Villaggio Tognazzi, Torvaianica, sul litorale romano. Alfreda, un'accumulatrice seriale con i primi segni di demenza senile, ha reso il suo villino un tugurio invivibile, dove vive per inerzia tra insetti e cianfrusaglie. Sopra di lei abita il figlio Marco, un giovane fattone, profondamente insicuro, la cui unica occupazione è accudire la madre. Lo spettro di un'azione da parte dell'Ufficio d'igiene rende necessario svuotare in fretta la casa, pena lo sfratto. Alcuni sgangherati amici, assidui frequentatori del bar Vanda, si attivano per sgomberarla, ma la proprietaria si oppone. Da qualche tempo Alfreda soffre di disturbi del sonno durante i quali le appare Sandra Mondaini, che ha conosciuto ai tempi d'oro del Villaggio Tognazzi, quando era il ritrovo estivo del jet set culturale italiano. Alfreda, nei suoi deliri notturni, immagina di parlare con l'attrice, sofferente per la "separazione" dal marito Raimondo Vianello, che riposa a Roma mentre lei è sepolta a Milano. Anche Alfreda non si è mai ricongiunta al marito, scomparso in mare durante una pesca notturna e mai più ritrovato. Alfreda decide di mettere fine a quella "ingiustizia" e pone al figlio una condizione per lo sgombero del villino: trafugare la salma di Raimondo dal Verano e portarla al cimitero di Lambrate, da Sandra. Dopo le prime resistenze, Marco getta le basi del piano, aiutato da Carlo, un vecchio pescatore, e da Er Donna, il travestito più ambito della Pontina.
Si può ancora parlare di Spirito di un Popolo senza inciampare in goffi anacronismi? In particolare, è ancora possibile per noi italiani richiamare le meraviglie della nostra Storia, ammirarle di viva ammirazione perché orientino ancora il nostro presente e il futuro delle generazioni a venire? Appartenere a questo popolo e vivere sul suo territorio ci consente gioie inestimabili, ma al contempo ci impone una continua ridefinizione del nostro sentimento italiano.
Roma, 1943. Per Francesco la guerra è una cosa da eroi immortali. Nei pomeriggi in cortile con i suoi compagni di gioco, rida vita agli epici scontri che la chiassosa propaganda del regime racconta nei film e nelle canzoni. Il grande casamento INCIS è il teatro di tutte le loro azioni, il cuore di un'epopea tascabile interpretata con le fionde e gli schioppi di latta al fianco di indimenticabili eroi di carta: Mandrake, Dick Fulmine, Flash Gordon... Come per tutti gli altri bambini, anche per Francesco giocare alla guerra è partecipare a una grande avventura, dove ognuno fa la sua parte fino in fondo, ma senza mai morire. Il 19 luglio, però, la guerra, quella vera, giunge improvvisa e devastante nella capitale, la città eterna che si pensava intoccabile. San Lorenzo e il Verano, prima di tutto, e poi i quartieri Prenestino, Tiburtino, Casilino, fino al Tuscolano, al Nomentano: più di 4.000 bombe, più di 3.000 morti. Da questo momento in poi niente può essere più come prima, e anche la spietata illusione dell'infanzia di possedere una propria naturale immunità si frantuma contro la dura materia degli accadimenti. Improvvisamente, lo sventurato patriottismo degli italiani, nutrito di proclami altisonanti e imbellettato ad arte come le maschere nel melodramma, si volta in paura, in sgomento. La fame, le bombe, la miseria, l'occupazione nazista, gli sfollamenti verso la campagna, i rastrellamenti e le deportazioni, diventano per tutti la vita di ogni giorno. Anche per Francesco e per la sua banda d'intrepidi eroi, adesso, il sangue limpido dell'infanzia comincia a mescolarsi con quello marcio della Storia.