono restituire, tappa dopo tappa, i risultati, vuole mettere a fuoco alcune delle numerose questioni che sopra sono state nominate, mirando a offrirne un'interpretazione teorica argomentata e un'elaborazione educativo-pastorale convincente, ispirata alla sapienza pedagogica e spirituale di san Giovanni Bosco. Esso nasce dunque da un approccio credente e carismaticamente connotato, ma intende dire una parola non meramente confessionale sull'esperienza umana che tutti ci accomuna.
La collana “Catechetica, educazione e religione” presenta il primo di una serie di volumi che vorrebbero offrire una presentazione sistematica di tutta la storia della catechesi.
Su un terreno di studio decisamente esteso, Roman Murawski, autore del presente contributo, si ritaglia un’area di lavoro ben precisa, occupandosi della catechesi antica, cioè quella che è venuta sviluppandosi lentamente a partire dagli inizi della predicazione apostolica sino al VI secolo.
Questi limiti cronologici ci dicono subito che lo studioso collega strettamente la storia della catechesi antica a quella del catecumenato delle origini della Chiesa. Si tratta di un collegamento più che corretto, in quanto – come afferma autorevolmente il noto patrologo A. Trapè – il percorso catecumenale nasce di fatto come frutto dello zelo catechistico espresso da tutti i Padri della Chiesa, al punto che la storia della catechesi patristica si identifica in larga parte con quella del catecumenato.
Ovviamente, però, il Murawski non ignora l’epoca neotestamentaria, cui è dedicato il primo capitolo. L’analisi mostra chiaramente che in età apostolica la proposta cristiana assume svariate forme, coinvolgendo una vasta gamma di figure impegnate nell’annuncio. Una tale ricchezza si riverbera sullo stesso lessico, ove peraltro manca proprio il lemma “catechesi”. Se è assente il vocabolo è però già presente, fin dal I secolo, almeno un abbozzo di quella che per noi è “catechesi”: una presentazione tendenzialmente sistematica di tutto il messaggio cristiano e dei suoi contenuti fondamentali attinenti al credo, ai sacramenti e alla morale.
Con il secondo capitolo si passa al II secolo, quando incominciano ad abbozzarsi sia il catecumenato, sia la catechesi come noi la intendiamo. L’abbozzo è colto grazie ad alcuni dei documenti più noti dell’epoca: la Didachè, il Pastore di Erma, gli scritti di Giustino e di Ireneo.
Giungendo al III secolo, illustrato nel terzo capitolo, si incontra un catecumenato che ha ormai raggiunto la sua massima fioritura, presentandosi come un itinerario distribuito in più anni, esigente, impegnativo a livello “personale”, preoccupato di introdurre a tutte le componenti della vita cristiana. Lo attestano, tra gli altri, Tertulliano, Cipriano, Ippolito, Clemente Alessandrino e Origene, le Pseudo-Clementine e le “Scuole” catechistiche dell’epoca.
L’autore conclude il suo studio con un quarto capitolo dedicato all’epoca post-costantiniana. È la parte più sviluppata del lavoro che gli permette di documentare ampiamente come il IV secolo sia, da una parte l’“epoca d’oro della catechesi patristica” (con Padri quali Cirillo di Gerusalemme, Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia, Ambrogio, Agostino, Gregorio di Nissa), ma dall’altra segni l’inizio di un lento dissolvimento dell’istituto catecumenale “personale”, che si concluderà nel VI secolo per lasciar spazio al catecumenato “sociale” della societas christiana.
La dimensione sociale in pastorale giovanile è un tema di grande attualità non solo come risposta alle sfide del mondo odierno, ma soprattutto come consapevolezza che la dimensione sociale è parametro sempre più qualificante della validità della missione evangelizzatrice della Chiesa. È un apporto intrigante: attraente per i principi che lo sottendono; avvincente per la dimensione relazionale che interpella l'azione ecclesiale; coinvolgente per le articolate condizioni educativo-pastorali che presuppongono una mentalità sinodale. Le Indicazioni per itinerari di educazione alla fede sono un tocco di novità. Sono piste per l'elaborazione di cammini concreti per educare a una carità progettuale e aprire percorsi di pace, democrazia, partecipazione politica, rispetto per la vita, l'ambiente, l'intercultura, l'inserimento attivo nel lavoro. Propongono direzioni per sottrarre le prassi pastorali all'improvvisazione e alla cristallizzazione. Insistono sull'importanza di una logica progettuale nell'azione pastorale tout court, qui declinata in rapporto all'educazione della dimensione sociale dell'agire cristiano. La stagione fortunata che papa Francesco ha aperto dà a questo tema una particolare rilevanza.
Presentazione di Ángel Fernández Artime, introduzione di Marco Bay.
L’opera è intitolata Don Bosco, storia e spirito. “Storia”, perché la vita e l’opera di don Bosco si sono svolte in un contesto di eventi da cui è scaturita una nuova realtà che ha influenzato il suo pensiero e le sue scelte. “Spirito”, perché attraverso un processo interiore di docilità agli impulsi della grazia, egli ha saputo cogliere la novità emergente e rispondere col dono incondizionato di sé. Il contenuto è frutto di letture, ricerche e materiali elaborati per le lezioni accademiche, ma lo spirito che l’anima è frutto di una riflessione critica scaturita dall’interazione tra insegnante e allievi. Per l’edizione italiana i materiali sono stati rivisitati allo scopo di una maggiore chiarezza espositiva e distribuiti in tre volumi:
Vol. 1. Dai Becchi alla Casa dell’Oratorio (1815-1858)
Vol. 2. La Società e la Famiglia Salesiana (1859-1876)
Vol. 3. Ampliamento di orizzonti (1876-1888)
Quest’ultimo volume illustra il decennio conclusivo della vita di don Bosco. Fu un periodo fecondissimo di iniziative e di riflessioni, che inaugurò la diffusione mondiale dell’opera salesiana e vide espandersi la fama del Santo. Fu anche tempo di prova e di sofferenza, soprattutto negli anni del declino fisico. Dopo il primo capitolo, dedicato al contesto storico, il volume sviluppa quattro grandi tematiche che caratterizzarono questo periodo: gli sviluppi dell’Opera salesiana in Europa e in America, con attenzione agli ideali e alle visioni missionarie di don Bosco (cap. 2-6); le divergenze con l’arcivescovo Lorenzo Gastaldi, i motivi del contenzioso e la “concordia” voluta da Leone XIII (cap. 7-8); le cure per il consolidamento istituzionale, educativo e spirituale della Congregazione, delle opere e delle comunità (cap. 9-12); il declino fisico di don Bosco, la sua ultima malattia e la morte (cap. 13-14). Il capitolo conclusivo (cap. 15) illustra l’iter dei processi di beatificazione e canonizzazione, conclusi rispettivamente nel 1929 e nel 1934. Il volume contiene l’indice generale degli autori, dei nomi di persona e dei nomi di luogo dei tre volumi.
Quest’opera è intitolata Don Bosco, storia e spirito. “Storia”, perché la vita e l’opera di don Bosco si sono svolte in un contesto di eventi da cui è scaturita una nuova realtà che ha influenzato il suo pensiero e le sue scelte. “Spirito”, perché attraverso un processo interiore di docilità agli impulsi della grazia, egli ha saputo cogliere la novità emergente e rispondere col dono incondizionato di sé. Il contenuto è frutto di letture, ricerche e materiali elaborati per le lezioni, ma lo spirito che l’anima è frutto di una riflessione critica scaturita dall’interazione tra insegnante e allievi. Per l’edizione italiana i materiali sono stati rivisitati allo scopo di una maggiore chiarezza espositiva e distribuiti in tre volumi:
Vol. 1. Dai Becchi alla Casa dell’Oratorio (1815-1858)
Vol. 2. La Società e la Famiglia Salesiana (1859-1876)
Vol. 3. Ampliamento di orizzonti (1876-1888)
Questo secondo volume illustra il periodo storico nel quale don Bosco, portando a maturazione la sua vocazione educativa e apostolica in una visione sempre più ampia della propria missione, s’impegnò a realizzare un modello di consacrazione religiosa e di carità operativa che garantisse il proseguimento nel tempo e la diffusione nello spazio del carisma salesiano. L’ampio quadro storiografico del primo capitolo serve a comprendere e collocare le posizioni da lui assunte in campo civile e religioso, le scelte educative e formative, le fondazioni religiose, l’evoluzione delle opere e l’innovativa idea di cooperazione che andò maturando. Questi sono gli anni in cui il Santo, sviluppando una più acuta sensibilità ecclesiale, costruì il santuario di Maria Ausiliatrice, promosse la cura delle vocazioni adulte e fondò il “Bollettino Salesiano”, strumento di sensibilizzazione e organo di coordinamento della Famiglia salesiana.
Prefazione di Giuseppe Abbà.
L’edizione dell’epistolario del servo di Dio don Carlo Braga (‘uomo dalle tre patrie’, ‘il piccolo don Bosco della Cina’) ha presentato difficoltà di diversa natura. Anzitutto quella dovuta al loro numero. L’intero corpus delle lettere superstiti, alle quali si devono aggiungere le circolari e le relazioni ai superiori dei vari dicasteri di Torino e ai responsabili preposti alle visitatorie apostoliche o alle diocesi, sono al momento attuale 499 (tre si sono aggiunte quando la catalogazione era già ultimata). Per questa pubblicazione se ne sono scelte 367, lasciando da parte quelle meno significative dal punto di vista del messaggio comunicato. Alcune di esse sono dei brevi trattati pedagogici, fondati sul ‘sistema preventivo’ di don Bosco.
A questa prima si affianca quella dipendente dalla variegata gamma dei destinatari. Si tratta di familiari, di amici, di antichi compagni, di benefattori, di confratelli, di autorità religiose e civili (don Braga incontrò anche Mao Tse-tung e Chiang Kai-shek, e veniva invitato alle più importanti celebrazioni con la sua travolgente ‘Banda Valtellina’). Il ruolo da essi ricoperto ha imposto al mittente il ricorso a una diversità di stili, dal familiare pieno di tenerezza, all’ufficiale formalizzato, per adattarsi con squisita empatia all’attesa di coloro che avrebbero ricevuto il messaggio.
Si aggiunga la necessità di possedere una certa padronanza di una vasta panoramica di lingue e di dialetti. Troviamo, sporadicamente, voci e locuzioni nostrane (valtellinesi, piemontesi, venete…), termini ripresi dalla varietà tagalog delle Filippine, citazioni in latino, reminiscenze degli studi classici, più spesso frasi scritturistiche provenienti dalla liturgia o riecheggiamenti memorizzati da un regolare ricorso ai documenti della chiesa, testi redatti in italiano, latino, portoghese, inglese, francese, cinese.
Si è voluto dare ampio spazio alle note. Anzitutto a quelle riguardanti la ricostruzione dei nessi familiari e dei circoli dei compagni di convitto, per cogliere più dal vivo la compartecipazione con la quale don Braga seguiva da lontano, giorno per giorno, la loro vita, nel ricordo delle varie ricorrenze e nella preghiera. Diffuse sono pure quelle che ricostruiscono i profili biografici dei destinatari, amici, autorità, confratelli e giovani accolti nelle numerose fondazioni, rivelatrici dell’ambiente di gioioso ed eroico fervore missionario che si era creato nelle comunità e nei vicariati. Molti di loro sono santi o in avanzato cammino verso la canonizzazione (san Luigi Versiglia, san Callisto Caravario, beato Vincenzo Cimatti, servo di Dio Andrej Majcen, giovani imprigionati e torturati per la loro fede). Non si sono trascurati neppure i riferimenti alle citazioni scritturistiche o anche letterarie, che danno la misura di un livello culturale alto del mittente.