Totò Riina è scivolato nella tomba con tutti i suoi segreti e la mafia delle stragi non c’è più. È finita un’epoca. Sono passati più di venticinque anni dalle uccisioni di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino ma oggi sappiamo tutto e niente.
Le grandi organizzazioni criminali hanno preso altre forme, si sono trasformate in élite che puntano ad accorciare le distanze fra mondo legale e mondo illegale. Le mafie sono diventate apparentemente sempre meno aggressive e sempre più “collusive”, attraenti. E si nascondono.
A volte non le riconosciamo più. Questo libro ce le racconta.
C'è stato un tempo in cui, nella Sicilia lacerata da una furiosa guerra di mafia, si fecero largo gruppi di picciotti senza regole e senza padroni, che si misero in testa di arricchirsi con le rapine e con le estorsioni. Presto vennero coinvolti nelle faide tra vecchi e nuovi boss di Cosa nostra e si trasformarono in killer spietati. Li chiamavano stiddari. Tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta seminarono il terrore nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa e Trapani. Boss "posati", allontanati dalle "famiglie", li usarono come manovalanza per sistemare i propri conti interni. Ma chi erano davvero i picciotti della Stidda? E perché uccidevano così crudelmente? Di loro si sapeva poco e niente, fino a quando non ammazzarono il giudice Rosario Livatino. Quel delitto segnò l'inizio della fine. Tre processi hanno sentenziato chi sono i colpevoli. Eppure dietro quell'omicidio eclatante si dipanano misteri ancora irrisolti. Questa è la vera storia degli stiddari.
“Siamo diventate narratrici di favole grazie ai nostri nipotini. Perché per un bambino niente è più bello che ascoltare la voce di chi lo ama prima di addormentarsi”
Tormenti di vite in fuga. In queste pagine parlano pentiti eccellenti di mafia, un tempo protagonisti di stragi efferate, estorsioni, traffico di armi, droga e rifiuti tossici. Sei collaboratori di giustizia uno fra tutti Gaspare Spatuzza, l'uomo d'onore che ha dato il massimo impulso alle indagini sulla trattativa Stato-mafia che restituiscono squarci di grande storia italiana criminale, insieme alla testimonianza personale. E mentre la loro narrazione ambisce a farsi anche rinascita spirituale, la voce ricorda: dalla giovanile attrazione irresistibile per il potere fino all'attuale paura di vendetta, per aver rotto uno scellerato patto di sangue con le più spietate cosche di Cosa nostra e 'ndrangheta. Uomini e donne sui cui volti don Cozzi riconosce i tratti di Caino e che incontra in carceri di massima sicurezza o in località segrete, nascosti da nuove identità. Ma senza alcuna promessa di perdono a buon mercato, nella convinzione che la misericordia si incroci necessariamente con la restituzione di giustizia ad Abele per il male sofferto. E nella certezza che il bene più prezioso da confiscare alle mafie siano i loro stessi affiliati.