Il libro e’ il testamento spirituale di uno storico che ha lasciato il segno nella cultura italiana e di un maestro che ha formato le coscienze di piu’ di una generazione in Italia
DESCRIZIONE: È divertente giocare agli anagrammi, soprattutto se si tratta di esprimere il carattere di una persona. Che fortuna allora se è l’eroe stesso del gioco a incaricarsi della trasposizione del suo nome: c’è da scommettere che l’anagramma servirà a rivelarlo nell’intimo! È ciò che è successo a Francesco di Sales. Si divertì, un giorno, a creare il suo anagramma ed eccone il risultato: “FOI SANS DESCALER”, cioè fede integrale. Si sarebbe potuto scrivere questa frase come sottotitolo a questa opera. Ciò in cui credeva Francesco di Sales? Sì, ma molto semplicemente ciò che Cristo ha affidato alla sua Chiesa.
Per osare scrivere questo libro, bisognerebbe avere familiarità con la vita e il pensiero di Francesco di Sales e averne colto le più sottili sfumature. È il caso di André Ravier. Il suo Saint François de Sales (Édit. du Châlet) risale al 1962. Nel 1969 pubblica in «la Pléiade», le tre opere maggiori del «Dottore dell’Amore» dedicandogli una importante prefazione. Nel 1971, in «Bibliothèque de l’Académie Salésienne», Saint François de Sales et ses faussaires. Nel 1980, in «Bibliothèque européenne» (DDB), Lettres d’amitié spirituelle de saint François de Sales [S. Francesco di Sales, Lettere di amicizia spirituale, a cura di André Ravier, s.j. – Paoline, Roma 1984]. Infine, nel 1985, Éditions Nouvelle Cité, Un sage et un saint François de Sales [André Ravier, Francesco di Sales. Un dotto e un santo – Jaca Book, Milano 1986].
Il libro che presentiamo è il frutto di queste ricerche e di questo assiduo lavoro: vi si sente battere, vivo, il cuore di Francesco di Sales.
ANDRE RAVIER (1905-1999), bacelliere in filosofia nel 1922, entra nella Compagnia di Gesù e consegue la Licenza in Lettere a Grenoble. Dopo un anno di filosofia a Jersey viene licenziato in Filosofia dal P. Andrè Brèmont. Durante il servizio militare a Grenoble segue all’Università i corsi di J. Chevalier. Discute la tesi in Filosofia nel 1940.
Nel 1941 è Prefetto Generale del collegio di Lione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale è nominato Provinciale dei gesuiti di Lione; è vicino a De Lubac e accoglie Teilhard de Chardin. Terminato l’incarico si dedica allo studio e a scrivere: s. Ignazio di Loyola, Claudio de la Colombière, s. Bruno, s. Francesco di Sales, s. Curato d’Ars, s. Colette ecc. La sua bibliografia conta almeno settanta titoli oltre ad articoli.
COMMENTO: La biografia spirituale di San Francesco di Sales e l'attualità del suo messaggio religioso per credenti e non.
DESCRIZIONE: Il dibattito storiografico recente sulle questioni inerenti la santità canonizzata tocca problematiche assai ampie. Il contributo specifico che questo volume porta al cantiere della ricerca sulla santità è soprattutto di tipo storico-concettuale: suo obiettivo principale è infatti l’illustrazione di alcuni aspetti teorici, dotati tuttavia di rilevanti ricadute pratiche, relativi alle canonizzazioni cattoliche tra XVI e XVIII secolo. Il libro, dopo una breve panoramica metodologica, si articola in due sezioni: la prima dedicata alla ricostruzione della genesi e del significato di un fondamentale criterio di canonizzazione moderno, quello della virtù in grado eroico, la seconda al problema dell’infallibilità pontificia nelle canonizzazioni, visto attraverso gli scritti di teologi e canonisti che se ne occuparono tra il tardo Medioevo e il Settecento. Due problematiche indipendenti l’una dall’altra, ma la cui trattazione in parallelo consente di apprezzare il rilievo che la definizione e il riconoscimento della santità rivestirono nel quadro della cultura religiosa cattolica tra XVII e XVIII secolo, specie dopo che la definitiva attribuzione alla potestà pontificia di tutte le canonizzazioni, realizzatasi in particolare sulla base dell’opera legislativa di papa Urbano viii, aprì la strada a una santità controllata e garantita dalla massima istanza istituzionale della Chiesa cattolica. Il controllo teologico-giuridico sulle canonizzazioni veniva così a inserirsi in un più complessivo movimento di rafforzamento della funzione magisteriale pontificia, per cui se da un lato Roma appariva come la depositaria unica dei criteri e dei poteri di scelta delle nuove proposte agiografico-devozionali, dall’altro lato poteva assicurare, a quelle sanzionate positivamente, una legittimazione effettivamente universale.
COMMENTO: Beatificazioni dei Santi e infallibiltà dei Papi dopo il Concilio di Trento. La prima ricostruzione storica.
PIERLUIGI GIOVANNUCCI, è dottore di ricerca in Storia religiosa. I suoi studi vertono in prevalenza sulla teoria e la prassi della santità cattolica in età moderna, considerate sia in relazione al rapporto tra teologia morale moderna e santità cattolica del XVII e XVIII secolo, sia sotto il profilo storico-canonistico, ovvero del funzionamento e degli strumenti tipici dei processi di canonizzazione post-tridentini. Oltre a numerosi saggi, note critiche e recensioni, è autore del volume Il processo di canonizzazione del card. Gregorio Barbarigo (Herder, Roma 2001).
DESCRIZIONE: La laicità trova nella separazione giurisdizionale fra Stato e Chiesa solo una delle sue possibili figure – come lo Stato laico in Francia. Nelle pagine qui proposte, scindendo nel concetto di laicità l’idea di legge e l’idea di morale, Arturo Carlo Jemolo elabora la peculiare definizione di coscienza laica: spetta alla coscienza religiosa evitare il peccato, benché lo Stato debba ammetterne l’esistenza; questa è libertà di coscienza. Il cristianesimo non si applica come legge di Stato e «si estrinseca con ben altre armi che non la protezione statale, i concordati, i fori privilegiati, il braccio secolare».
In queste pagine ci è offerta una “lezione di metodo”: non tanto trovare una sola definizione di laicità, ma seguire il mutare del termine con l’evolversi della congiuntura storica. A questo fine sono qui presentati, oltre al testo sulla Coscienza laica, i saggi su Il problema della laicità in Italia – la sua specifica recezione in un’Italia segnata dal capitolo fascista – e su I cattolici non conformisti, quelli che «si sforzano di guardare alla vita da un angolo religioso», pur appartenendo a una tradizione “liberale”. Come annota il curatore, Carlo Fantappiè, questi saggi sono un classico che dà ancora a pensare, in un tempo ove il problema della laicità s’è fatto più radicale: tocca «la separazione di principio del “politico” e del “religioso” nella strutturazione dei vari ambiti della società».
Una riflessione che, proprio mettendo in gioco la complessità e plurivocità di ciò che si intende con “laico”, si inscrive nel disegno di Jemolo di una “lotta per le libertà”.
COMMENTO: I saggi inediti del grande storico della Chiesa, oggi quanto mai attuale, sul significato della laicità.
DESCRIZIONE: L’«amore di Dio», in virtù dell’ambivalenza del genitivo (soggettivo o oggettivo), può indicare tanto il chinarsi dell’alto verso il basso proprio dell’agape divina, quanto il dirigersi del cuore umano verso il proprio Signore.
Il comando di amare rivolto dal Signore al proprio popolo ha un riferimento, antico e pregnante, al linguaggio della politica del Vicino Oriente e soprattutto, come sempre quando si evoca un patto, il soggetto interessato è collettivo.
È altrettanto certo che un mal diretto amore di Dio può andare contro l’uomo: da sempre la valutazione del martirio, anche quando si tratta di una violenza subita, è posta su un sottile crinale in cui pochissimo spazio la separa dal primato di un amore di Dio che dovrebbe riuscire a valere più del sangue versato. Tuttavia questo martirio è tutt’altra cosa dalla declinazione dello pseudo-martirio terrorista, ma anche nell’aberrazione resta traccia di un’ambivalenza più antica: nei Maccabei si manifesta la resurrezione dei morti come l’unico premio adeguato per chi offre al Signore la vita del proprio corpo; nell’islam si prospetta l’immediato godimento paradisiaco offerto allo shahid; nel cattolicesimo la canonizzazione del martire avviene in virtù del suo stesso morire.
Nella moderna coscienza occidentale si avverte però in modo profondo la falsità di ogni preteso amore di Dio che, sotto qualunque aspetto, vada a scapito dell’uomo. Non vi può essere vero amore di Dio quando, nel nome del Signore, si va contro gli esseri umani: «non c’è altro comandamento maggiore di questo» (Mc 12,31).
SAGGI DI : Paolo De Benedetti - Benedetto Carucci Viterbi - Khaled Fouad Allam - Moshe Idel -Fabrizio Lelli - Giuseppe Lorizio - Amos Luzzatto - Stella Morra - Anne-Marie Pelletier - Paolo Ricca - Francesco Rossi de Gasperis - Jean-Louis Ska - Piero Stefani - Alberto Ventura.
DESCRIZIONE: L’amore del prossimo, per il prossimo. Comando, regola o precetto o norma, di origine divina o umana, esso ha una valenza universale, derivata dalla fede oppure da un’esigenza di uguaglianza e giustizia universalistica che nasce comunque e sempre dalla considerazione della persona umana – che mi sta vicina, che mi sta lontana – come specchio o altra forma di me stesso e quindi soggetto e oggetto di uguali diritti e doveri; una convinzione che ha una lunghissima storia, continuamente lacerata dai processi di inclusione/esclusione, ma rimasta continuamente viva, aperta, sempre pronta a richiedere la consapevolezza e l’impegno di tutti e in ogni angolo della terra.
Una convinzione che, come ricorda Paolo De Benedetti, riconosce oggi quattro tipi di prossimo: se stesso; l’altro; tutto il creato; Dio. Dunque questo prossimo porta le mie stesse sembianze, oppure è tutto il creato, dal sasso alla nuvola, con esso dobbiamo imparare o re-imparare a convivere in pace, in quel rapporto di berakà, di benedizione (o di francescana laudatio) che conduce alla custodia (non al dominio) e al rispetto dell’intero universo. E poi c’è Dio, nei cui confronti si gioca quel difficile e misterioso rapporto di “immagine e somiglianza”, da cui può derivare il comando dell’amore, ma non la capacità degli esseri umani di essere sempre all’altezza di questo amore, gli uni con gli altri.
SAGGI DI : Paolo Branca - Paolo De Benedetti - Pelio Fronzaroli - Marco Grazioli - Amos Luzzatto - Salvatore Natoli - Gianfranco Ravasi - Yann Redalié - Maria Teresa Spagnoletti - Piero Stefani.
DESCRIZIONE: Questo libro è una pietra miliare nella moderna ricerca ebraica sul Nuovo Testamento e nella descrizione ebraica di Gesù di Nazaret. È decisamente superiore, con il suo argomentare stringente, alle pur non poche pubblicazioni apparse negli ultimi anni sul tema «Gesù ebreo». Flusser riporta quello che era diventato un «Gesù storico» astratto, inaccessibile, nella dimensione della storia reale, gli restituisce un volto storico concreto. E fa questo come ebreo: per lui Gesù è innanzitutto una figura della storia dell’ebraismo. Con ciò Flusser rende d’altra parte un servizio decisivo anche ai cristiani: mostra loro che la salvezza in cui essi credono non è solo il «messaggio» relativo a un avvenimento fuori dalla storia, cui non è possibile accedere. La verità cristiana dipende da questa verità storica e deve prenderne atto se non vuole ridursi a pia autosuggestione. Flusser rende un servizio anche al dialogo tra cristiani ed ebrei in quanto questo non deve essere soltanto un dialogo tra convinzioni diverse, ma può e deve procedere anche in una seria ricerca comune sul materiale storico. Un fine del dialogo deve essere anche trovare la verità storica su Gesù di Nazaret: soltanto questa può costituire un punto di partenza solido alla fede cristiana in Gesù il Cristo.
(dalla Prefazione di Martin Cunz)
COMMENTO: La riedizione del più importante libro ebreo su Gesù.
L'uscita in traduzione italiana del classico sul "pensiero dialogico" di Bernhard Casper assume un significato particolare, quello della legittimazione teoretica di un nuovo paradigma del pensiero emerso dal secolo che è alle nostre spalle. Se c'è un'eredità che il Novecento ci ha consegnato e che non è stata ancora del tutto meditata è quella del "pensiero dialogico". Casper ha inteso proporre non una storia compiuta di questo orientamento teorico, ma piuttosto risalire alla genesi, ricostruire gli inizi del "pensiero dialogico" segnati dal timbro fondativo di Rosenzweig, Ebner e Buber. Ciò che accomuna tutti i dialogici è il loro radicale anti-idealismo. La concretezza dell'uomo, di ogni singolo nel suo nucleo di sacra irriducibilità, va sempre e comunque salvaguardata dall'aggressione del pensiero sistematico e insieme ad essa va salvata l'autenticità della Rivelazione nella sua peculiare dimensione verbale. Casper si muove con puntualità e finezza interpretative, cercando di penetrare progressivamente nel progetto dei tre grandi pensatori: essi sono da collocarsi nella filosofia dialogica che non solo non elude il tema della "relazione delle relazioni", ovvero il rapporto con il Tu assoluto, ma ne fa il cuore della loro proposta teorica. Tra i tre filosofi spetta, a suo dire, senza alcun dubbio a Rosenzweig una posizione di preminenza teoretica giacché egli fu fin dall'inizio lo spirito più universale e la sua opera appare filosoficamente compiuta.
Nel XII secolo, quando la situazione politica interna a Bisanzio va consolidandosi e l’alleanza tra Chiesa e Impero diventa una sorta di «asse di ferro», si consuma la vicenda della condanna per bogomilismo – un’eresia dualista diffusasi a partire dal X secolo – di una serie di personaggi, per lo più monaci, tra cui spicca Costantino Crisomallo. L’analisi dei suoi Discorsi dimostra che egli è lontanissimo dalla teologia bogomila ed è invece l’esponente di quello che si può chiamare un «elitarismo della perfezione», fortemente spiritualistico e come tale non conciliabile con le istanze di controllo istituzionale perseguito dalla politica imperiale in accordo con il magistero ecclesiastico. La vicenda di Crisomallo si inserisce nella storia della posterità monastica di un grande mistico, Simeone il Nuovo Teologo (949-1022), ma il suo processo va letto in connessione con le strategie politiche dell’Impero e del Patriarcato di quell’epoca che, pur non essendo esplicitamente antimonastiche, avevano come obiettivo la normazione e il controllo di fenomeni monastici carismatici e spiritualistici di grande prestigio e portatori di istanze autonome, e che tenacemente si sottraevano all’accentramento istituzionale e burocratico avviato da Alessio Comneno e consolidato dalla gerarchia ecclesiastica lungo tutto il XII secolo. L’accusa, falsa, di bogomilismo mossa al Crisomallo non fu che la maschera con la quale le istituzioni della Chiesa ortodossa intesero colpire e sottomettere le correnti spiritualistiche che tentarono di opporsi alla centralizzazione del governo ecclesiastico e politico del mondo bizantino.
Pensiero e spiritualità convivono nelle poesie di Franca Grisoni, voce inconfondibile nel campo della poesia, nota e studiata anche a livello internazionale. Scrivendo nel suo dialetto originario, fin dalle prime liriche l’autrice di Sirmione si staglia sul panorama nazionale, in lingua e in dialetto, al maschile e al femminile. Il suo dialetto è sermo humilis, nel quale umile e sublime coincidono. Lette di seguito, le varie raccolte appaiono un moderno Canzoniere in vita e in morte dell’amato. Ed è, s’intende, la storia di una creatura e la storia di un’anima in cerca. Si propone qui la raccolta di tutte le sue opere, che riproduce fedelmente le prime edizioni (alcune delle quali erano ormai impossibili da reperire), e si pubblica per la prima volta la raccolta inedita Fiat, un poemetto stilnovista con il suo intreccio mistico e amoroso, come annota Pietro Gibellini nella Prefazione: versi ispirati e quasi sussurrati da «un alito che si fa parola, si fa verbo, sia pur con la minuscola, così come la poesia diventa la forma di una segreta preghiera».