Il ricorso gerarchico è un'impugnazione mite, modesta; non gli appartengono tutte le formalità e le opposizioni di un processo giudiziale; è fondato sulla fiducia che il Superiore, di fronte alle ragioni addotte, può riconsiderare la decisione già presa. Solo dopo aver esperito il ricorso gerarchico si apre la via al processo giudiziale, al contenzioso amministrativo presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Lo scopo del testo è innanzitutto pratico: illustrare come nella Chiesa il ricorso gerarchico si propone, come si evolve nel procedimento e come si conclude con la decisione del Superiore. La trentennale esperienza dell'Autore presso la Segnatura Apostolica ha mostrato quanta distanza si crei in molti canonisti tra il richiamo ai principi supremi del diritto canonico e la mancata conoscenza delle più elementari procedure per agire nell'ordinamento della Chiesa. Il testo conserva il carattere di appunti per le lezioni che l'autore tiene da anni alla Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.
Questo volume è il frutto di 40 anni d'insegnamento dell'Autore nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana. Il fatto di essere opera di un unico Autore ha il pregio di essere espressione di una profonda unità di pensiero e di metodologia. ? un commento dettagliato dei canoni del Libro III del Codice di Diritto Canonico riguardanti il Sacramento dell'Ordine e di quelli del Libro II riguardanti i chierici e i ministri sacri. In questo modo, tratta prima della dimensione ontologico-sacramentale e poi di quella esistenziale dello stato clericale. Il volume è pensato e redatto per l'utilità di docenti di diritto canonico, di studenti del corso di licenza e di dottorato nelle Facoltà di Diritto Canonico, di operatori nei seminari come responsabili e come formatori e di cultori del diritto canonico in genere. A seconda dei casi, vengono dati i fondamenti teologici e anche spirituali dei canoni, quindi alla luce di questi viene esposta la disciplina positiva, in modo che questa appaia veramente come una disciplina ecclesiale volta al conseguimento del bene soprannaturale dei fedeli sia come singoli come comunità. Degli istituti ritenuti più importanti viene data anche una breve introduzione storica. Per non appesantire il testo, l'Autore ha voluto essere appositamente sobrio evitando nelle note di citare propri scritti e di eccedere nel citare altri autori. Il volume contiene l'elenco di tutti i documenti ufficiali citati, una ricca e aggiornata bibliografia e un indice analitico per materia e dei nomi citati.
Qual è la natura della potestà ecclesiastica? L'origine della potestà di governo è sacramentale o piuttosto extra-sacramentale? Quale posto compete ai laici nel governo della Chiesa? Queste sono alcune delle questioni controverse sottese al can. 129 CIC. Un'impostazione ermeneutica che, appellandosi alla legittimità delle varie teorie canonistiche, assuma tale dibattito come principale se non unico criterio interpretativo del can. 129, rischia di far precipitare l'oggetto dell'analisi giuridica in un baratro nichilista. Il presente studio, invece, cerca di dare delle risposte, tentando di fare un passo in avanti verso l'obiectum giuridico proprio del can. 129, sulla base di un'attenta analisi della sua lunga storia redazionale; di una rigorosa interpretazione letterale; di una indispensabile interpretazione sistematica (in relazione soprattutto con i cann. 274 §1 e 1421 §2); dell'importante legislazione successiva al Codice del 1983; nonché del criterio della tradizione canonica e della più ampia tradizione ecclesiale in senso teologico, tenendo nella debita considerazione anche la storia del primo millennio, notevole contributo per una ponderata valutazione interpretativa del can. 129 e della sua ratio.
Il presupposto per l'equità processuale è basato su un contraddittorio tra più persone che accusano o difendono posizioni contrapposte. La parola di Gesù "A chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello" (Mt 5,40) è la linea di comportamento processuale cristiano.. Questo lavoro percorre l'evoluzione del contraddittorio nelle istituzioni del processo canonico e statale italiano giungendo al concetto liberante e terapeutico che per il cristiano è il concetto di persona che è una Persona.
Questa dissertazione studia il cosiddetto processus brevior introdotto nella legislazione processuale canonica nel 1971 dal Motu proprio Causas matrimoniales di Paolo VI e confermato nella nuova codificazione sia latina che orientale. Dopo aver chiarito se possa essere considerata "d'appello" oppure no, se ne mostra l'autentica indole giudiziaria. Viene poi studiato il tema dei limiti della pronuncia giurisdizionale e della disponibilità delle parti sul rapporto processuale, affronta le questioni di carattere processuale quali la possibilità di acquisizione delle prove, l'oggetto della valutazione dei giudici, la forma e il tipo di motivazione del decreto.
La tesi che si articola in tre parti, attraversa lo spazio temporale che dal CIC/1917 conduce al CIC/1983 ripercorrendo il pensiero del magistero e di alcuni canonisti in ambito sia ecclesiastico che statale. Ciò che emerge è l'aequitas definita sapiens dal terzo dei principi che hanno guidato la revisione del codice, spirito profondo della legislazione ecclesiale ossia la ricerca della giustizia .
La mia ricerca ha avuto l'umile scopo di dare più luce per una buona utilizzazione delle istituzioni del vicario episcopale e del vicario foraneo. La Chiesa da tempo ha bisogno di decentrare le funzioni del vescovo.La Chiesa aveva bisogno di assumere l'istituzione del vicario e integrarla, come un'istituzione a servizio della costruzione del Regno di Dio e per compiere una migliore pastorale salus animae che è in Ecclesia suprema lex. Questa è la causa fondamentale dell'istituzione del vicario e del suo inserimento nel seno della Chiesa. L'istituzione vicariale ecclesiale si è sviluppata molteplicemente come al procuratore al vicario funzionale ecclesiastico e all'amministratore funzionale ecclesiastico. Si è sviluppato come un'istituzione che rafforza e supplisce efficacemente e specialmente il governo del vescovo. Con queste considerazioni, mi accingo a una ricerca basata sulla comparazione ha il vicario episcopale e il vicario foraneo.
Le leggi irritanti e inabilitanti hanno occupato un posto di rilievo durante il periodo di vigenza del Codice del 1917. Il canone 10 del Codice 1983 rimase identico a quello abrogato e gli autori sembrano perdere ogni interesse per la materia, d'altro lato, nella promulgazione del nuovo Codice, il Pontefice mette in luce il lavoro della riforma insistendo sulla doppia prospettiva della novità nella continuità con la tradizione canonica e la continuità nella novità del Concilio Vaticano II.Questa tesi è uno studio critico comparativo sulla natura e applicazione delle leggi irritanti e inabilitanti nel Codice del 1983 come risposta alle attese dei canonisti e nella nuova prospettiva indicata dal legislatore.
Il legislatore del 1983 affronta il tema dell'errore che può inficiare l'atto giuridico nel libro sulle norme generali, riprendendo il disposto del can. 104 del codice del 1917 e sancendo al can. 126 che l'atto posto per ignoranza o per errore qui versetur circa id quod substantiam actus constituit o qui recidit in condicionem sine qua non è nullo. Di quali contenuti la dottrina abbia riempito la categoria dell'errore oggettivamente sostanziale e di quale terminologia si sia servita sono le questioni a cui si è tentato di dare soluzione oltre a dare attenzione alla interpretazione della figura a alle sue applicazioni nel diritto matrimoniale canonico.