Il legame tra la teologia e la politica è tornato prepotentemente in primo piano, non solo con l’affermarsi di forme di radicalismo islamico, ma anche con la rinnovata centralità del cristianesimo, e delle forme di vita tradizionali a esso ispirate, nel “secolarizzato” Occidente. Come provano a dimostrare i testi raccolti in questo volume, però, fra la politica e la religione c’è una relazione ben altrimenti complessa, in gran parte confluita nell’elaborazione del concetto di “teologia politica”, a significare l’origine teologica delle categorie portanti della moderna politica occidentale. Come è giusto ricordare, questo approccio, che ovviamente va fatto risalire a Carl Schmitt, ma anche a Jacob Taubes, ha goduto di una ricezione privilegiata e precoce da parte degli intellettuali italiani, in largo anticipo rispetto ad altri contesti culturali.
È dunque nell’arco dell’orizzonte teorico schmittiano e della sua critica che i contributi qui offerti cercano di mettere a fuoco il nesso tra religione e politica, lungo un percorso articolato in tre tappe, corrispondenti alle tre parti del libro: Teologia politica e pensiero italiano, Il dibattito tedesco e Per una critica della teologia politica. L’ambizione collettiva degli autori è quella di confrontarsi fruttuosamente con la pluralità dei discorsi teologici politicamente attivi, propri tanto dei monoteismi quanto delle rivoluzioni (si pensi alla “spiritualità politica” di cui parlò Foucault in occasione della sollevazione iraniana del 1978), e con gli addentellati che essi presentano con la dimensione economica – travolta dalla grande recessione iniziata nel 2008 –, con quella giuridica e con quella più propriamente politologica.
In "Pene d'amor perdute" di William Shakespeare c'è una scena celebre per la sua oscurità che, se messa in rapporto con quanto Giordano Bruno aveva scritto nell'Inghilterra di Elisabetta I, consente la messa a fuoco del maggiore problema politico dell'Occidente cristiano sconvolto dalle guerra di religione: la fondazione della sovranità autonoma dello Stato secolare - un problema che per tutto il secolo XVII continuerà a essere al centro del pensiero di Hobbes e Spinoza, e che comportava l'ineluttabile scontro dell'autorità secolare con quella religiosa, cattolica o riformata che fosse. Partendo dai concreti tentativi di soluzione di quel problema in Inghilterra, Francia e a Venezia, Gilberto Sacerdoti ne porta alla luce le radici intellettuali: da un lato il conflitto fra Papato e Impero, dall'altro il ruolo giocato non soltanto dall'"averroismo latino", ma anche dalle originarie fonti di quel pensiero islamico-ebraico medievale in cui la filosofia aveva per la prima volta rifiutato di essere ancella della teologia. Dietro Bruno, Bodin e Sarpi emergono poco a poco le figure di Averroè, Maimonide e Al-Farabi.