La pandemia da Covid-19 ha profondamente modificato i comportamenti, le abitudini e gli stili di vita dei cittadini. Alla situazione che ne è derivata fa riferimento questo bel volume dal titolo curioso "Il fico sterile", che adotta un genere letterario inconsueto, scegliendo come interlocutore l'homo sapiens e rivolgendosi a lui, non senza un velo di elegante ironia, attraverso una lunga lettera in cui si alternano a giudizi molto severi sul modello socio-culturale dominante proposte positive di cambiamento. Il volume non si limita tuttavia a rilevare i limiti e i mali della situazione presente; offre piuttosto indicazioni e piste preziose per la promozione di una alternativa, che esige per essere attivata un cambio di paradigma, sia a livello della coscienza personale che della struttura sociale. (dalla «Prefazione» di Giannino Piana)
Nel semplice incontro di un uomo con l’altro uomo si gioca, secondo Lévinas, l’essenziale, l’assoluto: nella manifestazione, nell’“epifania” del volto dell’altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l’altro. E l’assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo, alla portata di un gesto di complicità o di aggressività, di accoglienza o di rifiuto.
«Dimmi la verità» cantava, nel 1971 John Lennon e il refrain è sempre in agguato in molti dei nostri rapporti interpersonali, anzi spesso ci accontentiamo almeno di una certezza e non solo sul piano individuale. E spesso certezza e verità si fondono e confondono, sicché è lo stesso orizzonte veritativo della comunicazione che diventa problematico. Certo quid est veritas non perde in alcun modo il fascino originario, ma è sempre più evidente che senza attenzione e cura, senza cautele e distinzioni diventa semplicemente un esercizio retorico che non aiuta a cogliere l’attuale stato del nostro modo di comunicare nella quotidianità. Ma la questione della verità sperimentata nella quotidianità è correlata con quella vissuta nell’ambito della società e della chiesa: sono atti di un’unica vicenda umana che ha portata assoluta e si colora dei tratti del nostro tempo. Di questo e solo di questo tratta questo denso volumetto redatto dal gruppo “Oggi la Parola” e che presenta scritti di Giuliano Pontara, Luigi Accattoli, Annamaria Testa, Giuseppe Goisis, Paolo Inguanotto, Pino Stancari, Lorenzo Biagi, Giannino Piana, Roberto Mancini, Domenico Massaro, Mario de Maio, Giovanni Montanaro, Giovanni Colombo, Ivo Lizzola, Beatrice Draghetti, Cristina Ricci, Fabrizio Valletti, Ettore Zerbino, Paolo Giuntella e Jean Louis Ska, nonché l’Apologia di Socrate nella versione di Giovanni Reale, adattata da Carlo Rivolta e Nuvola De Capua per lo spettacolo interpretato da Carlo Rivolta.
Il tema della "passione" potrebbe essere il luogo centrale della differenza culturale fra oriente e occidente? Se la civiltà occidentale vede nella passione un'esperienza fondante, indispensabile sul piano affettivo, estetico o spirituale, l'oriente si mostra invece più diffidente, alla maniera della saggezza buddhista che invita a liberarsene per accedere al risveglio.
Esiste una stretta relazione tra il concetto di bello e quello di cultura, tra l'estetica e l'uomo. «Sono bella, o mortali, come un sogno di pietra», scrive Baudelaire personificando la bellezza... Ma la bellezza è realmente accessibile? In che modo si esprime nell'universo, sia esso cinese o occidentale?