"Stai attento!" Ti sarà capitato, almeno una volta nella vita, di sentirti dire una frase del genere. Smartphone, social, stress, tv, lavoro dirottano continuamente la tua concentrazione a destra e a sinistra con lo scopo di intrattenerti, informarti, senza però lasciarti le risorse e il tempo per riflettere veramente su chi sei e cosa vuoi. In questo libro Gennaro Romagnoli, psicoterapeuta e creatore di Psinel, il podcast di crescita personale più ascoltato in Italia, ti spiegherà che cos'è davvero l'attenzione e come puoi allenarla per non perderti più le piccole cose quotidiane che rendono la vita preziosa. Scoprirai, infatti, che l'attenzione si comporta come i muscoli del nostro corpo: se non la alleni e se non la usi, si deteriora. Sperimenterai che, come qualunque risorsa, anche l'attenzione è limitata e ha diverse qualità, in base a come decidi di utilizzarla o in relazione a ciò che ti circonda. Sì, perché anche il contesto determina la qualità e la quantità della tua attenzione. E attraverso esercizi, aneddoti, prove e teorie di grandi scienziati che si sono occupati di questo tema, ti accorgerai che gestire la tua attenzione significa saper gestire la tua vita, ristabilire le tue priorità, dare la giusta cura e valore alle relazioni e agli affetti, per ricalibrare gli obiettivi e ritrovare il tuo equilibrio. Quando non sei concentrato su ciò che stai facendo, infatti, non sei davvero "lì presente" e lo stesso vale per qualsiasi esperienza della vita: dal prestare maggiore attenzione a ciò che fai sul lavoro al darne di più alle persone che ami e che fanno parte del tuo mondo. E questo è il più bel regalo che puoi fare a te stesso e agli altri.
Racconto autobiografico e insieme pamphlet politico, "La linea della palma" è anche un j'accuse sul mondo a cavallo tra vecchio e nuovo Millennio; una lunga conversazione in cui Camilleri, sollecitato dal giornalista Saverio Lodato, mette a nudo la sua esperienza di scrittore e di uomo di spettacolo, ma anche di uomo impegnato politicamente. Sono pagine di grande intensità, a volte pungenti sino all'invettiva, dense di ricordi sull'universo familiare, sugli anni del fascismo e della guerra, sulla mafia di ieri e di oggi, e su quella mentalità subdola e strisciante che - proprio come le vegetazioni tropicali delle palme di cui parla un altro illustre siciliano, Leonardo Sciascia - dalla Sicilia penetra in tutta Italia e in Europa.
L'entusiasmo è una forza che abita dentro ognuno di noi, ma non tutti sappiamo di possederlo. È qualcosa di sacro, una "sostanza" preziosa che ci motiva, che ci aiuta ad affrontare meglio gli ostacoli che si presentano lungo il nostro cammino, rendendoci più positivi, più potenti e più determinati nel raggiungere i nostri obiettivi. In altre parole, più felici. La buona notizia è che l'entusiasmo non è un dono del cielo, ma può essere coltivato consapevolmente fino a diventare una prassi quotidiana. Basta sapere come fare. In questo libro, frutto di anni di ricerche e di lavoro sul campo, lo psicologo e psicoterapeuta Salvo Noè propone 13 stratagemmi per alimentare l'entusiasmo e ottenere il massimo in ogni ambito della nostra vita: in famiglia, sul lavoro, a scuola. Seguendo i suoi consigli e mettendo in pratica gli esercizi proposti, impareremo a spazzare via vecchi schemi e inutili zavorre per assumere un atteggiamento mentale positivo. Capiremo come smettere di lamentarci per cominciare a porci le giuste domande e fare chiarezza intorno ai nostri valori, ai nostri sogni, alle nostre aspirazioni. Un manuale pratico, indispensabile a chiunque voglia migliorare la propria vita e ritrovare la gioia di vivere. "L'entusiasmo vive dentro di noi e nel modo in cui facciamo le cose. Possiamo vivere la nostra quotidianità in maniera monotona, senza passione, secondo abitudini limitanti e noiose. Oppure riprometterci di vivere ogni giorno come se fosse il primo, mettendoci tutta la nostra curiosità e la nostra passione per ottenere la vita che vogliamo."
La «bomba» esplode nella notte del 25 agosto 2018, quando l'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti pubblica una «testimonianza» senza precedenti contro Francesco, spingendosi a reclamarne persino le dimissioni. Di fatto, quello dell'alto prelato è un vero "pronunciamiento", un tentativo di colpo di stato nei confronti del pontefice «venuto dalla fine del mondo». Nicolas Senèze, vaticanista del quotidiano francese «La Croix», parte da questo fallito golpe per ricostruire la trama di intrighi e veleni che vede protagonista quel variegato fronte della destra cristiana americana impegnata a combattere le riforme avviate da Bergoglio e il suo desiderio di una Chiesa più evangelica e vicina ai poveri. Da Steve Bannon, lo stratega di Donald Trump, a Tim Busch, il fondatore del Napa Institute, la galassia formata da esponenti integralisti cattolici, movimenti pro-vita, lobby delle armi, negazionisti del cambiamento climatico e potenti quanto oscuri gruppi finanziari si sta mobilitando in forze contro papa Francesco. Il pontefice che si batte contro il capitalismo neoliberista, che si oppone alla pena di morte e alla libera circolazione delle armi, il papa «marxista» che condanna l'«idolatria del denaro», che dialoga con la Cina e contribuisce alla normalizzazione dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba, è considerato da una influente e attiva frangia del cattolicesimo americano - come pure dai sovranisti di casa nostra - il principale responsabile dell'attuale debolezza dei cattolici, vittime mute della secolarizzazione della società e del relativismo culturale. Un papa, quindi, da sfiduciare, da intimorire, da allontanare dal soglio di san Pietro, anche a costo di promuovere un drammatico scisma all'interno della Chiesa. Agli attacchi provenienti da oltreoceano, scrive Senèze, Francesco ha scelto di non rispondere. O meglio: ha optato per un «silenzio disorientante». Ma i suoi avversari, seppur non siano riusciti, questa volta, nell'intento di rovesciarlo, si stanno già preparando per il post-Francesco, sperando di pesare sul conclave che sceglierà il prossimo papa.
Questo libro nasce da una passione per le storie. Storie che non sono solo appannaggio del cinema, della televisione, della letteratura, ma interessano anche la politica. Quest'ultima, infatti, oggi più che mai ci pone innanzi a un «fiorire di narrazioni vive e imprevedibili, in cui si realizzano scenari che pensavamo di poter solo immaginare e in cui, allo stesso tempo, la realtà si muove più velocemente della finzione». Novità, ribaltamenti, colpi di scena, brusche accelerazioni, inchiodate, trame internazionali, retroscena scandalosi, nuove forme di protesta e di repressione. In un tale profluvio di storie e personaggi, tuttavia, si può mettere ordine e assegnare a ogni attore un ruolo e una linea narrativa, proprio come in un film. Fabrizio Luisi, docente di Comunicazione politica e sceneggiatore, partendo dai concetti di frame e di archetypal branding e tenendo bene a mente i principi e le tecniche dello storytelling, ci mostra come ogni personaggio politico, dall'America all'Italia, incarni un archetipo preciso e, così facendo, ne smaschera le strategie, i trucchi e le vulnerabilità. Scopriamo che Matteo Renzi interpreta il Mago, Matteo Salvini assume le caratteristiche del Guerriero, Nicola Zingaretti prova a essere un Guaritore. Ecco allora che diventa chiaro, lampante, come tutto abbia un senso e tutti una precisa tattica. E come i personaggi politici siano protagonisti, o antagonisti, di un'unica grande narrazione. Questo modo di fare politica - che lo si chiami gestione della percezione, comunicazione prepolitica, politica cognitiva, spinning - non è una degenerazione, ma un'evoluzione complessa e sofisticata che può scatenare cambiamenti rapidi e su larga scala. Perciò è urgente conoscerlo, maneggiarne le tecniche, individuarne le strategie, perché è questo il luogo dove si producono i cambiamenti sociali, è questo il terreno di scontro fra gruppi di interessi contrapposti. «E per ora la destra sta vincendo a tavolino una partita dopo l'altra, mentre la sinistra sta ancora cercando l'indirizzo del campetto.»
Un vero e proprio giallo per primi lettori! La banda dei cinque ha preso al volo l'ultimo treno ma non c'è tempo di riprendere fiato: Timmy, da vero segugio, ha fiutato due tipi sospetti. Che cosa nascondono sotto quel vecchio scialle che si lamenta? Età di lettura: da 8 anni.
C'è un luogo comune che si è fatto strada e oggi circola liberamente nella nostra società. E cioè che non serva la politica, quella con la P maiuscola, per uscire dalle crisi. Tuttavia l'emergenza coronavirus lo ha smentito con chiarezza. Come rileva Alessandro Barbano in questo libro, la lotta alla pandemia ha enfatizzato ovunque lo scontro tra due visioni alternative del mondo, l'isolamento nazionalista e la solidarietà globale, e le relative strategie. In Italia in particolare la polarizzazione del quadro politico, con una destra sovranista che tutto semplifica e una sinistra frantumata ancora alla ricerca di un'identità, ha imposto, per dirla con le parole dell'autore, una visione «virologica» della crisi, in cui la classe dirigente ha abdicato alla sua funzione di filtro delle decisioni. In questo scenario paludoso, in cui tanto la maggioranza quanto l'opposizione condividono una strategia di stabilizzazione in chiave bipolare, Barbano si chiede se esista lo spazio per un riformismo alternativo capace di sanare la frattura che si è creata fra libertà e responsabilità, uno spazio dove recuperare la complessità del reale che il populismo e un certo giornalismo d'assalto mirano a banalizzare. La risposta è sì ed è questa «visione» a delineare una nuova prospettiva in grado di cambiare il nostro Paese. Lo chiamano «terzo polo» o «idea di centro». Consiste nel rilancio di un compromesso fra tre culture, quella liberale, quella popolare e quella socialista, declinate in una nuova forma di rappresentatività che sappia dare risposte complesse ma credibili a problemi specifici. Si tratta di quesiti chiave per la nostra democrazia che investono, per esempio, il rapporto con l'Europa, le politiche economiche e in particolare il debito pubblico; la riforma della legge elettorale e il finanziamento dei partiti; la ricostituzione di una corretta intermediazione tra cittadini e governanti, riagganciando la delega alla competenza; la riforma della giustizia; il rapporto con le altre culture e la gestione dei migranti; la rivalutazione del merito in ambito non solo scolastico. È una visione alternativa alla destra e alla sinistra, estranea ai vecchi contenitori e autonoma rispetto alle future alleanze; capace di chiamare alla responsabilità una leadership autorevole e un quadro dirigente plurale, e di attuare scelte ispirate a una visione strategica e non solo tattica. Una prospettiva che si riconosce nel dialogo e nella sintesi tra la cultura liberale, la cultura cattolica e la cultura riformista, perché nessuna di queste, presa singolarmente, è più sufficiente.
Kate Gleeson e Peter Stanhope, nati a soli sei mesi di distanza, sono vicini di casa da sempre, in un piccolo sobborgo alle porte di Gillam, vicino a New York. Le loro famiglie non potrebbero essere più diverse: serena quella di Kate, ultima di tre sorelle; difficile quella di Peter, figlio unico di una madre mentalmente instabile e di un padre che non riesce a proteggerlo. Un evento drammatico colpisce irrimediabilmente entrambe le famiglie, segnando le loro vite per sempre, e divide i due ragazzi. Ma la forza del loro legame è più forte di qualsiasi difficoltà, e Kate e Peter cercano, nonostante tutto, di trovare la strada per tornare l'una verso l'altro. "Un amore qualunque e necessario" è una storia di redenzione, fiducia e perdono, che rivela come i ricordi dell'infanzia, filtrati dalla distanza dell'età adulta, possano cambiare. È il racconto di come, se siamo fortunati, la violenza in agguato nella vita di tutti i giorni possa essere sconfitta dal potere dell'amore.
A ogni generazione spetta il compito di reinventare i classici. Ogni generazione deve assumersi la responsabilità di questa reinvenzione, cioè di attingere dal passato qualcosa che permetta di decifrare il presente, che consenta di cogliere, sotto la superficie del flusso inarrestabile degli eventi e delle informazioni, ciò che ci riguarda direttamente, ci chiama in causa. Per farlo è necessario sottrarsi al brusio assordante della modernità e prestare ascolto a quanto hanno ancora da dirci gli antichi, i Greci in particolare. Perché la tragedia greca, a duemilacinquecento anni di distanza, continua a parlarci con forza, ponendoci di fronte questioni ineludibili: dà voce al dolore e alla sofferenza, racconta i conflitti che lacerano le comunità e squassano i rapporti familiari, ha molto da dirci riguardo alle nostre origini, mette a nudo la precarietà della nostra esistenza. E soprattutto descrive la zona grigia in cui si dispiega l'agire degli uomini, costretti a vivere in un mondo dominato dall'ambiguità e dall'incertezza, dove la ragione spesso si rivela una guida insufficiente a dissolvere l'opacità che li avvolge e le parole non sono altro che un vuoto gioco di prestigio che occulta la verità. Una «terra di mezzo» sospesa tra libertà e necessità, fra autonomia e dipendenza, dove il passato sembra condizionare ogni decisione e il futuro assume le sembianze del fato, cioè di una realtà che pare al di fuori della nostra portata ma che tuttavia ha bisogno di noi per potersi realizzare. La tragedia, quindi, ci rivolge in maniera pressante una domanda cruciale: che cosa dobbiamo fare? Di fronte ai drammi del nostro presente - le guerre, le ingiustizie, la violenza, la povertà - come dobbiamo agire? Qual è il nostro grado di coinvolgimento? Possiamo davvero considerarci non responsabili? Fino a dove può spingersi la nostra inazione o la nostra indifferenza? A lezione dagli antichi ci invita a trovare una risposta a questi interrogativi, una risposta che è essenzialmente «politica», perché attiene al nostro essere cittadini, parte attiva di una comunità che di fronte ai drammi degli altri non distoglie lo sguardo ma li riconosce come propri. Non è un caso, infatti, se la tragedia è nata nell'Atene democratica del V secolo a.C., se in essa «la città si fa teatro» e si mette in scena. Se vogliamo capire chi siamo, se vogliamo scoprire quale ruolo possiamo svolgere nel mondo, allora dobbiamo tornare al palcoscenico della vita che i tragici greci hanno allestito per noi.
"Mi ritrovai in un mondo completamente nuovo. Il mondo più bello e più strano che avessi mai visto... Luminoso, vibrante, estatico, stupefacente. C'era qualcuno vicino a me: una bella fanciulla dagli zigomi alti e dagli occhi intensi. Eravamo circondati da milioni di farfalle, ampi ventagli svolazzanti che si immergevano nel paesaggio verdeggiante per poi tornare a volteggiare intorno a noi. Non fu un'unica farfalla ad apparire, ma tutte insieme, come un fiume di vita e colori che si muoveva nell'aria." Queste sono alcune delle parole usate da Eben Alexander, neurochirurgo e professore alla Medicai School dell'università di Harvard per descrivere il Paradiso. Il dottor Alexander è uno scienziato che non ha mai creduto alla vita dopo la morte eppure è toccato a lui esserne testimone. Nel 2008 ha contratto una rara forma di meningite e per sette giorni è entrato in coma profondo che ha azzerato completamente l'attività della sua corteccia cerebrale. In pratica il suo cervello si è completamente spento, eppure una parte di lui era ancora vigile e ha intrapreso uno straordinario viaggio verso il Paradiso. Al suo risveglio il dottor Alexander era un uomo diverso, costretto a rivedere le sue posizioni profondamente razionali sulla vita e sulla morte: esiste una vita oltre la vita, esiste il Paradiso ed è un luogo d'amore e meraviglia. "Milioni di farfalle" è la testimonianza di questa esperienza.
Come è possibile, si chiedeva Paul Klee a proposito degli italiani, che una «marmaglia miserabile» sia stata l'artefice del Rinascimento? Ancora oggi l'Italia è piena di paradossi. Le regioni del Nord hanno un grado di sviluppo paragonabile a quello delle nazioni europee più avanzate, mentre il Mezzogiorno non riesce a stare al passo. Gli italiani, malgrado un'allarmante disaffezione nei confronti della politica, garantiscono sempre un'alta percentuale di votanti a ogni elezione. Pur vivendo una sostanziale «pace sociale», l'Italia è percorsa dalla paura. Contraddizioni che affondano le radici nella storia, e che nella perdurante crisi delle istituzioni sembrano trovare la linfa per perpetuarsi. Sabino Cassese scrive che sono proprio le istituzioni a dettare le regole del gioco, ed è dal loro stato di salute che dipende la corretta gestione della Repubblica, vale a dire il buongoverno. Il nostro attuale assetto istituzionale soffre di alcuni difetti - l'indebolimento dei partiti come organizzazioni sociali, il deperimento del Parlamento, il corto respiro della politica - che hanno rimodellato non solo l'architettura dello Stato, la sua amministrazione e la sua burocrazia, ma anche la politica, l'economia, il costume e la morale pubblica. Il Paese è attraversato da correnti populistiche e da pulsioni autoritarie, insofferente nei confronti delle élite, illuso dalla democrazia digitale, vittima di paure imposte più dalla narrazione dei fatti che dai fatti stessi, rancoroso e scoraggiato, intimorito dalla globalizzazione. Eppure - ricorda Cassese - alle ombre si accompagnano le luci: l'essere parte dell'Unione europea, il civismo e il volontariato sempre più diffusi, le innumerevoli iniziative sociali, la sensibilità nei riguardi delle comunità, l'attenzione - sia pure passiva - per la politica, la Costituzione con la sua ricchezza ancora inespressa. Contraddizioni di un Paese attraversato da un profondo malessere, ma che nei momenti più difficili ha trovato l'energia e la vitalità necessarie per aprirsi alla speranza.
"Questo sarà l'anno del mio fidanzamento, l'ho deciso. Sì, Filippo Villa, ventiquattro anni, milanese da generazioni, giornalista sportivo e party-boy, quest'anno si fidanzerà. E adesso ho qualcosa come tredici chat attive su Grindr, che è tutto un pullulare di messaggi." Fortunatamente nella sua ricerca Filippo non è solo. Accanto a lui c'è Bea, l'amica di una vita e coinquilina da sempre che a ragazzi non è messa poi tanto meglio. Ma si sa, la speranza è l'ultima a morire, almeno finché viene alimentata dal vino bianco di pessima qualità che ogni sera Alice porta a Bea e Filippo in cambio di un posto sul divano del loro appartamento di Porta Venezia, nel cuore del quartiere della festa milanese. La malasorte sentimentale sembra invertire la sua rotta quando Filippo, grazie all'inseparabile Gilda, il suo bellissimo esemplare di bassotto a pelo ruvido, incrocia il proprio destino con quello di Diego: dog sitter, uno e novanta, moro, occhi neri. Un bòno, insomma. Diego ha solo un piccolo, trascurabile difetto: ha una fidanzata che lo aspetta a Monopoli, in Puglia. Dettagli. Diego è perfetto, è dolce, passionale, insomma è quello giusto. Ma non è tutto oro quel che luccica. Magari è solo bigiotteria fatta bene. Tra aperitivi troppo alcolici, poke al salmone e maratone di serie tv, in questo romanzo Tommaso Zorzi racconta con leggerezza e ironia l'amore, l'amicizia, il sesso e le relazioni ai tempi di Grindr. Perché sì, Siamo tutti bravi con i fidanzati degli altri, ma poi, quando tocca a noi, è un vero casino.