L'intento del volume è quello di aprire una riflessione sull'amore, a partire da uno dei testi più belli e suggestivi della Scrittura, il Cantico dei Cantici. L'amore non si improvvisa ma necessita di una disciplina, di tempi lunghi, di pazienza e umiltà.
Il tentativo di sintesi, qui offerto, si basa sulla storia e sugli autori sinaiti: per la storia, è stato fatto un lavoro di ricerca delle varie fonti attualmente accessibili, riportando i testi conosciuti, mentre per gli autori è stata posta l'attenzione soprattutto sui loro scritti, con l'intento di metterne in luce le caratteristiche proprie. Se il tentativo è riuscito, come mi auguro, acquista un po' di luce anche questo angolo di mondo, dove Dio è sceso a parlare con l'uomo e l'uomo, pur avendo visto Dio, non è morto (cfr. Es 33, 20). Gli studi sul monachesimo sinaita non sono molti; anche le fonti ne parlano poco e in modo molto frammentario. Mi è sembrato perciò utile il tentativo di raccogliere le diverse fonti e i vari studi su tale argomento e offrirne una sintesi. L'ambito in cui si sviluppa questa ricerca è limitato alle tre zone più conosciute della penisola sinaita: Faran, Raito e il Monte Sinai, mentre il periodo studiato è ristretto ai primi secoli.
La vita dei Padri del Giura con il suo titolo completo: Vita o Regola dei Santi Padri Romano, Lupicino ed Eugendo, abati dei monasteri del Giura è l'opera di un autore anonimo. Un'attenta lettura del testo porta, comunque, a diverse tracce dell'autore. Il biografo scrive con una buona conoscenza del luogo, delle condizioni di vita e delle particolari vicende del suo oggetto. Ciò porta alla conclusione che lui stesso abbia vissuto in uno dei monasteri del Giura. Il suo scritto, poco dopo la morte dell'abate Eugendo, si può collocare intorno al 520. Il tempo del racconto delle tre vite degli Abati copre un periodo di quasi 90 anni (Romano si ritirò nel Giura intorno al 453), dei quali gli ultimi 30 sono stati vissuti anche dall'autore. La compattezza di una comunità monastica, unita alla preoccupazione per la fedeltà ai primi periodi, consente di attribuire un elevato grado di credibilità a quanto scrive l'autore il quale, come agiografo, lo fa per edificare oltre che per informare. L'autore certamente conosceva i più importanti testi monastici, come la Vita Antonii di Atanasio nella sua forma latina, la Vita Martini di Sulpicio Severo, l'Historia monachorum nella versione di Rufino e altre serie di scritti della tradizione dei padri. Nel suo modo di scrivere l'autore rivela una buona capacità letteraria cosicché la Vita patrum jurensium è testimonianza della latinità del 6° secolo ed anche dell'educazione monastica del suo tempo.
Con questo quarto volume ha termine la raccolta che il monaco Paolo Evergetis ha approntato per la sua comunità monastica. Nell'intento di formare i suoi monaci nel vero spirito cristiano e monastico, l'autore ha raccolto testi dei santi Padri che hanno illustrato il cammino ascetico e spirituale di generazioni di monaci. In questo volume l'autore, consapevole del valore del suo insegnamento, presenta diversi argomenti che toccano nel profondo la vita del cristiano. Egli tratta dell'argomento dell'elemosina, della preghiera, del sacerdozio - che illustra con ampiezza di testi -, dei sacramenti, della Comunione frequente. Nel volume sono presenti anche argomenti che riguardano l'insegnamento catechetico, e la cura che bisogna avere per i deboli. Consegnando alle stampe questo quarto volume, si completa un percorso ricco di spunti per tutti coloro che, attratti dalla spiritualità dei Padri, vengono arricchiti nel proprio percorso di crescita cristiana.
Il volume che qui viene presentato costituisce la prima traduzione in lingua italiana di un testo che appartiene alle collezioni classiche degli scritti della spiritualità orientale. In questo terzo volume vi è riprodotto quel laboratorio spirituale che nel deserto dei primi secoli trova il suo terreno più fertile. L'autore, Paolo Evergetis, ha raccolto con parole e fatti tutti gli esempi della santità cristiana di chi passò nel deserto una vita unita al Cristo, respiro della propria esistenza. Tutto ciò che vi si può ritrovare è anche un modello per ogni cristiano di oggi che desideri sinceramente imitare coloro che camminarono verso la perfezione spirituale. Nel testo sono trattati alcuni argomenti come la conoscenza di se stessi, l'umiltà, il lavoro manuale, il corretto uso dei beni materiali, la relazione tra lavoro e preghiera, la salmodia.
Il volume che qui viene presentato costituisce la prima traduzione in lingua italiana di un testo che appartiene alle collezioni classiche degli scritti della spiritualità orientale. In questo secondo volume vi è riprodotto quel laboratorio spirituale che nel deserto dei primi secoli trova il suo terreno più fertile. L'autore, Paolo Evergetis, ha raccolto con parole e fatti tutti gli esempi della santità cristiana di chi passò nel deserto una vita unita al Cristo, respiro della propria esistenza. Tutto ciò che vi si può ritrovare è anche un modello per ogni cristiano di oggi che desideri sinceramente imitare coloro che camminarono verso la perfezione spirituale. Nel testo sono trattati alcuni argomenti come la conoscenza di se stessi, l'umiltà, il lavoro manuale, il corretto uso dei beni materiali, la relazione tra lavoro e preghiera, la salmodia.
San Pier Damiani è arrivato a comprendere in profondità la bellezza della vita solitaria, e se ne è talmente innamorato che vorrebbe, proprio come Romualdo di Ravenna, "trasformare il mondo cristiano in eremo", e vedere coloro che vanno alla ricerca di Dio, già conquistati alla vita angelica nei monasteri, andare fino in fondo alla loro speranza.
Questo spiega come mai Pier Damiani abbia scritto molto in lode alla vita solitaria, e l'abbia fatto mirabilmente, con grande competenza e con quella intelligenza del cuore che vede al di là delle forme e che indovina la presenza dello Spirito Santo.
Diverse sono le componenti che sostanziano questo nuovo Salterio del 2000 di Norberto Villa, Abate di Praglia, già intuibili dal titolo stesso: "Chi mette al mondo le gocce di rugiada?" (Gb 38,28b). Citato nella nota iniziale dell'autore, il riferimento è al viaggio compiuto dall'abate in Bangladesh (alla casa dipendente dall'Abbazia di Praglia) in un paesaggio grondante di colori, e all'incontro con Shishir, "Goccia di rugiada", nome bengalese di uno dei tre monaci benedettini. Elementi biblici e teologici, l'esperienza del viaggio nella riscoperta di un progetto umano e divino, nella rivalutazione del creato come colore-bellezza-vita si fondono in un colloquio intimo del poeta con Dio, gridato o sussurrato, sofferto o gioioso registrato nello schema aperto dei salmi.
Il volumetto qui presentato contiene brevi riflessioni suscitate nell'Autrice dalla visione della cripta dell'abbazia di Marienberg. Qui gli affreschi medievali durante la liturgia che i monaci vi celebrano riprendono tutto il loro autentico significato, che nelle sue dimensioni più profonde sfugge ad un'analisi puramente storico-artistica per divenire una glorificazione di Dio e rispecchiare l'armonia nascosta della storia della salvezza. L'autrice ci fa scoprire tutta una rete di simbolismi nei suoi particolari soprattutto a partire dalle opere di Ildegarde di Bingen e da altri testi contemporanei. Tuttavia il significato degli affreschi è semplice: essi esprimono il mistero della Salvezza in cui Dio, all'interno del suo disegno di amore chiama gli uomini alla familiarità con lui, a divenire compagni degli angeli "pronti alla voce della sua Parola" (Sal 102,20).
Il volume ha peso e formato serioso e grande; quasi possa essere destinato appunto a servizio di testo di preghiera liturgica. I suoi 50 salmi sono infatti meditazione e poesia insieme; come del resto lo sono molti salmi biblici e liturgici. Non una sfida al Salterio biblico, ma una sua esemplare continuazione. Lirismo accentuato; ma anche adesione intensa alla storia. Meditazione ma insieme adorazione, glorificazione di Dio, invocazione. Addirittura, queste, paiono risultare quasi intrise dentro le stesse mura dell'abbazia; a rendere totalmente comunitario e infinito il cantico orante, ed anche in dimensioni di ampiezza cosmica. Come a dire che non basta pregare; bisogna "diventare preghiera".
Uno dei frutti più belli che lo Spirito ha suscitato nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II è la riscoperta della Parola di Dio. Oggi sono sempre più numerosi i cristiani che desiderano accostarsi a questa "sorgente d'acqua viva". Il volume contiene tre contributi essenziali per capire la "lectio divina": la Lettera sulla vita contemplativa di Guigo II certosino, testo divenuto classico nella tradizione; una ricca bibliografia la quale, senza pretendere di essere completa, dà però una panoramica su quanto di valido è stato scritto intorno a questo argomento; uno studio che presenta una sintesi dei vari studi sul tema e riflette sul come si possa attuare oggi.
Il volume è un'antologia tardobizantina di detti e novelle edificanti. Compilato in ambiente monastico, con lo scopo di edificare religiosi e religiose e, più in generale, per l'utilità di ogni buon cristiano, ciò che distingue il Neon Miterikon è il suo contenuto "femminile" perché sono donne, prevalentemente, le protagoniste o le comprimarie degli ottantadue brani che lo compongono. Esse offrono all'ammirazione del lettore parole ed azioni virtuose; ma non meno significative sono le vicende che provano la fede di spose e madri di famiglia interpreti di un'umanità contraddittoria e, perciò, paradigmatica. Il presente volume offre la versione italiana, preceduta da uno studio che ripercorre le fasi di evoluzione del primo monachesimo bizantino e traccia alcuni aspetti salienti della spiritualità e dell'ascetismo cristiano orientale dei primi secoli.