"Parole e gesti, insieme. Gli uni danno carne alle altre, ne fanno vedere tutta la profondità, le rendono sperimentabili. È così che papa Francesco sta allargando cuori e ragione anche di chi è lontano da Cristo, non lo ha mai conosciuto – o riconosciuto. È così che diventa, per tutti, un testimone. Lo abbiamo visto subito, dai primi momenti del Pontificato. E più si ha familiarità con lui, più questa capacità di toccare tasti profondi – diventati irraggiungibili anche dai discorsi più coerenti e meglio argomentati – diventa solare. Ma che cosa vuol dire vederlo da vicino, in azione? Cosa ci fa capire stare al suo fianco, seguirne i passi mentre incontra, parla, guarda, abbraccia?
Un viaggio con il Papa è un’esperienza che spalanca una finestra, su di lui e sul mondo. E noi vi offriamo di condividerla. Lo spunto è la presenza di un’inviata di Tracce sul volo che ha portato Francesco in Thailandia e in Giappone, qualche settimana fa. Un universo molto lontano dall’“Occidente cristiano”, ma attraversato dalle stesse domande e dagli stessi problemi, che lui ha sintetizzato con un’espressione potente: «La perdita del senso di vivere».
Il racconto approfondito di quella settimana va oltre la cronaca di un viaggio apostolico, per quanto importante: è un’occasione per immedesimarsi di più in lui, nel suo pensiero, nel suo modo di muoversi per rispondere a questo dramma, trasversale alle vite degli uomini. È una possibilità di guardare dove e come guarda, cosa e come segue. Ma è anche un modo per capire meglio da dove nasce la sua paternità, quell’autorevolezza che lo rende capace di risvegliare l’umanità e l’attesa di chiunque (in continuità con il tema che abbiamo affrontato negli ultimi numeri).
È di questo che il mondo ha sete. Lo si vede anche nelle pagine successive del giornale. Dal racconto di una realtà come la Fraternità San Giuseppe, singolare e profonda nel suo modo di rendere presente Cristo nel mondo, alle testimonianze delle lettere, agli accenti che si trovano negli altri articoli. Fino al percorso di un libro appena uscito, che mostra benissimo cosa succede nelle piaghe di un Paese ferito e diviso, come l’Italia degli Anni di piombo, quando è quella stessa testimonianza cristiana a insinuarsi e creare percorsi di riconciliazione. Si spalancano finestre, appunto. E si riapre l’avventura del «senso di vivere»."
«La speranza è una certezza nel futuro in forza di una realtà presente». Si può ripetere oggi una frase così solida, senza essere considerati ingenui o sfrontati? Lette una a una, queste parole di don Giussani sono una lama di luce nella nebbia fitta. Ci vengono incontro all’inizio di un anno che parte sfinito, carico di incertezze: ogni slancio naturale ha esaurito la sua spinta, schiantato dalla seconda ondata, minacciato dalla terza. C’è chi ha perso i propri cari, senza salutarli, chi il lavoro, e chi ha avvertito l’insufficienza delle cose anche quando vanno bene. In altri Paesi del mondo, poi, la pandemia non è nemmeno la prova più grande.
Dopo un 2020 definito dal Censis «l’anno della paura nera», ancora di più cerchiamo persone in cui la paura è vinta. Quando ogni cosa sembra interpretabile, questa è un’esperienza inconfondibile. L’accadere di fatti, magari piccoli, non eclatanti, ma che liberano dal cappio dell’insicurezza. E il fatto dei fatti è vedere gente per cui il desiderio si rianima, per cui “speranza” non è una parola piena di futuro, ma piena di presente.
In questo numero troverete i racconti di persone che guardano al domani con la certezza che niente finisce in niente, non per una propria forza ma per un incontro: da Erik Varden, neovescovo in Norvegia, a Mireille Yoga (nella foto in copertina) e i suoi ragazzi di strada del Camerun, dall’amica di Taipei per cui la vita è una chiamata, anche la malattia; fino a chi continua ad amare un figlio difficile o se stesso senza misurare. C’è chi è generato dalla compagnia cristiana nelle corsie di un ospedale o in università, per cui altri sono arricchiti e possono vivere l’attesa di cui siamo fatti. Infine, abbiamo voluto pubblicare come contributo il dialogo tra lo psicanalista Massimo Recalcati e Julián Carrón sui “luoghi” che risvegliano l’io, perché certe cose non si dicono, ma accadono.
L’inizio è possibile grazie all’impatto con uomini comuni fuori dal comune. Con quel «granello di frumento cristiano» che si tuffa nel mondo, come scrive il grande teologo Hans Urs von Balthasar, nello stesso brano da cui abbiamo tratto il titolo di copertina: «Perché per il mondo solo l’amore è credibile».
Niente sfida la libertà come una persona in cui si vede realizzato ciò a cui aneliamo.