Esiste il plurale di "latte"? Che cosa vuol dire "onusto"? E "mullo", invece? Da quale lingua straniera deriva "babbuino"? È più corretto scrivere "tutt'ora" o "tuttora" oppure vanno bene entrambe le forme? Si dice "àmaca" o "amàca"? Se non sapete rispondere a queste domande non disperate, è normale. Se, invece, non avete dubbi, non preoccupatevi perché l'Accademia della Crusca ha pensato e formulato altre centinaia di esercizi che troverete in queste pagine e su cui potrete testare la vostra effettiva conoscenza della lingua italiana. Esercizi di grafia e di pronuncia, domande di etimologia, quiz sulla punteggiatura e sulla subordinazione, su modi di dire e neologismi... Ma "Sbagliando s'impari" non è semplicemente un eserciziario, è un manuale pratico per correggere e migliorare il proprio italiano. In ognuna delle quattro sezioni (Pronuncia e Ortografia, Morfologia, Sintassi e Testualità, Lessico), infatti, gli esperti dell'Accademia della Crusca, prima di invitarci a metterci alla prova, forniscono riflessioni, indicazioni, risposte, spiegazioni ai vari quesiti che ci troviamo ad affrontare sugli usi scritti e parlati della lingua italiana. Del resto, la nostra lingua è un essere vivente: è complessa, meravigliosa, sfuggente e proprio per questo è quasi impossibile da conoscere in ogni sua minima sfumatura, in ogni regola, eccezione e in ogni storia che l'ha resa quella che parliamo e scriviamo tutti i giorni. Per farlo c'è solo un modo: mettersi alla prova, anche correndo il rischio di sbagliare.
Bologna, 1992. Alex D., diciassette anni, figlio modello di una famiglia come tante, decide di "uscire dal gruppo", di rompere le regole e gli schemi, di fare un "salto fuori dal cerchio che ci hanno disegnato intorno". In una parola, cresce. Lo fa attraverso le pedalate disperate su in collina, la musica furibonda dei Sex Pistols e dei Red Hot Chili Peppers, l'amore di Adelaide, la sofferenza per la perdita dell'amico Martino... Un libro che ha fatto la storia dell'editoria italiana, il romanzo-manifesto di una generazione che racconta smarrimenti e ardori dei diciott'anni, fondendo rabbia e ironia.
Scrivere una storia d'Italia prima che Cesare passasse il Rubicone e Augusto realizzasse la pax romana può sembrare un'impresa azzardata. Fino alla battaglia di Sentino e alla vittoria su Pirro, infatti, Roma non aveva ancora un ruolo predominante nel Mediterraneo e la ricostruzione di una storia della nostra penisola è stata tentata solo raramente. In realtà, molto ci sarebbe da dire su questi secoli poco esplorati, ricchi di testimonianze che riecheggiano ancora oggi. Dalle leggende su Enea e Diomede, che riportano ai secoli attorno al Mille a.C., alle imprese dell'etrusco Tarconte o a Servio Tullio, il sesto re di Roma, alle gesta di personaggi storici come Furio Camillo, Dionigi il Grande di Siracusa o Annibale, protagonista dell'ultimo disperato tentativo di fermare l'avanzata romana. È in questa cornice che prendono vita le vicende dei popoli italici e delle loro imprese mediterranee, che suggeriscono come la storia del nostro paese sia tanto complessa quanto interconnessa. Valerio Massimo Manfredi e Luigi Malnati tornano a raccontare insieme la Storia in una nuova veste, con un approccio sia da storici dell'antichità che da scrupolosi archeologi. Un viaggio alla scoperta della nostra penisola prima del dominio romano, un racconto che fa luce su un'epoca ancora poco indagata, che rivela come l'idea di unitarietà geografica sia in realtà molto più antica di quanto pensassimo.
Dove sono finite oggi le nostre emozioni? Chiederselo non è un esercizio retorico, ma un interrogativo necessario. Viviamo in un mondo nel quale guerre, migrazioni epocali e nuove emergenze contribuiscono a creare un senso di precarietà, spingendoci a credere che le uniche modalità plausibili per sopravvivere siano la negazione e la paura. Solo che la prima ci condanna all'indifferenza, la seconda ci paralizza. In entrambi i casi, finiamo per relegarci in una solitudine che accomuna giovani e adulti, vecchi e bambini. Siamo all'età dell'atarassia, dell'insensibilità? Il rischio c'è, ed è sempre più concreto. Ai nostri giovani insegniamo a rimandare il momento di fare i conti con la vita vera. Li condanniamo a crescere fragili e spaesati. Rivendichiamo una scuola senza voti, riscriviamo per loro fiabe in nome del «politicamente corretto», privandoli della possibilità di far maturare le loro emozioni. Perché le nostre emozioni vanno allenate ogni giorno, ma, per crescerle e allevarle, occorre saperle sfidare, non negarle né rinunciarci. Preferiamo invece colmare quel vuoto emotivo con il cinismo e affidarci ciecamente ai nuovi prodotti dell'intelligenza artificiale, che minacciano di depotenziare le nostre capacità fisiche, cognitive ed emotive, la nostra meravigliosa imprevedibilità. La maggior parte di noi non è consapevole di questa diffusa anestesia dell'anima, ciascuno si limita a godere dei privilegi e del benessere materiale rinchiuso nel proprio bozzolo. Ignorando che in questo modo l'umanità intera rischia di imbarbarire. Ma, per chi lo volesse cercare, l'antidoto c'è. È l'empatia. Condividendo ricordi personali, incontri e riflessioni, Paolo Crepet ci esorta con passione a ribellarci all'indifferenza, a non aver paura delle nostre idee e neppure dei nostri inciampi. Ci invita a riappropriarci con audacia, quasi con sfrontatezza, delle nostre emozioni per tornare finalmente a «mordere il cielo».
Narrato nel libro biblico dei "Numeri", il viaggio del popolo di Israele dalla schiavitù d'Egitto attraverso il deserto fino alla Terra Promessa è stato interpretato da uno dei maggiori padri della chiesa, Origene, come allegoria del viaggio dell'anima dall'idolatria e dal peccato verso la virtù, la conoscenza, la fede e Dio. Ogni particolare del racconto biblico trova così significato: i tempi, i toponimi, le tende, i cibi, le bevande, la sorgente, il pozzo; ogni dettaglio è esaminato alla luce di tutta la Scrittura. La grande suggestione che l'allegoria di Origene esercitò è testimoniata dalle riprese che ne hanno operato molti altri esegeti cristiani: Girolamo, Gregorio di Nissa, lo Pseudo-Ambrogio, Agostino, Bruno d'Asti, Bernardo di Clairvaux e Pier Damiani. Ognuno amplifica le intuizioni del maestro alessandrino per i propri scopi e imprimendovi la propria impronta. Il viaggio dell'anima si diffonde e si trasforma: assume le fattezze del pellegrinaggio di Dante nell'aldilà o del moderno romanzo di formazione. Questo volume raccoglie i testi esegetici sul libro dei "Numeri" di Origene, ma anche dei suoi successori da Girolamo e Bernardo, da Bruno d'Asti ad Agostino.
Dal buio alla luce. Dal buio della guerra voluta da un Mussolini che non ha saputo né voluto fermarsi in tempo alla luce di un'alba sorta sull'Italia dopo l'interminabile notte della pandemia. Come di consueto, Bruno Vespa si muove su due piani, lo storico e il cronistico, mettendo a confronto i due momenti più drammatici della nostra storia. Dopo la conquista dell'impero (1936), la popolarità di Mussolini era altissima, mentre Hitler era detestato dagli italiani e dallo stesso capo del fascismo. Ma la rottura con le democrazie occidentali per le sanzioni inflitte all'Italia durante la guerra d'Etiopia avvicinò sempre più il Duce al Führer, che avviò un'abilissima e fortunata opera di seduzione. Il primo risultato furono le leggi razziali del 1938, qui raccontate in pagine struggenti: la macchia più ignobile per un dittatore che, fino a poco prima, si era erto a difensore degli ebrei dalle persecuzioni naziste. Il nostro paese non era pronto alla guerra, ma l'occupazione tedesca di mezza Europa, tra l'autunno 1939 e la primavera 1940, convinse Mussolini a entrare in un conflitto che doveva durare qualche settimana e si protrasse, invece, per cinque atroci anni. I disastri iniziali in Francia e in Grecia furono il prologo delle disfatte in Africa e in Russia, qui narrate in dettaglio, dall'epopea della Folgore a El Alamein allo sterminio dei soldati italiani nella ritirata del Don. L'esito finale fu la congiura di militari, gerarchi e monarchia che portò alla caduta e all'arresto del Duce (25 luglio 1943), con una trama da thriller. Vespa descrive queste vicende come un cronista al fronte e, con lo stesso spirito, affronta la tragedia della pandemia. E ritrae un paese con oltre 130.000 morti, dissestato nell'economia e negli equilibri sociali, che si sta risanando più in fretta delle altre nazioni d'Europa grazie alla poderosa campagna vaccinale e agli stimoli finanziari europei gestiti da Mario Draghi, l'italiano più accreditato al mondo, e da una maggioranza di unità nazionale formata da partiti divisi su quasi tutto, ma costretti a stare insieme dall'emergenza. Pagina dopo pagina, si dispiegano i retroscena della caduta di Giuseppe Conte e la nascita del governo Draghi, le incessanti fibrillazioni del Movimento 5 Stelle (su cui Grillo non rinuncia a regnare), la nuova vita del Pd (con Letta che, forte della vittoria nelle amministrative d'ottobre, punta a palazzo Chigi), la ritrovata unità del centrodestra (dove un Berlusconi ritemprato dall'ennesima assoluzione cerca di mettere pace tra Salvini e la Meloni, feriti dalle sconfitte elettorali e dalle vicende Morisi e Fidanza - qui ricostruite con particolari inediti - ma determinati a vincere insieme le elezioni ed essere decisivi nella scelta del nuovo presidente della Repubblica). E per finire, scienziati famosi ci spiegano come dovremo convivere con il Covid-19 che, a colpi di vaccini, sarà presto ridotto alla stregua di un comune virus del raffreddore.
Gianfranco Ravasi ci accompagna in un percorso affascinante e originale alla scoperta dei «sette vizi capitali» - superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e pigrizia -, dimostrandoci come siano tratti permanenti e sempre attuali della realtà umana. Una ricostruzione ricca di citazioni colte e aneddoti sottili, in cui «ogni vizio ha la sua trattazione specifica, secondo le sue tipologie e il diverso rilievo che occupa nella gerarchia dell'immoralità», che può anche risultare «un sano esercizio di autocoscienza: si potrà dire di conoscere bene se stessi quando si scopriranno in sé più difetti di quanti gli altri riescano a vedere».
Dark Isle è una piccola isola disabitata allargo della Florida non lontana da Camino Island, rinomato ritrovo di scrittori e intellettuali. Con la sua natura selvaggia e le sue spiagge incontaminate, Dark Isle ha tutto ciò che si può desiderare per una vacanza indimenticabile. Uno spregiudicato colosso immobiliare fiuta l'affare, determinato ad appropriarsene a ogni costo e a trasformarla in un mega resort turistico con un casinò. Intorno a quel paradiso aleggiano però leggende sinistre: annegamenti, sparizioni, storie di fantasmi e riti vudù da sempre hanno scoraggiato chi avrebbe voluto avvicinarsi. Solo una persona conosce la verità: la formidabile e indomita Lovely Jackson. Ottant'anni, ultima discendente degli schiavi che quasi tre secoli prima erano riusciti a liberarsi e avevano eletto Dark Isle a loro rifugio, Lovely è nata e ha vissuto lì per quindici anni e sostiene di essere l'unica legittima proprietaria dell'isola. Riuscirà a provarlo e a fermare la speculazione edilizia onorando la memoria dei suoi antenati? Ad aiutarla saranno il noto libraio antiquario Bruce Cable con la sua amica romanziera Mercer Mann, desiderosa di scrivere un libro sulla preziosa e commovente vicenda umana di Lovely, e Steven Mahon, avvocato esperto in battaglie ambientaliste, pronto ad affiancarla in una causa che si presenta dagli esiti davvero incerti. Dopo "Il caso Fitzgerald" e "L'ultima storia", John Grisham ritorna a Camino Island con una storia avvincente toccando alcuni dei temi che gli sono più cari: il razzismo, l'ingiustizia sociale e la corruzione.
In tutto l'Occidente, i primi vent'anni del XXI secolo sono stati segnati da una serie di movimenti di protesta e manifestazioni di frustrazione collettiva: dal movimento no-global d'inizio anni 2000 a quello no-vax durante la pandemia di COVID-19, passando per il «Vaffanculo-Day» di Beppe Grillo, gli Indignados spagnoli, Occupy Wall Street, il voto per la Brexit, l'elezione di Donald Trump, i Gilets jaunes francesi e le proteste legate a #MeToo e #BlackLivesMatter. Ciascuno di questi eventi ha ovviamente una storia particolare, ma c'è anche un filo rosso che li unisce: la rabbia nei confronti delle istituzioni. Nonostante la frenesia attivistica, queste mobilitazioni si sono rivelate, nella maggior parte dei casi, prive di finalità concrete, mentre è stata evidente la loro dimensione spettacolare e dimostrativa, volta a esprimere una condizione di risentimento diffuso nei confronti dell'ordine costituito, secondo una logica che tende a dividere la società in «amici» e «nemici», «buoni» e «cattivi». Ma come si spiega questa animosità crescente, dati i livelli di benessere materiale e di diritti acquisiti storicamente senza precedenti? Ridurre la rabbia odierna a un'espressione di emotività irrazionale o all'ignoranza delle masse, avverte Carlo Invernizzi-Accetti, è un errore. Per uscire dal vortice in cui siamo caduti è necessario comprenderne le ragioni. Nel fornire un'interpretazione di ciò che Hegel avrebbe chiamato lo Zeitgeist , cioè lo «spirito del tempo», "Vent'anni di rabbia" propone una rilettura storico-filosofica degli ultimi due decenni che apre nuove prospettive di azione sul futuro.
"Ogni mia grande rivoluzione personale, che fosse professionale, relazionale o spirituale, è iniziata non da una certezza assoluta, ma da una domanda. La ricerca di una risposta era l'unico modo per conoscere la verità. E quando non la trovavo subito, ero costretto a partire per cercarla. Nel mondo, dentro me stesso, nelle altre persone. Questo libro è una raccolta delle domande che più di tutte hanno smosso qualcosa di profondo nel mio cuore e nella mia mente. Sono domande inusuali, talvolta molto specifiche, in altri casi bizzarre. Portano alla riflessione, ma anche al desiderio di agire per cambiare le cose. Spesso risultano scomode, addirittura impertinenti, ma sono necessarie per far emergere dal caos interiore uno spunto, una consapevolezza, un frammento appuntito di verità da maneggiare con cura." In "Quando inizia la felicità", Gianluca Gotto condivide le domande che lo hanno accompagnato nel corso della sua crescita personale per raccontare senza reticenze le esperienze vissute in questi ultimi anni. I momenti difficili e le fragilità, ma anche la sua rinascita, i sogni realizzati, la consapevolezza acquisita attraverso il buddhismo, i tanti incontri che hanno illuminato la sua strada, l'amore smisurato per Claudia e la gioia, immensa, della paternità. Un libro pieno di consigli e spunti per vivere al meglio la propria vita, ma anche rassicurante come una tazza di tè in un freddo pomeriggio di pioggia, il primo abbraccio dopo molto tempo, una chiacchierata con quell'amico che ti ascolta senza giudicare. Un diario di viaggio scandito da domande su cui tornare più e più volte, per trovare un segnale, un'ispirazione, una motivazione a smettere di aspettare o inseguire la felicità, ma cercarla dove già siamo: qui e ora.
Pubblicato per la prima volta nel Regno Unito nel 1976, "Il gene egoista" ha modificato drasticamente il modo con cui gli scienziati - ma anche i non "addetti ai lavori" - leggono la storia dell'evoluzione. Il nocciolo centrale del saggio è oggi parte fondante dell'insegnamento della biologia in tutto il mondo, una logica derivazione del darwinismo che ha scelto di cambiare prospettiva, concentrandosi non sul singolo organismo ma osservando la natura dal punto di vista del gene. La deduzione scientifica è, per dirla con l'immaginifico linguaggio dell'autore, che noi siamo «macchine da sopravvivenza, robot semoventi programmati ciecamente per conservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni». Rivolto a tre tipi di lettori - il profano, lo studente, l'esperto -, questo libro è pensato per stimolare con ironia l'intelligenza di chiunque si chieda qual è il posto dell'uomo nell'universo. Un saggio imprescindibile che riesce a semplificare e rendere accessibili complicati concetti scientifici, senza che ne vada perduta la sorprendente essenza.
«Non narrerò tanto il destino di me solo, quanto quello di tutta una generazione, della nostra inconfondibile generazione, la quale forse più di ogni altra nel corso della storia è stata gravata di eventi.» Molto più che semplice autobiografia, "Il mondo di ieri" è il ritratto incantato di un'epoca scomparsa, la suprema epopea di quella "Felix Austria" che tanto segnò la storia e la cultura europea, quel mondo nel quale «ognuno sapeva quanto possedeva e quanto gli era dovuto, quel che era permesso e quel che era proibito: in cui tutto aveva una sua norma, un peso e una misura precisi». Al centro della narrazione sta la Vienna imperiale, simbolo di un'epoca indimenticabile che Zweig - esponente di una generazione che «ha imparato a fondo l'arte preziosa di non rimpiangere il perduto» - descrive in tutto il suo splendore e in tutte le sue contraddizioni. Pubblicato postumo, "Il mondo di ieri" è segnato da un'atmosfera autunnale che imprime all'intera opera il severo suggello della modernità.