A distanza di più di un secolo da How The Other Half Lives, il memorabile saggio con il quale Jacob Riis svelò per primo il mondo degli «scarti umani», marginalizzati e vittime del capitalismo, e a ottant'anni da Sia lode ora a uomini di fama, nel quale James Agee e Walker Evans realizzarono un primo, perfetto incontro tra scrittura e fotografia raccontando le vite dei fittavoli travolti dalla Grande Depressione, I poveri sposta nuovamente i confini del reportage, portandolo al massimo della sua potenza grazie a uno sguardo profondamente etico, partecipe senz'ombra di patetismi. Vollmann si è messo in viaggio con i suoi taccuini e la sua macchina fotografica, pronto a cogliere la povertà in ogni suo aspetto e sfumatura; ha incontrato, intervistato e ritratto centinaia di persone di ogni nazionalità, dando voce e spazio a quel misto di brutalità e speranza, disperazione e orgoglio, sconfitta e resilienza, che alberga nei dannati della terra e li rende, nel bene come nel male, la quintessenza di un'umanità che sarebbe troppo facile e comodo respingere.
Cosa succede se un'intera generazione, nata borghese e allevata nella convinzione di poter migliorare - o nella peggiore delle ipotesi mantenere - la propria posizione nella piramide sociale, scopre all'improvviso che i posti sono limitati, che quelli che considerava diritti sono in realtà dei privilegi e che non basteranno né l'impegno né il talento a difenderla dal terribile spettro del declassamento? Cosa succede quando la classe agiata si scopre di colpo disagiata'} La risposta sta davanti ai nostri occhi quotidianamente: un esercito di venti-trenta-quarantenni, decisi a rimandare l'età adulta collezionando titoli di studio e lavori temporanei in attesa che le promesse vengano finalmente mantenute, vittime di una strana «disforia di classe» che li porta a vivere al di sopra dei loro mezzi, a dilapidare i patrimoni familiari per ostentare uno stile di vita che testimoni, almeno in apparenza, la loro appartenenza alla borghesia. In un percorso che va da Goldoni a Marx e da Keynes a Kafka, leggendo l'economia come fosse letteratura e la letteratura come fosse economia, Raffaele Alberto Ventura formula un'autocritica impietosa di questa classe sociale, «troppo ricca per rinunciare alle proprie aspirazioni, ma troppo povera per realizzarle». E soprattutto smonta il ruolo delle istituzioni laiche che continuiamo a venerare: la scuola, l'università, l'industria culturale e il social web. Pubblicato in rete nel 2015, Teoria della classe disagiata è diventato un piccolo culto carbonaro prima di essere totalmente riveduto e completato per questa prima edizione definitiva.