Le "reliquie" si impongono - siano esse resti corporei oppure oggetti appartenenti alla persona in vita - come veicoli della sacralità: un valore aggiuntivo che la comunità stessa conferisce loro. E se il "sacro" nasce come prodotto culturale determinato da una scelta umana, esso non preesiste come una categoria a priori. L'originalità di questo testo si delinea, da un lato, nel mostrare l'attualità del concetto di sacro come fonte di interpretazione della religiosità contemporanea - con attenzione agli sviluppi antropologici - e, dall'altro, come investigazione sul campo in vari conventi in Francia e in Italia, attraverso l'analisi del caso storico riguardante la beatificazione della duchessa bretone Françoise d'Amboise (1427-1485). In queste pagine si assiste - e l'occasione è il ritrovamento di un documento relativo a una reliquia della duchessa posseduta dal Carmelo di Vannes - a una sorta di "metamorfosi": la studiosa da asettico ricercatore diventa "mediatore" della pratica sacra, perché condivide con le monache una vera scoperta. Il lettore, introdotto nel mondo conventuale, è guidato a decodificare i processi sociali e simbolici che suscitano e alimentano il valore sacrale della reliquia: inaspettati significati si celano dietro i gesti delle religiose che "fabbricano" l'oggetto, nelle pratiche che lo definiscono e negli scritti che ne autenticano la verità.
La traduzione di questo inedito (1931-1939) è un tassello fondamentale per comprendere il pensiero di Guardini sull'antropologia cristiana nella sua evoluzione. È centrale, in queste pagine, la necessità di rispondere, in quanto cristiano, alle incognite del mondo moderno - come l'evoluzionismo, l'eutanasia, l'eugenetica o l'ingegneria sociale - e riflettere sulla portata dei mutamenti sociali e culturali che esso comporta. Una domanda che attraversa l'intera opera guardiniana e mostra qui il suo nucleo antropologico più profondo: ontologicamente l'uomo è relazione aperta, verso l'altro, Dio, o il nulla. Spetta all'uomo - provocato dalla modernità - la libera decisione. Premessa di Carlo Brentari.
È stato Romano Guardini nei primi Anni Venti del secolo appena scorso ad uscire in quell'espressione, che può essere assunta come diagnostica di uno dei lineamenti della teologia cristiana della prima metà del XX secolo: "Un processo di incalcolabile portata è iniziato: il risveglio della Chiesa nelle anime". Un risveglio, che era connesso, nell'analisi del giovane teologo italo-tedesco, con il risveglio culturale ad un vero senso della realtà vissuta e al senso comunitario. Svaniva, sulle macerie della prima Guerra Mondiale, l'incanto per l'idealismo e per l'io astratto, e la coscienza cristiana iniziava a percepire la Chiesa come via verso la personalità, e insieme, come via verso la comunità. Le "Lezioni sulla Chiesa", tenute da Guardini all'università di Bonn nel 1921 e pubblicate nel 1922 con il titolo Il senso della Chiesa, avevano entusiasmato il suo uditorio e i suoi lettori, che le avvertivano "come un colpo d'ala, un soffio di cristianesimo originario, pentecostale", in quanto additavano "nuove vie verso un rapporto vivo tra Chiesa e personalità, verso una crescita umana autentica fondata sulla libertà interiore, che sfocia in una comunità di grazia" (Rosino Gibellini, La teologia del XX secolo)
Che ne è della fede in questo mondo secolarizzato? La mentalità occidentale, che pone al centro l'essere umano e le sue esigenze materiali, pervade il mondo. Forse la fede non esiste più o magari ce n'è troppa, ma non di tipo religioso, dato che spesso viene confusa con credenze varie e con opinioni più o meno giustificate. Eppure, anche in tale mentalità continua a esserci bisogno di credere, ma non sono più le religioni monoteistiche a dirigere le dinamiche umane. Per fare i conti con questi fenomeni occorre approfondire in cosa consiste davvero il rapporto con Dio, quali sono i significati e le forme della fede, che si configura come un'esperienza di relazione e di fiducia in grado di dare senso a ogni altra nostra relazione, di offrire prospettive ulteriori. L'esito di questa indagine è un cristianesimo come "religione impossibile", che, nella sua trasgressività, permette di considerare l'"impossibile" come una possibilità e in tal modo salva dalla compromissione con il male che caratterizza l'agire umano.
Due sacerdoti chiamati a responsabilità diverse e poi allo stesso destino: pontefici dopo due conclavi consecutivi. Legati da un'amicizia discreta ma intensa, hanno avuto vite a tratti parallele, a tratti intrecciate, orientate al confronto con gli uomini, le idee, le vicende del loro tempo. Quello che unì Angelo Giuseppe Roncalli, poi Giovanni XXIII, e Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI - bergamasco il primo, bresciano il secondo - fu un legame singolare, alimentato da motivi di lavoro ma rafforzato da una sintonia sempre maggiore nella loro visione del mondo, della Chiesa e della società, come documenta la loro corrispondenza: oltre duecento lettere ufficiali o private, diari, appunti, taccuini, dai toni prudenti o confidenziali, che affrontano le questioni più diverse. Il volume ripercorre tutti gli incontri significativi, le carte private e gli scambi epistolari a lungo rimasti inediti per delineare il legame biografico, spirituale e personale dei due papi, raccontandone le tappe: la formazione, il lavoro diplomatico di Roncalli in Bulgaria, Turchia, Grecia e Francia e di Montini in Segreteria di Stato, l'impegno pastorale dell'uno a Venezia e dell'altro a Milano, sino all'avvio del Concilio Vaticano II. Ne emerge un ritratto vivido di due protagonisti della storia della Chiesa, «uomini simili e diversi», come li definì Joseph Ratzinger.
Queste "scintille", brevi brani da cui dovrebbe accendersi il lento fuoco d'una meditazione quotidiana, illuminano con intensità crescente squarci del pensiero teologico e spirituale di Guardini. Vi domina il senso dell'abbandono fiducioso all'occhio misericorde di Dio. Al suo sguardo, ogni inadeguatezza, tutto ciò che in noi è indegno e cattivo, che di giorno in giorno ci contrista, non è ancora mortale, se non si sottrae a quella luce di verità e insieme di amore infinito. È questa disposizione come una sorgente inesauribile donde zampilla il rinnovamento: tutto è possibile nella forza liberatrice di Dio.
I cattolici tendono a far derivare il rinnovamento della Chiesa dalla sua forza vitale, che erompe da un nucleo divino, e a contestare l'influenza che ebbe lo scisma avvenuto nel XVI secolo in questo processo. Considerano la "Riforma cattolica" come la vera "Riforma" e si oppongono al concetto di "Controriforma", perché pensano possa nascondere l'idea che la rigenerazione della Chiesa sia solo un movimento reazionario. I non cattolici considerano la Riforma protestante come il vero rinnovamento della Chiesa tendente al cristianesimo originario e vedono nella Controriforma la vittoria del papato, politicamente in auge, sul luteranesimo apolitico e sul calvinismo politicamente isolato. Partendo da fatti storici universalmente riconosciuti e al di là delle interpretazioni, Jedin cerca di indicare un punto di incontro sul significato di questi concetti e di eliminare i malintesi per quanto concerne l'uso storico della lingua, utilizzando poi i risultati ottenuti per l'inserimento del Concilio di Trento nella storia della Chiesa. «Questo libretto merita d'essere indicato agli studiosi ed esaminato da vicino, perché, nella sua brevità è, come si diceva una volta, succosissimo, o per dirla con modi popolareschi, pieno come un uovo, come un uovo, tutto buono» (Delio Cantimori).
Nel vastissimo panorama della letteratura di esegesi e critica dantesca, in Italia e all'estero, si inseriscono con una loro originalità i due saggi di Romano Guardini qui raccolti, "Gli angeli nella Divina Commedia" e "Paesaggio dell'eternità". L'angolatura non è la più consueta per indagini sull'Alighieri: essa è innanzitutto teologica e filosofica, pur non trascurando notazioni linguistiche e rilievi stilistici che testimoniano, insieme con un gusto sottile, l'amorosa familiarità col testo, che all'autore era stata instillata dal padre. La cultura che vi si dispiega è ricca di suggestioni, che scaturiscono da accostamenti e contrasti imprevisti, come tra le figure angeliche dantesche e l'enigmatica essenza dell'angelo di Rilke, o sottofondi sapienziali remoti, quali appaiono, ad esempio, nel riferimento alla "mistica rosa" del "Paradiso" alla struttura del mandala orientale, o negli inquietanti paralleli tra le metamorfosi dei ladri nell'"Inferno" e fenomeni di spersonalizzazione quasi da "lupo mannaro" nell'epos nordico. Agli studi danteschi ne viene l'apporto dell'apertura di orizzonti non abituali, dove la ricerca può svilupparsi fecondamente, tendendo a una comprensione del pensiero di Dante, oltreché dell'arte sua, più profonda e matura.
In un saggio complesso e affascinante come Dio Ignoto (Agnostos Theos, 1913) divenuto ormai «classico» per gli studi sulla storia stilistica del discorso religioso, a pieno titolo Eduard Norden si pone come figura di spicco al crocevia tra filologia classica e orientalistica, tra storia culturale antica e teologia. Una copiosissima messe di autori ed opere è abbracciata con straordinaria padronanza critica, ed accanto alla minuta sensibilità per i valori fonici e ritmici del discorso si affianca l'interesse per la religione antica e tardoantica, nelle sue valenze cultuali come anche escatologiche e profetiche. Muovendo dalla struttura e dal significato della predica di Paolo, che sull'Areopago annunzia agli Ateniesi la straordinarietà del «Dio ignoto», l'indagine passa a studiare le forme delle preghiere e di altri generi del discorso religioso antico e cristiano. Senza mai scadere nel dogmatismo e nell'apologetica confessionale, il saggio tradisce costantemente un'anima pervasa da forte sentimento per la religiosità in tutte le sue sfumature, ne segue gli sviluppi di alcune forme espressive - presenti in tutte le popolazioni del bacino mediterraneo - e ricrea, sulle tracce di un ipotetico schema di predicazione missionaria tardo-ellenistica, quel quadro di un mondo smarrito ed alla ricerca del divino, che un altro grande critico, E.R. Doods, avrebbe cinquant'anni più tardi definito con la suggestiva immagine di «epoca d'angoscia».
Il volume è la prima introduzione all'agiografia, con cui si indica il genere storiografico delle testimonianze e dei culti che riguardano la vita dei santi. L'indagine qui condotta comprende tutti quegli aspetti che hanno caratterizzato il nascere e l'evolversi del culto cristiano dei santi. Secondo una prospettiva multidisciplinare il 'campo agiografico' va ben oltre le fonti 'scritte' relative ai 'santi', che sono state a lungo l'oggetto di studio primario, se non esclusivo, fin dagli albori della disciplina. Il taglio scientifico del volume si giova delle distinte competenze degli autori, di uno storico del cristianesimo e di uno storico delle religioni; l'uno risulterà attento non solo alle problematiche dottrinali e teologiche, ma anche alle loro ripercussioni economiche e sociali, l'altro cercherà di illustrare gli aspetti filologici e comparativi, antropologici e tipologici connessi al culto dei santi.
«Che ne è dell'uomo nell'era del compiuto dispiegarsi del dominio della tecnica? Quale immagine di uomo corrisponde al nostro tempo, contrassegnato da un vertiginoso svuotamento - un farsi astrazione - della realtà? Sono le domande che nei primi decenni del '900 hanno tormentato le intelligenze più acute Weber, Spengler, Rathenau, Heidegger. Tra di esse sta di diritto Romano Guardi-ni con questo suo libro. L'autore fa del resoconto di un suo viaggio sulle rive del lago di Como l'occasione per una lucida esplorazione del movimento tellurico che stava trasformando l'immagine del mondo. La tecnica diviene qui problema filosofico: in essa ne va del senso della storia. Con disincanto Guardini ausculta i segni del tempo e, senza il rimpianto di passate identità, diagnostica il sorgere di una nuova «forma dell'uomo»: «Si ha l'impressione che si sia aperta una dimensione interiore che attiri a sé l'uomo [...] un raccoglimento che non neghi l'essere e l'agire della vita che ci attornia, ma sia nel cuore di questa».
Frutto di un progetto unitario, il Manuale di storia della Chiesa diretto da Umberto Dell'Orto e Saverio Xeres, in quattro volumi, si propone come strumento di consultazione e di sintesi per conoscere lo sviluppo della Chiesa nel corso della storia. Le pagine iniziali di ogni volume presentano il relativo periodo storico: l'Antichità cristiana, dalle origini della Chiesa alla divaricazione tra Oriente e Occidente (secoli l-V); il Medioevo, dalla presenza dei barbari (secoli IV/V) in Occidente al Papato avignonese (1309-1377); l'epoca moderna, dallo Scisma d'Occidente (1378-1417) alla vigilia della Rivoluzione francese (1780-1790); l'epoca contemporanea, dalla Rivoluzione francese al Vaticano II e alla sua recezione (1789-2005). Nell'opera vengono evidenziati i collegamenti tra le varie epoche e tematiche, mentre alcuni inserti approfondiscono vicende o concetti particolari. Ogni capitolo è arricchito da una bibliografia selezionata che indica tanto i testi utilizzati per elaborare l'esposizione quanto quelli che permettono di meglio conoscere e comprendere gli argomenti trattati.