Il 4 marzo l’Italia va al voto. Ci arriva confusa, spiazzata da una realtà politica sempre più liquida e da un atteggiamento sempre più sfiduciato, diffidente, aggressivo. Certo, non è il clima greve che si può respirare in altre parti del mondo dove si andrà alle urne nel 2018, e dove i problemi - per vari motivi - sono più gravi (dall’Egitto alla Russia, dall’Iraq alla Colombia, e poi Brasile, Messico, Venezuela...). Ma anche se con toni e sfumature molto diversi, l’accento di fondo, ovunque, è simile: divisioni acute, rancori radicati, delegittimazione reciproca. Non è un caso che uno dei libri che hanno fatto più discutere nei mesi scorsi, perché più capaci di leggere il presente, si intitoli L’età della rabbia, di Pankaj Mishra, che trovate intervistato proprio in questo Tracce, in occasione dell’uscita italiana.
È da tempo che cerchiamo di dare il nostro piccolo contributo alla questione che ci sembra più urgente anche in politica, più di poltrone e programmi: recuperare la consapevolezza che l’altro è un bene. Riscoprire le ragioni profonde - e non scontate - del vivere insieme. Preoccupazione condivisa con personalità molto più in vista, che hanno a cuore il bene comune: dal presidente Sergio Mattarella (basterebbe rileggersi il suo discorso di fine anno) a papa Francesco, di cui in questi giorni abbiamo rimesso in circolazione il bellissimo intervento fatto a Cesena il 1° ottobre scorso. Il popolo, dice Francesco, ha bisogno «della buona politica», perché il suo «volto autentico», la sua «ragion d’essere», è offrire «un servizio inestimabile al bene dell’intera collettività». Per questo la Chiesa «la considera una nobile forma di carità».
Ecco, il “Primo piano” di questo numero prova a capire come recuperare questa “ragion d’essere”. Lo fa attraverso un dialogo con Sabino Cassese, laico, uno degli osservatori più acuti della situazione italiana. E poi attraverso dei fatti, storie di gente che giorno per giorno tenta di cucire, o ricucire, un tessuto comune; e lo fa in piazze minori, scelte apposta dietro le quinte della “grande” politica, perché ad essere decisivo è il metodo... Lo stesso criterio con cui proponiamo altre due storie, sudamericane appunto. Dalla Colombia arriva il racconto dell’incontro tra una candidata e la comunità locale di CL: esempio piccolo, ma reale, di una prospettiva che può ribaltarsi, da «cosa chiediamo ai politici» a «ma la fede incide anche lì?». Dal Brasile, la descrizione di come una realtà nata “dal basso” - le Apac - sta cambiando il sistema carcerario di tutto il Paese. Perché la sussidiarietà è qualcosa di reale, e serve. Micro e macro, local e global. Ma il punto è lo stesso: che occasione saranno per ognuno di noi queste settimane? Che verifica potremo fare di quanto e come la fede aiuti ad affrontare anche le infinite domande che emergono dal caos della politica?
In fondo, è la scommessa che ha aperto in noi - e che riapre di continuo - don Giussani. È morto tredici anni fa, ma è più presente che mai. Non solo per l’attualità impressionante delle sue intuizioni (sarebbe utile riprendere, per esempio, il discorso che fece ad Assago alla Dc lombarda nel 1987), ma proprio per come continua a provocare ora migliaia di persone. Che si tratti di universitari americani o di liceali bolognesi, del sindaco di una cittadina di provincia o di persone appassionate al tema dell’educazione, è una sollecitazione continua a prendere sul serio e fino in fondo le proprie domande, l’altro, la realtà... La vita.
L’editoriale di questo numero è il contributo del Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione pubblicato da Avvenire il 22 dicembre 2017
«La realtà è superiore all’idea» (Evangelii Gaudium, 231). Non c’è niente che sfidi di più la ragione dell’uomo, la logica umana, che un fatto, un avvenimento reale. Pensiamo al popolo ebraico in esilio, di cui parla il profeta Isaia.
L’ultima cosa che gli ebrei si sarebbero aspettati, quando tutto sembrava finito, mentre erano in mezzo al nulla, era qualcuno che sfidasse le sconfitte che avevano subìto e la misura con cui giudicavano. Tanto è vero che avevano cominciato ad abituarsi alla situazione in cui si erano venuti a trovare. Eppure in mezzo al deserto risuona una voce: «Io sono il Signore» (Is 41,13ss), una voce che pronuncia parole che nessuno avrebbe il coraggio di dire, tanto sono lontane dalla logica umana: «Non temere».
Possibile?! Come si può non temere quando si è sperduti in mezzo al nulla, nell’esilio?
Si tratta della stessa reazione che abbiamo anche noi davanti alle sfide attuali: ci assale la paura, ci viene da innalzare muri per proteggerci; cerchiamo sicurezza in qualcosa di costruito da noi, ragionando secondo una logica puramente umana, esattamente quella che viene provocata costantemente da Dio: «Io sono il Signore, non temere!». Davanti ai nostri occhi appare tutta la Sua diversità. Infatti quel «non temere!» è la cosa meno creduta oggi, la meno credibile anche per noi; davanti a tutto quello che sta accadendo nel mondo, chi può dire di non avere paura?
«Io sono il Signore, non temere». La nostra ragione e la nostra libertà sono provocate da questa promessa, come capitò al popolo in esilio. Anche noi siamo come un «vermiciattolo di Giacobbe, larva d’Israele», ci sentiamo così piccoli davanti all’enormità dei problemi. Siamo disponibili a dare credito all’annuncio della liberazione che risuona per noi oggi? «Non temere, io ti vengo in aiuto».
Commentando queste parole, papa Francesco ha detto: «Il Natale ci aiuta a capire questo: in quella mangiatoia [...] è Dio grande che ha la forza di tutto, ma si rimpicciolisce per farci vicino e lì ci aiuta, ci promette delle cose» (Omelia Santa Marta, 14 dicembre 2017). C’è qualcosa di più sconvolgente per le nostre misure?
Sempre il Signore ci spiazza, perché ha uno sguardo diverso, vero, sul reale, capace di cogliere dati che noi non vediamo. Se accettiamo la sfida, noi che siamo così miseri potremo riconoscere la risposta al nostro grido: «Io, il Signore, risponderò loro, io, Dio d’Israele, non li abbandonerò». Chi confida in Lui, chi si abbandona al disegno di un Altro vede il compiersi della promessa: «Farò scaturire fiumi su brulle colline». Non è forse questo che ci stupisce di certi incontri? Mentre alcuni sono sempre più impauriti, sempre più ripiegati su se stessi, sempre più chiusi, sempre più scoraggiati, altri fioriscono e testimoniano un modo diverso, positivo, di vivere le cose solite.
Come è possibile che taluni risplendano di vita e altri trovino in ogni circostanza solo una conferma del loro scetticismo? Perché tutto passa attraverso la sottile lama della libertà. «Cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in zona di sorgenti»: se assecondiamo il richiamo del Signore, potremo vedere fiorire la vita in questa terra arida, in questa nostra situazione storica - non in un’altra, in questa. «Nel deserto pianterò cedri, acacie, mirti e ulivi; nella steppa porrò cipressi, olmi e abeti». Chi si affida a questa promessa comincerà a guadagnare la vita vivendo.
Eppure spesso si insinua in noi la domanda: il Signore non potrebbe risparmiarci tante circostanze sfavorevoli con cui dobbiamo confrontarci? Non ci rendiamo conto che certe situazioni sono il frutto di un uso sbagliato della nostra libertà; Israele non si era fidato del Signore, non aveva creduto alla Sua parola e aveva preferito allearsi con le potenze dell’epoca, finendo in esilio. Chi invece si affida comincia a vedere i segni del Signore in azione: Dio opera nella storia «perché vedano e sappiano, considerino e comprendano [...] che questo ha fatto la mano del Signore, lo ha creato il Santo d’Israele».
Chi non si affida non vedrà, perché il mondo sarà sempre pieno di contraddizioni che spaventano, ma in chi accoglie Gesù la vita comincia a risplendere. Chi Lo riconosce comincia a vedere i germogli di una vita che fiorisce.
Occorre essere semplici, come dice Gesù che viene nel Natale: «Fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11,11).
Che cosa permette che 145mila italiani (e altri, nel mondo) spendano gratis una fetta di un loro sabato per chiedere ad altri di donare qualcosa ai poveri, incontrando milioni di concretissimi «sì»? E che cosa ha in sé di così potente un gesto capace di coinvolgere tutti e dappertutto, dagli alpini in congedo agli ultras degli stadi, dai detenuti agli immigrati, e famiglie, studenti, pensionati... un popolo, insomma?
La generosità, certo. Ce n’è una quantità enorme, in un fatto come la Colletta Alimentare del 25 novembre. E sarebbe già qualcosa da guardare con meraviglia, perché quando è così imponente e diffusa non può essere ridotta a un fatto sentimentale, a una ventata spuria di ottimismo tra i soliti pensieri neri sul futuro, i tempi «che non sono più quelli di una volta», i giovani d’oggi eccetera. Dopo un fatto così, certi giudizi andrebbero corretti, approfonditi, rimessi a fuoco.
Ma non basta. C’è di più, da scavare e capire. Perché al di là dell’aspetto - pur importantissimo - del “fare del bene”, un avvenimento come la Colletta è un’occasione enorme per una presa di coscienza. Se non si volta pagina in fretta per passare ad altro (fosse anche un’altra buona iniziativa: Natale è vicino...), può farci capire qualcosa di decisivo su chi siamo e di cosa abbiamo bisogno, come persone e come popolo. Siamo poveri, mendicanti di tutto perché fatti di un desiderio senza fine. E abbiamo bisogno di condividere la vita con i poveri, per non smarrire noi stessi.
È in momenti come questi che emerge con più nettezza la struttura dell’uomo, che ci si rende conto di come davvero il mendicante sia «il protagonista della storia» (lo ha ricordato anche papa Francesco tempo fa) e la carità «la legge della vita», per usare un’altra espressione cara a don Giussani. Ed è vivendo momenti del genere con consapevolezza, accorgendosi di cosa sta succedendo e senza dare nulla per scontato - neanche se si tratta di qualcosa a cui si partecipa da anni (la Colletta era alla ventunesima edizione) -, che si può riscoprire come certi gesti siano «espressione di un’origine» che non va persa di vista, come ha detto don Julián Carrón, presidente della Fraternità di CL, nei giorni scorsi: «Sgorgano dalla fede» e aiutano ad approfondire la fede.
È per questo che dedichiamo il “Primo Piano” alla Colletta Alimentare e ad altri gesti simili, perché aiutano a imparare la «legge della vita». Gesti antichi, come le Tende di Natale di Avsi che ormai hanno una tradizione radicata. O nuovissimi, come l’evento nato in Romania da chi ha spalancato mente e cuore all’ennesimo regalo che papa Francesco ha fatto alla Chiesa: la Giornata mondiale dei poveri, il 19 novembre. Accoglierli, ha ricordato il Pontefice nel suo messaggio, è mettersi davanti a «maestri che ci aiutano a vivere la fede», perché «ci mostrano in modo sobrio, e spesso gioioso, quanto sia decisivo vivere dell’essenziale». Abbiamo bisogno di farlo. Per essere noi stessi.
Tracce N.9, Ottobre 2017
Una differenza radicale
10.10.2017
Stavolta si potrebbe leggere Tracce partendo da un box. Lo trovate a pagina 22, nel servizio sulla Catalogna alle prese con il caos post-referendum. Il voto è stato a ridosso della chiusura in tipografia, non sappiamo che piega avrà preso la situazione - evidentemente seria e grave - quando il giornale vi sarà arrivato. Ma in quel testo, e nell’articolo che lo accompagna, c’è qualcosa di prezioso. È il racconto di un’assemblea di studenti avvenuta subito prima dell’1 ottobre. Di una ragazza che si è ritrovata accolta e abbracciata fino alla radice di sé, molto al di là delle differenze di storia, pensieri e posizioni politiche. E di un’amicizia che va in direzione ostinata e contraria rispetto al clima di risentimento generale.
Un fatto. Minimo, a prima vista assolutamente insignificante nella mareggiata che sta scuotendo la Spagna e, con essa, l’Europa, dove la spinta verso il “tutti contro tutti” appare sempre più forte. Ma decisivo. Perché indica una strada. Porta in sé un seme da cui può nascere - o rinascere - tutto: delle persone vive. Ragazzi che «si fanno domande, si interessano a ciò che accade intorno a loro, entrano in rapporto con gli adulti per affrontare i loro problemi, le ferite e i desideri. Si aiutano e si correggono». E che per questo non restano intrappolati nello schema della contrapposizione, nel “da che parte stai”?
Persone vive. E fatti, cose che succedono dove e come non te le aspetteresti, perché la corrente va dall’altra parte. La stessa radice che trovate nel “Primo piano”, dedicato di nuovo al lavoro - anche se ce ne siamo occupati per esteso pochi mesi fa - perché è un’emergenza reale. O nella testimonianza da Dubai, sul mare di umanità generato da un bimbo vissuto solo poche ore. Oppure, ancora, in altre parti di questo Tracce. Non sono formule, non offrono soluzioni al problema della disoccupazione, della malattia, delle fatiche di ogni giorno. Ma segnano una differenza radicale, perché accadono. E mostrano che in quelle fatiche c’è altro. Non oltre la realtà, ma dentro.
Che cosa è questo “altro”? Che natura ha, cosa c’è alla sua origine? Da dove sorgono fatti e persone così? Occorre rendersene conto, per non smarrire sul nascere quella prospettiva diversa che abbiamo visto aprirsi, quella letizia che vediamo accadere anche dove sembrerebbe impossibile.
In fondo, è questo il tema della Pagina Uno, che riprende la Giornata d’inizio anno di CL. È un aiuto a ripercorrere la nostra storia, anche personale, e insieme il filo dei fatti che accadono ora. Va paragonata a fondo con i nostri desideri, le nostre aspettative, il nostro cuore, e con ciò che vediamo accadere. Perché abbiamo bisogno più che mai di sapere se è vera la promessa che Cristo ha portato nel mondo, e che Julián Carrón, citando don Giussani, a un certo punto ha riassunto così: «È nel rapporto con Lui che possiamo sperimentare il centuplo: “Cento volte l’umanità che avete addosso fiorirà, fiorirà cento volte più che negli altri, e non ci sarà niente che la scomporrà, che la conturberà fino a farle paura, non avrete paura di niente”, mentre tutto si scompone appena ci stacchiamo da Lui».
Aguzzare la vista
08.09.2017
C’è stato un momento dell’ultimo Meeting di Rimini che ha dato forma a tutto. E grazie a Dio, è arrivato subito, all’inizio. È stato il messaggio di papa Francesco, inviato da quello stesso cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, che poi sarebbe intervenuto nell’ultimo giorno della manifestazione. Lo pubblichiamo per intero, più avanti. E il motivo è semplice. Non è solo una chiave di lettura dei giorni riminesi. Indica un metodo che vale sempre, una bussola da tenere costantemente sott’occhio, se vogliamo evitare «la malattia che può colpire i battezzati» in ogni momento: «L’Alzheimer spirituale», ovvero la dimenticanza del nostro rapporto personale con Dio.
La paura, l’incertezza esistenziale che tante volte ci toglie il respiro e ci taglia le gambe, nasce da lì: «Se diventiamo smemorati del nostro incontro con il Signore, non siamo più sicuri di niente». E la salvezza passa da «una sola strada: attualizzare gli inizi, il “primo Amore”, che non è un discorso o un pensiero astratto, ma una Persona». Bisogna «tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato».
Non è una questione di ricordi, un tuffo in un passato da recuperare. Ma qualcosa di presente, ora. «Incandescente», come un fuoco che brucia. Vivo, come l’Amore per una Persona che è qui. È questo amore, in fondo, il contributo vero che possiamo dare noi cristiani al mondo.
Al Meeting questo corpo a corpo tra passato e presente, tra il rischio di trasformare in cenere il patrimonio che riceviamo e la chance di viverlo ora, lo si è visto benissimo. Nei momenti salienti (l’intervento di monsignor Pierbattista Pizzaballa, le parole dello stesso Parolin, molti altri incontri), in tantissimi luoghi (si pensi alle mostre). Ma anche nel modo di affrontare certi temi (il lavoro, la geopolitica, la scienza) solo a prima vista più “marginali” rispetto alle parole del Papa.
Del resto, c’era un altro invito in quel messaggio, esplicito e rivolto proprio a chi il Meeting lo ha vissuto: «Aguzzare la vista per scorgere i tanti segni - più o meno espliciti - del bisogno di Dio come senso ultimo dell’esistenza, così da poter offrire alle persone una risposta viva alle grandi domande del cuore umano».
Ecco, il numero di Tracce che avete tra le mani tenta di fare questo. Rimettendo in fila alcune delle tantissime cose accadute nei giorni di Rimini, a cui dedichiamo il Primo Piano. Raccontando eventi come l’Assemblea internazionale dei responsabili di CL, appena tenuta a Corvara. Ma anche dando voce ad altri incontri in cui questo «bisogno di Dio», esplicito o meno, diventa il punto focale di un dialogo prezioso. Come nell’intervista a Pilar Rahola, la giornalista e scrittrice catalana, sulla necessità che i cristiani «escano dall’armadio» perché la società intera ne ha bisogno - anche chi, come lei, non crede. O nel racconto di Paul Mariani, poeta e critico americano, colpito dall’incontro con una realtà come CL. E in tanti altri fatti, piccoli e grandi, che troverete in queste pagine. Buona lettura. E buona ricerca.
EDITORIALE
Tracce N.5, Maggio 2017
L'orizzonte
Sarà in libreria a giorni, con un titolo curioso (Una strana compagnia) e un’intestazione che ne fa il primo volume di una collana dal nome altrettanto insolito: “Cristianesimo alla prova”. È la raccolta di lezioni e dialoghi tenuti da don Luigi Giussani agli Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione, dal 1982 - l’anno del riconoscimento pontificio - all’84. Meditazioni, assemblee, omelie. Passi che raccontano in presa diretta l’inizio di una realtà che oggi coinvolge decine di migliaia di persone in tutto il mondo.
A prima vista, niente di più “interno”, rivolto soprattutto a chi vive l’esperienza di CL (tanto più che la Fraternità è il punto in cui questa esperienza si fa tendenzialmente più profonda, acquista in qualche modo una definitività: è «l’opera del movimento», diceva don Giussani). Ma basta scorrere poche pagine per capire che non è così. In gioco c’è una proposta che interpella tutti, perché intercetta qualcosa di profondamente umano.
Il cuore di quelle parole è la fede. Meglio, «l’incidenza della fede nella vita dell’uomo, la sua utilità per affrontare la quotidiana fatica del vivere», come scrive Julián Carrón, l’erede di don Giussani, nella prefazione. Il cristianesimo c’entra con le nostre esigenze reali? Messo “alla prova”, appunto, offre un contributo vero, efficace?
La Fraternità è una scommessa sul «sì», verificabile di continuo, passo per passo. Offre a tutti un’esperienza cristiana - un metodo: luogo e strada - come aiuto concreto alla vita. Qualcosa che permetta di affrontare con una umanità più piena il lavoro, i problemi dei figli o una situazione sociale tremenda, come vedete nelle storie che raccontiamo nel “Primo Piano”. E non in forza semplicemente di una solidarietà, di un “mettersi insieme” per darsi una mano (che pure è cosa rara e preziosa, soprattutto oggi), ma perché aiuta l’io.
Su questo, il libro è impressionante per la sua nettezza. Lo scopo della Fraternità di CL non è anzitutto costruire opere, organizzarsi socialmente, “fare”. È aiutare la persona a crescere nella fede. È generare soggetti maturi nella loro consapevolezza di essere - prima di qualsiasi altra cosa - rapporto con Dio. Perché è questo che cambia la vita. «Il Signore preme perché entri nel mondo, attraverso noi, una nuova personalità: si deve sfondare la porta. L’uomo che riconosce finalmente che la sua natura è di appartenere a un Altro è un uomo sempre positivo (...) perché è libero; è sempre comprensivo, abbraccia tutto, comprende tutto e, stavo per dire, sorride a tutto», scrive don Giussani. E quale compito è affidato a un simile uomo? «Investire il mondo, invadere il mondo, perché Cristo abbia la sua testimonianza: il mondo esiste infatti perché conosca Cristo!».
Ecco, l’orizzonte di questa “strana compagnia” è tutto qui. Esiste solo perché l’uomo sia se stesso: perché possa conoscere sempre più a fondo Cristo e, vivendo, Lo faccia conoscere ai suoi fratelli uomini. Educazione alla fede e testimonianza, insieme. Le due cose coincidono.
In questi giorni - come forse avrete già visto - ci sono anche grandi novità nel modo in cui CL si racconta a tutti. C’è un nuovo sito web (con un impatto anche sulla rivista, leggerete nelle prossime pagine), completamente ridisegnato per due motivi di fondo: accompagnare in maniera ancora più efficace il percorso educativo del movimento, e rendere ancora più accogliente l’invito a conoscerlo, a “venire a vedere” di che si tratta. È un «tentativo ironico», come lo avrebbe definito don Giussani: imperfetto, pieno di limiti... Ma, anche qui, lo scopo è quello: approfondire la bellezza della fede. E condividerla con tutti. Perché aiuti a vivere.
A mano aperta
04.07.2017
Sono parole sempre nuove, anche se le abbiamo già sentite. Perché toccano un punto vivo, una provocazione che ci si para davanti quando si apre l’estate e le giornate si fanno un po’ meno fitte di impegni fissi, obblighi, lavoro. Arriva «il tempo della libertà», come diceva don Giussani già ai primi giessini. Ovvero, «il tempo più nobile dell’anno, perché è il momento in cui uno si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita oppure non si impegna affatto con niente e allora, appunto, è sciocco», vuoto. «Quello che uno vuole lo si capisce da come utilizza il suo tempo libero».
Questi giorni, insomma, sono un test: fanno emergere quello che ci sta più a cuore. Lo abbiamo ricordato spesso, su Tracce. Ma nelle parole di don Giussani c’è anche di più. Se sono vere - e ognuno può giudicare quanto lo siano -, vuol dire che le settimane che ci aspettano sono pure un’occasione grande per capire di più che cosa è la libertà. Che dono prezioso, inestimabile, è questa capacità misteriosa che abbiamo di aderire al bene, di domandarlo, di essere disponibili a cercarlo anche nelle pieghe di una realtà che tante volte ci si presenta con dei tratti che non vorremmo (una fatica, un dolore, un desiderio non corrisposto), oppure di dire «no», di chiuderci.
La diamo per scontata, tante volte. Invece è capitale. Perché è questa linea sottile, quasi impercettibile, a disegnare il modo in cui affrontiamo le circostanze. A decidere come viviamo. In fondo, davanti ad ogni momento di ogni giornata, come ricordava di recente don Julián Carrón a un gruppo di responsabili di CL, «ci sono sempre in gioco due concezioni»: quella di chi «già sa», e ha in testa una misura sua, un’idea di come le cose dovrebbero essere (di solito, diverse da come sono...), oppure «il povero, come l’Innominato del Manzoni, talmente consapevole del suo bisogno che è tutto disponibile» davanti alle parole del Cardinale. Il primo, alla fine, «mette la speranza tutta nella sua performance; l’altro si trova ad aspettare tutto da Cristo».
Due atteggiamenti, due modi di vivere, istante per istante. Ma dipende da noi, sempre. Dalla nostra libertà. Possiamo stare «a mano aperta o a mano chiusa», come ha detto papa Francesco ai Cavalieri, i cinquemila ragazzini delle scuole medie, in un’udienza commovente (se ne parla più avanti nel giornale). Possiamo essere disponibili a imparare di nuovo quello che pensavamo già di sapere, e che invece non è più scontato - come vedremo al Meeting di Rimini di quest’anno, a cui è dedicato il Primo Piano -, oppure chiuderci in difesa davanti al «cambiamento d’epoca» e ritrovarci senza armi per affrontare le sfide di oggi: l’educazione, i giovani, il lavoro... Aperti o chiusi. Lo si vede dovunque, in questo numero.
Anche nelle ultime pagine, in quella lettura in cui Ignacio Carbajosa ripercorre il Libro di Giobbe. Un testo bellissimo e sorprendente, dal quale - tra tanti spunti di riflessione - si capisce come Dio affidi la risposta che nessuno può dare (alla domanda sul dolore innocente) proprio alla nostra libertà, al modo in cui stiamo davanti a Lui. Aperti o chiusi. Dipende da noi, ma cambia la vita.
IL PAPA A MILANO/1
I video della visita
IL PAPA A MILANO/2
Lettere e contributi
IL PAPA A MILANO/3
Le parole del Papa alle "case bianche"
IL PAPA A MILANO/4
Le parole del Papa ai sacerdoti
IL PAPA A MILANO/5
L'omelia durante la messa al Parco di Monza
IL PAPA A MILANO/6
Le parole ai ragazzi della Cresima
FINE VITA/1
Intervista a Giovanna De Ponti di "RaiNews24"
FINE VITA/2
Il libro di Giovanna de Ponti
FINE VITA/3
Alcune pagine dal libro di Stefano Borgonovo
BRASILE
Cronaca della Assemblea responsabili dell'America Latina
RUSSIA
Cronaca dell'Assemblea responsabili dei Paesi ex sovietici
GIOVENTÙ STUDENTESCA
Le schede di Scuola di comunità per i ragazzi delle superiori
KENT HARUF
Alcune pagine dal libro "Le nostre anime di notte"
ASSEMBLEA CDO
La strada dalla reazione alla relazione
COLLOQUI FIORENTINI
Un viaggio che è solo all'inizio
ROMANAE DISPUTATIONES
Il modo nuovo di fare cultura
FESTIVAL DELLA LINGUA ARABA
Lo sguardo degli altri
EUROPA/1
«È possibile un nuovo inizio?», di Julián Carrón
EUROPA/2
Papa Francesco, discorso per il Premio Carlo Magno
EUROPA/3
Benedetto XVI, discorso al Parlamento tedesco
EUROPA/4
Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Ecclesia in Europa
EUROPA/5
L’intervista integrale al priore di Taizé
IL PAPA A MILANO/1
«La speranza in un abbraccio», di Julián Carrón (dal Corriere)
IL PAPA A MILANO/2
Testimonianze dalla città che attende
DON GIUSSANI/1
La messa per il XII anniversario a Milano
DON GIUSSANI/2
Le messe in tutto il mondo
MEDIORIENTE
Il racconto della visita al monastero di 'Azeir, in Siria
BRASILE
Elen, nata e cresciuta in una favela, racconta il suo primo Rio Encontros
GIOVENTÙ STUDENTESCA
L'Assemblea responsabili di Milano e dintorni
MESSICO
Dopo le proteste contro Trump, il giudizio della comunità di CL
GERUSALEMME
Diario di viaggio della presidente del Meeting di Rimini
MANET
Alcune pagine di Michel Foucault
ROMA
La presentazione del libro di padre Lepori: Si vive solo per morire?
RIMINI
Una cena per aiutare gli amici terremotati
SIRIA
Il progetto "Ospedali aperti"
LAVORO/1
“Natale: motivo della vita come lavoro”, di don Giussani (Tracce, 1998)
LAVORO/2
“La voce unica dell’ideale”, di Julián Carrión (incontro con i maturandi, 2010)
BANCO FARMACEUTICO
Il sito e tutte le info sulla Giornata di Raccolta del Farmaco
NEW YORK ENCOUNTER/1
La cronaca e le video-interviste
NEW YORK ENCOUNTER/2
Il video della presentazione di Disarming Beauty, con Julián Carrón e Joseph H.H. Weiler
NEW YORK ENCOUNTER/3
Il messaggio di papa Francesco
NEW YORK ENCOUNTER/4
Altri contributi da tracesonline.org
DON GIUSSANI/1
L’intervista allo storico Roberto Pertici
DON GIUSSANI/2
L’elenco e i riferimenti delle messe in tutto il mondo per l’anniversario della morte
MOVIMENTO/1
Il libretto degli Esercizi spirituali degli universitari con don Julián Carrón
MOVIMENTO/2
La lettera dal Burundi di Maria Chiara, ostetrica
MOVIMENTO/3
A Londra, l’Assemblea responsabili di CL in Nord Europa
MOVIMENTO/4
L’incontro dei Cavalieri del Centro Italia
PADRE SCALFI/1
Il messaggio di Julián Carrón per la morte del fondatore di Russia Cristiana
PADRE SCALFI/2
Una testimonianza di Andreij Strotsev
PADRE SCALFI/3
L'intervento al Meeting di Rimini del 2003
ARVO PÄRT/1
Il trailer di un documentario biografico
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Alcuni brani celebri
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Fotogallery
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Elogio di Andy Warhol
ABRUZZO
La tragedia nell'hotel di Rigopiano. «Chi o cosa può dare speranza?»
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La storia di Sabrina Pietrangeli, guida della onlus che accompagna le coppie con gravidanze difficili
LUIGI TENCO
A 50 anni dalla morte del cantautore, restano le sue canzoni. E quella strofa dell’amico De André...
Rivista internazionale di Comunione e Liberazione.
LA STRADA DELLA CERTEZZA
Le domande. I dubbi. E l'attesa di incontrare qualcosa che risponda al desiderio di felicità. Viaggio nelle università di tutta Italia, per scoprire che cosa può dire la fede a un ventenne di oggi.